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Effetti dell’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa sulla qualificazione delle imprese: indicazioni dall'ANAC

“L’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa, e in particolare dell’art. 95, non sembra determinare nuove modalità di gestione delle imprese in procedura concorsuale ai fini della qualificazione”

venerdì 2 dicembre 2022 - Redazione Build News

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“L’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa, e in particolare dell’art. 95, non sembra determinare nuove modalità di gestione delle imprese in procedura concorsuale ai fini della qualificazione, restando ferma la distinzione tra concordato liquidatorio e concordato in continuità e rimanendo valide le indicazioni in tal senso contenute nel Manuale”.

Così l'Autorità nazionale anticorruzione (Anac) nel Comunicato del Presidente del 16 novembre 2022, avente ad oggetto “Tutte le SOA – Problematiche relative alla qualificazione: Effetti dell’entrata in vigore del d. lgs. 12 gennaio 2019 n. 14 (Codice della crisi d’impresa) sulla qualificazione delle imprese”.

“L’Autorità, nell’esercizio dell’attività di vigilanza sui contratti pubblici, ha ricevuto richiesta da parte di un organismo di attestazione di fornire indicazioni in ordine all’entrata in vigore del d. lgs. 12 gennaio 2019 n. 14 (c.d. Codice della crisi d’impresa), fissata per il 15 luglio u.s., e al suo potenziale impatto sulla qualificazione delle imprese.

Tradizionalmente il rapporto tra le procedure concorsuali e quelle ad evidenza pubblica è sempre stato all’insegna dell’antinomia, costituendo la sottoposizione dell’impresa al fallimento o a procedure similari una causa ostativa o di impedimento alla partecipazione alle gare e all’accesso alla qualificazione.

Il d.l. 83/2012 ha aggiunto alla Legge fallimentare del 1942 l’art. 186-bis, introducendo nel nostro sistema l’istituto del concordato con continuità aziendale, finalizzato a consentire il ritorno in bonis dell’imprenditore e la prosecuzione dell’attività d’impresa da parte dello stesso.

Il legislatore del 2012 ha modificato conseguentemente l’allora vigente art. 38, comma 1, lett. a) del d. lgs 163/2006 (poi trasfuso nell’art. 80, comma 5, lett. b) del d. lgs. 50/2016), affiancando alla regola dell’esclusione dalle gare delle imprese in stato di fallimento, liquidazione coatta o concordato preventivo l’eccezione esplicita “per il caso di cui all’art. 186-bis”.

È stato così delineato un sistema binario, secondo cui la regola rimane l’esclusione obbligatoria e automatica per l’operatore economico in stato di fallimento, liquidazione coatta, concordato preventivo, mentre l’eccezione è ammessa per l’ipotesi di concordato con continuità aziendale.

Con riguardo alla qualificazione delle imprese, l’Autorità nel “Manuale sull’attività di qualificazione per l’esecuzione di lavori pubblici di importo superiore a 150.000 euro” (pagg. 141 e ss.) ha fornito chiarimenti in ordine alla procedura di concordato preventivo e alla sua incidenza sul mantenimento del requisito generale previsto dall’allora vigente art. 38 del precedente Codice.

In particolare, l’Autorità ha confermato il diverso regime applicabile ai concordati puramente liquidatori rispetto a quelli caratterizzati dalla finalità di prosecuzione dell’attività di impresa: “..al di fuori dei confini indicati dal citato articolo 186-bis, deve concludersi nel senso che le imprese sottoposte a concordato preventivo “ordinario” rientrano nell’operatività della causa ostativa prevista dall’art. 38, comma 1, lettera a) del Codice, con conseguente incapacità di conseguire l’attestazione in forza del rinvio contenuto nell’art. 78 del Regolamento ai requisiti di carattere generale previsti per la partecipazione alle gare”.

