Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha reso noto i risultati dell’attività svolta dal suo Osservatorio Bandi, relativamente al periodo che va dal 1° luglio 2023 al 13 maggio 2024. L’analisi, realizzata dal Centro Studi CNI, ha interessato complessivamente 1954 bandi di gara. In 499 casi sono state rilevate delle anomalie, pari a circa il 26% del totale. Si può affermare, dunque, che la maggior parte degli Enti che rivolge bandi ai professionisti Ingegneri applica correttamente le disposizioni del nuovo Codice dei Contratti Pubblici e della legge sull’Equo compenso (74% del totale).
I 499 bandi di gara anomali sono stati puntualmente contestati, evidenziando in maniera chiara e puntuale tutte le criticità riscontrate. In 90 casi le stazioni appaltanti hanno accolto le osservazioni del nostro Osservatorio e si sono adeguati (18% delle contestazioni), portando così il numero dei bandi “regolari” a 1545 (quasi l’80% del totale). In 63 casi (il 3% del totale) le stazioni appaltanti si sono rifiutate di adeguarsi alla normativa. I rimanenti 346 casi (13% del totale) sono ancora in fase di contestazione.
“Il Consiglio Nazionale – afferma Angelo Domenico Perrini, Presidente del CNI – si propone di utilizzare l’Osservatorio bandi sia come importante strumento di analisi del mercato dei Contratti Pubblici rivolto ai professionisti Ingegneri, sia come mezzo per tutelare le ragioni della Categoria nel rapporto, sovente sbilanciato, con un contraente forte come la Pubblica Amministrazione. Il lavoro dell’Osservatorio mira a dare voce alle criticità rilevate all’interno delle procedure di gara rivolte agli Ingegneri ed è diretto a contrastare tutti quei comportamenti posti in essere dalle Stazioni appaltanti che ostacolano il raggiungimento della massima qualità delle opere pubbliche”.
“Il principale motivo di contestazione riscontrato – fa notare Domenico Condelli, Consigliere CNI e responsabile dell’Osservatorio bandi – naturalmente è la mancata o erronea applicazione del principio dell’Equo compenso che, alla luce della legge 21/04/2023 n.49, fa sì che i parametri di cui al D.M. 17/06/2016 non siano più solo una ‘base di riferimento’, ma devono essere obbligatoriamente utilizzati dalle Stazioni Appalti per la determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara. Grazie all’importante lavoro della struttura dell’Osservatorio Bandi, sono stati raggiungi risultati estremamente soddisfacenti, sia dal punto di vista strettamente numerico dei bandi analizzati, sia in termini di effetti ottenuti nei riscontri delle Stazioni appaltanti”.
I motivi addotti dalle SA che si sono rifiutate di adeguarsi
È interessante analizzare quali sono i motivi addotti dalle stazioni appaltanti che si sono rifiutate di adeguarsi alla normativa. Dei 63 casi di disapplicazione della legge sull’Equo compenso, il 73% ha come principale motivazione la volontà di conformarsi ai pareri espressi da ANAC. L’errata interpretazione del D.lgs. 36/2023 è responsabile di poco meno del 10% dei casi di mancata conformazione. Quasi l’8% delle stazioni appaltanti invoca il principio della Lex Specialis. Altre motivazioni sono l’erronea interpretazione della sentenza C-438/2022 della Corte di Giustizia UE, l’invocazione del principio Ratione Temporis e i dubbi interpretativi sull’applicazione dell’Equo compenso (3% ciascuna).
La maggioranza degli Enti che sostengono la disapplicazione della legge sull’Equo compenso, dunque, si appella ai pronunciamenti e ai provvedimenti dell’Autorità Nazionale Anti Corruzione (Del. ANAC n.101/2024, Fasc. n.4009/2023 del 31/01/2024, Bando tipo n. 2 ANAC del 22/01/2024, Fasc. n.4146/2023 del 25/10/2023, nonché Comunicati stampa dello stesso Presidente ANAC).
Naturalmente è proprio quest’ultimo dato a rappresentare il principale ostacolo alla corretta applicazione del principio dell’Equo compenso che, in attesa di una chiara presa di intervento della Cabina di Regia del Codice dei Contratti Pubblici, costituita presso la Presidenza del Consiglio, alimenta sempre nuove e forzate interpretazioni dei suddetti pronunciamenti ANAC, ben distanti dai reali contenuti della normativa. Nonostante nelle premesse del Legislatore fossero ben chiare le intenzioni circa l’applicazione dell’Equo Compenso alla contrattazione pubblica, si assiste nella prassi ad un comportamento contrario. Tali pratiche sono sempre più spesso pericolosamente promosse e legittimate da talune Amministrazioni e singole Associazioni di categoria.
Il CNI ritiene che la diffusione dei dati legati all’attività del suo Osservatorio bandi possa contribuire a superare le difficoltà ed i ritardi che certe contrapposizioni stanno comportando per le procedure di realizzazione delle opere pubbliche.
Cni: “L’applicazione dell’equo compenso non impatta sui costi delle opere pubbliche”
Ricordiamo che il Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione Giuseppe Busia, nella sua Presentazione il 14 maggio a Montecitorio della Relazione Anac sull’attività 2023, ha dichiarato: “Si pensi alla automatica applicazione ai contratti pubblici del principio dell’equo compenso, sul quale abbiamo anche da ultimo sollecitato un intervento chiarificatore del Governo. È doveroso valorizzare la progettazione e retribuire adeguatamente i professionisti, senza però che la riduzione della concorrenza penalizzi i più giovani ed i più piccoli, oltre a pesare eccessivamente sulle casse pubbliche”.
Ha replicato il Consiglio Nazionale degli Ingegneri: “Il riconoscimento di un giusto corrispettivo a chi fa progettazione non altera i quadri economici delle opere pubbliche”.