Oggi è stato il giorno della rabbia per i lavoratori dell’edilizia, che attendono da oltre 17 mesi il rinnovo del contratto nazionale: sciopero di otto ore, adesione media nazionale del 65% - con punte che in alcune regioni hanno raggiunto il 90% - ed un totale di 18 mila lavoratori che hanno dato vita a cortei e presidi in sei città, Padova, Torino, Roma, Napoli, Palermo, Cagliari.
“Lo sciopero – si legge in un comunicato - era stato indetto per chiedere lo sblocco di una trattativa infinita, dove le parti datoriali hanno continuamente evitato qualsiasi avanzamento nel confronto, non entrando mai nel merito della piattaforma presentata unitariamente dalle categorie, che hanno tentato fino all’ultimo la via del dialogo, ma senza risultati significativi”.
Dalle controparti non è “emersa una volontà esplicita a chiudere in tempi brevi il CCNL e quindi non possiamo che confermare il giudizio negativo sugli atteggiamenti delle nostre controparti che continuano a non raccogliere la sfida principale che come sindacato abbiamo lanciato: mettere il rinnovo del contratto, la strumentazione bilaterale, la valorizzazione delle professionalità al servizio di una ripresa di qualità del nostro settore, basata su regolarità, innovazione e giusti riconoscimenti salariali” avevano spiegato i segretari nazionali di Feneal Filca Fillea confermando lo sciopero.
A loro hanno fatto immediatamente eco i segretari Cgil Cisl Uil Camusso Furlan Barbagallo, che nei giorni scorsi hanno ribadito: “sosteniamo con forza le ragioni dello sciopero nazionale dei lavoratori edili. Servono aumenti salariali adeguati, un sistema bilaterale inclusivo, azioni in grado di sostenere le imprese più serie contro la concorrenza sleale e il dumping. Serve più sicurezza sui posti di lavoro, contro gli infortuni e gli incidenti mortali che, drammaticamente, crescono ogni giorno di più. Serve rafforzare gli strumenti di tutela della salute e per il pensionamento anticipato.”
Per Vito Panzarella, segretario generale della FenealUil, che ha chiuso la manifestazione di Piazza SS Apostoli a Roma, con le delegazioni delle regioni del Centro Italia “rinnovare il contratto costituisce la premessa per garantire un futuro di qualità al settore delle costruzioni che più di tutti ha pagato il conto della crisi con disoccupazione e deregolamentazione. Chiediamo alle controparti di accettare fino in fondo la sfida valorizzando l’occupazione stabile, riconoscendo le professionalità ed arrivando a definire un vero e proprio 'contratto di cantiere'. Su questi temi siamo pronti a chiudere la trattativa.”
Per Franco Turri, segretario generale della Filca Cisl, che ha chiuso la manifestazione di Napoli, con le delegazioni delle regioni del Mezzogiorno “occorre riconoscere il contratto collettivo dell’edilizia quale unico strumento di garanzia per i lavoratori e le imprese del settore attraverso l’azione contrattuale, negoziale, normativa ed il rafforzamento dell’attività del sistema bilaterale perché l’applicazione del contratto edile a tutti i lavoratori impegnati nel cantiere rappresenta un investimento per il futuro e non un costo.”
Per Alessandro Genovesi, segretario generale della Fillea Cgil, che ha chiuso la manifestazione di Torino, con le delegazioni del centro nord “occorre un sistema che premi le imprese sane contro i tanti, troppi imprenditori che nella crisi hanno agito riducendo i salari, usando contratti collettivi non edili, ricorrendo al lavoro nero e grigio. Il contratto nazionale non è solo uno strumento di ridistribuzione, ma anche e prima di tutto uno strumento di politica economica, per combattere illegalità e rimettere il buon lavoro al centro di un modello di impresa e di mercato socialmente più giusto.”