L’attuale formulazione dell’articolo 80, comma 5, lettera b) del Codice dei contratti pubblici, come modificato dall’art. 372, comma 1, del d. lgs 14/2019, in attuazione della delega conferita dall'art. 1 della legge 155/2017, nel prevedere una causa di esclusione dalla partecipazione alle gare in caso in cui “l’operatore economico sia stato sottoposto a liquidazione giudiziale o si trovi in stato di liquidazione coatta o di concordato preventivo”, fa salvo quanto prescritto dall’art. 110 del Codice stesso e dall’art. 95 del Codice della crisi d’impresa.

Il riferimento a quest’ultimo articolo ha sostituito quello al precedente art. 186-bis della Legge fallimentare.

In ordine agli effetti che l’avvicendamento delle suindicate disposizioni, venuto in rilievo a seguito dell’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa del 15 luglio u.s., potrebbe produrre ai fini della qualificazione degli operatori economici, pare utile osservare che il nuovo art. 95 reca quale rubrica la dicitura “Disposizioni speciali per i contratti con le pubbliche amministrazioni”, diversamente dall’art. 186-bis, la cui rubrica faceva espresso riferimento al “Concordato con continuità aziendale”.

Nonostante tale differenza, il nuovo articolo riproduce sostanzialmente il testo del precedente art. 186-bis.

L’ambito applicativo di entrambe le disposizioni, quindi, rimane limitato alle sole ipotesi di procedura di concordato preventivo con continuità aziendale, ferma restando la distinzione rispetto al concordato liquidatorio.

Tale lettura trova conferma nella previsione, contenuta al comma 2 dell’art. 95, e trasfusa dal precedente art. 186-bis, secondo cui “le disposizioni del presente comma si applicano anche nell'ipotesi in cui l'impresa sia stata ammessa al concordato liquidatorio quando il professionista indipendente attesta che la continuazione è necessaria per la migliore liquidazione dell'azienda in esercizio”.

Solo in quest’ultima evenienza, quindi, vi è un’estensione della disciplina anche al concordato liquidatorio, rimanendo la stessa altrimenti limitata al solo concordato con continuità.

In riferimento alla sostanziale corrispondenza tra l’art. 95 e il precedente art. 186-bis, appare, altresì, utile richiamare le considerazioni formulate dall’Autorità nell’Atto di Segnalazione n. 10 del 02/12/2020.

In tale sede, in particolare, è stato osservato come il decreto legge 32/2019, convertito in legge 55/2019, novellando il Codice e la Legge fallimentare, avesse già “di fatto anticipato con riferimento alle disposizioni dei predetti articoli 110 e 186-bis l’entrata in vigore delle corrispondenti disposizioni (articoli 372 e 95) del decreto legislativo n. 14/2019, recante il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza”.

Anche l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nelle due sentenze “gemelle” nn. 9 e 11 del 2021, dopo aver ricostruito il rapporto storicamente intercorrente tra le procedure concorsuali e quelle ad evidenza pubblica, ha precisato che “le disposizioni della Legge fallimentare […] (artt. 161 e 186-bis) dal 2013 in poi sono state stabilizzate e da ultimo sono state trasfuse nel Codice della crisi d’impresa del 2019” .

Nonostante, quindi, l’avvicendarsi tra il nuovo art. 95 e il precedente art. 186-bis rimane invariato il criterio binario delineato dal legislatore – e la ratio ad esso sottesa –, il quale ammette la partecipazione alle gare e alla qualificazione nel solo caso di continuità aziendale dell’impresa sottoposta alla procedura.

Sulla scorta delle osservazioni che precedono, si ritiene che l’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa, e in particolare dell’art. 95, non sembra determinare nuove modalità di gestione delle imprese in procedura concorsuale ai fini della qualificazione, restando ferma la distinzione tra concordato liquidatorio e concordato in continuità e rimanendo valide le indicazioni in tal senso contenute nel suindicato Manuale.”

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