A partire dal 2014, infatti, fino al 2020, si dovrà procedere alla riqualificazione energetica di almeno il 3% della superficie coperta utile climatizzata degli edifici di proprietà della pubblica amministrazione centrale.
Mentre l’obbligo all'inizio valeva solo per gli edifici di superficie superiore a 500 mq, dal 9 luglio 2015 la soglia è stata portata a 250 mq.
EDIFICI ESCLUSI. Sono esclusi gli immobili vincolati, se gli interventi modificano “in maniera inaccettabile il loro carattere o aspetto”, gli immobili destinati alla difesa, i luoghi di culto. Al raggiungimento dell’obiettivo annuo di riqualificazione energetica devono collaborare gli occupanti degli edifici, con misure organizzative e comportamentali di consumo energetico.
Questi requisiti aggiornati, se attuati rapidamente e completamente - ha commentato Susanne Dyrboel, presidente EuroACE - rappresentano una grande opportunità per il settore pubblico. L'aumento della quota di edifici pubblici in fase di ristrutturazione consentirà infatti agli Stati membri di dare il buon esempio ai cittadini europei.
IL PARERE DI ENEA. Concordano con Dyrboel anche gli esperti ENEA, secondo cui l’avvio della riqualificazione energetica della Pubblica Amministrazione Centrale per una quota annuale pari al 3% della superficie occupata porterà ad una riduzione dei costi.
Ad esempio, ENEA stima che gli interventi sull’involucro edilizio e sugli impianti permetterebbero una riduzione dei consumi di circa il 40%, con un risparmio di 73 milioni di euro. L’investimento richiesto, secondo le stime ENEA, ammonta a 1.100 milioni di euro (158 milioni euro/anno).
Leggi anche: Riqualificazione edifici pubblici Ue. A che punto siamo?