“Per quanto riguarda gli audit energetici, ossia le diagnosi energetiche che le grandi imprese e le imprese a forte consumo di energia sono tenute ad eseguire periodicamente, occorre valutare l’opportunità di introdurre disposizioni che possano, da un lato, rendere più uniformi i comportamenti a livello unionale e, dall’altro, consentano agli Stati membri di prevedere deroghe all’obbligo nei casi in cui i costi per l’impresa non siano commisurati ai benefici che possono derivarne (ad esempio, in caso di consumi energetici estremamente bassi o di assenza di siti produttivi). Al contempo, occorre valutare l’opportunità di introdurre un sistema di incentivi, accompagnato da idonee campagne informative, per sensibilizzare le piccole e medie imprese circa la necessità di procedere su base volontaria agli audit energetici per razionalizzare ed efficientare i propri consumi di energia.”
È questa una delle osservazioni della commissione Attività produttive, commercio e turismo della Camera in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica.
Il documento finale approvato mercoledì scorso esprime una valutazione favorevole alla proposta di direttiva, con le seguenti osservazioni:
a) occorre verificare se tutte le indicazioni contenute nella proposta di direttiva rispondano pienamente agli obiettivi prefissati ovvero se non siano suscettibili di creare sperequazioni e favorire comportamenti opportunistici da parte di Stati membri meno virtuosi;
b) le considerazioni di cui alla lettera precedente valgono in particolare con riferimento al criterio dell’addizionalità dei risparmi energetici, fissati nello 1,5 per cento anno, in base al quale sono conteggiati solo i risparmi energetici aggiuntivi rispetto a quelli che si sarebbero prodotti comunque. Si tratta di un approccio complesso che si presta a disparità tra gli Stati membri in funzione delle loro caratteristiche e scelte. In primo luogo nella valutazione differenziale del termine aggiuntivo. Ma particolare, non tiene conto degli sforzi già realizzati dagli Stati membri nel settore dell’efficienza energetica e specificamente dell’intensità energetica, rischiando di penalizzare i Paesi che, come l’Italia, hanno raggiunto risultati positivi in materia di efficienza energetica e godono di livelli di intensità energetica inferiori alla media UE. Infatti, il costo dell’investimento pubblico e privato per raggiungere il risultato cresce in maniera più che proporzionale al crescere della performance di efficienza energetica, con il risultato che i Paesi che vantano una migliore performance in termini di consumi energetici dovranno mobilitare risorse economiche molto più ingenti per riuscire ad aggredire il potenziale di riduzione residuo. Pertanto, sarebbe opportuno introdurre una ripartizione più equa dell’onere di riduzione dei consumi di energia tra gli Stati membri che tenga conto della condizione dei singoli Paesi e, in particolare, dell’indice di intensità energetica ovvero fissare obiettivi specifici per ciascun Paese membro;
c) appare opportuno sopprimere la previsione, di cui all’articolo 7, che consente di escludere dal calcolo dei risparmi energetici cui gli Stati membri sono tenuti le vendite in volume dell’energia utilizzata nei trasporti. Inoltre, allo scopo di promuovere l’utilizzo di fonti meno inquinanti, appare opportuno escludere dal calcolo del risparmio energetico di cui al medesimo articolo 7 i risparmi derivanti dall’installazione o dall’aggiornamento di sistemi di riscaldamento che tuttavia utilizzino fonti fossili;
d) per quanto riguarda gli audit energetici, ossia le diagnosi energetiche che le grandi imprese e le imprese a forte consumo di energia sono tenute ad eseguire periodicamente, occorre valutare l’opportunità di introdurre disposizioni che possano da un lato, di rendere più uniformi i comportamenti a livello unionale e, dall’altro, consentano agli Stati membri di prevedere deroghe all’obbligo nei casi in cui i costi per l’impresa non siano commisurati ai benefici che possono derivarne (ad esempio, in caso di consumi energetici estremamente bassi o di assenza di siti produttivi). Al contempo, occorre valutare l’opportunità di introdurre un sistema di incentivi, accompagnato da idonee campagne informative, per sensibilizzare le piccole e medie imprese circa la necessità di procedere su base volontaria agli audit energetici per razionalizzare ed efficientare i propri consumi di energia;
e) sempre per quanto riguarda gli audit energetici periodici, occorre valutare misure che possano migliorare la qualità e l’utilità dei risultati, ad esempio attraverso l’introduzione di obblighi progressivi per l’adozione di misuratori di energia a livello di singole utenze energivore (linee di processo, servizi generali) all’interno dei processi produttivi, anche eventualmente accompagnati da politiche di sostegno, quali ad esempio gli incentivi disponibili in Italia per « Industria 4.0 » come iper e super ammortamento.