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Emilia-Romagna: dal 1° ottobre 2017 in vigore nuove regole per le case popolari

Oltre al reddito si terrà conto del valore dell’immobile. Tutelati i più deboli

lunedì 5 giugno 2017 - Redazione Build News

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Le case di Edilizia residenziale pubblica dell’Emilia-Romagna hanno nuove regole che definiscono i requisiti d’accesso e i canoni di affitto. Regole che saranno applicate dai Comuni dal 1° ottobre 2017, data in cui le Amministrazioni avranno a disposizione le dichiarazioni Isee necessarie per il calcolo dei canoni. A stabilirlo, una delibera della Giunta regionale, che conclude il percorso di modifica del sistema avviato un anno fa. Il canone d’affitto, ribattezzato ”oggettivo”, sarà basato, oltre che sulle fasce di reddito degli inquilini, su una serie di indicatori come la metratura, le caratteristiche qualitative dell’appartamento, il comune e la zona in cui è ubicato. E gli stessi criteri saranno applicati uniformemente su tutto il territorio regionale. Il provvedimento, infatti, apporta alcuni correttivi che recepiscono le richieste dei Comuni, con l’obiettivo di rendere più efficace l’applicazione delle regole.

IL CALCOLO DEI CANONI DI AFFITTO. Gli aggiustamenti introdotti dalla delibera riguardano le modalità di calcolo del canone di affitto, stabilito sulla base di due requisiti: il reddito dei nuclei familiari, classificati secondo le dichiarazioni Isee, e il valore oggettivo degli alloggi. Il provvedimento distingue tre fasce: di accesso agli immobili, per cui è necessario avere un Isee compreso tra i 7.500 e 17.100 euro; di permanenza negli stessi (Isee da 17.100 a 24.000 euro); infine, la fascia di protezione: una sorta di canone sociale riservato alle famiglie più povere, cioè quelle con un Isee massimo di 7.500 euro. Gli inquilini che si collocano nella fascia di accesso potranno godere di uno «sconto» del 50% sul canone oggettivo (prima era del 35%) in proporzione al proprio reddito Isee. Coloro, invece, che si trovano nella fascia di permanenza potranno vederselo incrementare in modo graduale da parte dei Comuni fino ad una percentuale massima del 45%, sempre in relazione al reddito Isee. Una modifica, quest’ultima, introdotta con l’obiettivo di adeguare, per gli inquilini che già abitano in alloggi popolari, il canone d’affitto all’effettiva condizione economica, che può nel tempo può migliorare. Infine, per le famiglie a bassissimo reddito, che rientrano nella fascia di protezione, è confermato il criterio di non applicare il canone oggettivo ma solo quello del reddito.

Già lo scorso anno, con una delibera approvata il 24 giugno 2016, la Regione aveva introdotto il canone oggettivo, che corrisponde ad un sistema di calcolo più semplice, obiettivo e omogeneo per l’intero territorio regionale. Gli indicatori, che determinano tre distinte fasce di canone (bassa, medio, alta), sono: superficie netta dell’alloggio, alcune delle sue caratteristiche qualitative (livello del piano, dotazione di ascensore, cortile, giardino, terrazzo e anno di costruzione), ampiezza demografica del comune di ubicazione (fino a 10.000 abitanti, oltre 10.000, capoluogo di Provincia) e zona di ubicazione. Relativamente a quest’ultimo aspetto, gli alloggi saranno suddivisi in zone urbane e periurbane. Gli aggiustamenti contenuti nel nuovo provvedimento consentono ai Comuni di dare rilevanza alla posizione dell’alloggio: ad esempio, se è ben servito dai trasporti pubblici o vicino a strutture di servizio come asili nido, scuole, Aziende sanitarie, farmacie, uffici postali. Elementi che incidono positivamente sulla qualità di vita delle persone.

“Finalmente un altro tassello si aggiunge alla riforma delle case popolari - commenta la vicepresidente della Regione e assessore al Welfare, Elisabetta Gualmini -. L'approvazione di un nuovo sistema di calcolo dei canoni, che fa leva su parametri oggettivi e non solo sulle condizioni reddituali delle persone, è un elemento che da tempo veniva richiesto alla Regione dai Comuni e dalle Acer, per avere standard e criteri più uniformi per tutto il territorio regionale. Il patrimonio di alloggi pubblici - aggiunge Gualmini - è sostenuto e finanziato da tutti i cittadini, con risorse pubbliche. È dunque fondamentale preservarlo il più possibile, destinarlo a chi ne ha effettivamente bisogno e riconoscere che ha un valore in sé nei confronti del quale occorre essere responsabili. Sono soddisfatta - conclude la vicepresidente - perché il lavoro tecnico è stato molto complesso e dettagliato e ha visto la partecipazione di tutti i tavoli provinciali sulle politiche abitative”.

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