Il Centro Studi della Fondazione del Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha condotto un approfondito studio riguardo la dibattuta questione dei rapporti tra la disciplina contenuta nel Codice dei contratti pubblici e la legge n.49/2023 (Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali).
In particolare, viene trattata la tematica della cogenza della legge sull’equo compenso per le stazioni appaltanti relativamente ai servizi di ingegneria e di architettura, attraverso una puntuale analisi della giurisprudenza amministrativa più recente.
“L’intento del documento è quello di fornire un qualificato contributo al dibattito in corso, evidenziando i profili di interesse per la Categoria e sottoponendo a verifica critica le diverse argomentazioni contrarie alla piena e completa esplicazione del principio dell’equo compenso nel rilevante settore dei Contratti pubblici”, spiega il CNI nella circolare del 14 ottobre che allega il Documento n.627/2024 del Dipartimento Centro Studi Fondazione CNI.
Nello studio vengono tra l'altro discussi gli argomenti ostativi all’applicazione dell’equo compenso delle sentenze n. 1494/2024 del TAR Salerno e n. 483/2024 del TAR Calabria, del comunicato del Presidente ANAC del 19/04/2024 e del parere n. 40 del 30/07/2024 n. 40 della funzione consultiva dell’ANAC. Secondo il Centro Studi della Fondazione del CNI, le obiezioni non sono persuasive in quanto muovono da una errata percezione delle finalità tipiche della disciplina dell’equo compenso.
Il nuovo Codice e la Legge n. 49/2023 non sono in conflitto
“Il D.Lgs. n. 36/2023 e la Legge n. 49/2023 non si pongono in posizione di conflittualità e/o contrapposizione, ma operano su piani distinti sebbene complementari. L’applicazione della L. n. 49/2023 non comporta conseguenze incompatibili con l’applicazione delle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 36/2023 ed una conferma si rinviene nell’art. 8 comma 2 del Codice che richiama espressamente 'l’equo compenso' come parte integrante della disciplina in tema di contratti pubblici”, osserva lo studio. “Non vi è pertanto alcuna necessità di ricorrere alla disposizione di cui all’art. 227 del Codice in quanto la L. n. 49/2023 non abroga alcuna disposizione del Codice dei contratti”. Inoltre, “non può sostenersi che rappresenti un ostacolo a tale ricostruzione la lettura dell’art. 41, comma 15 del D.Lgs. n. 36/2023, nella parte in cui prevede che i corrispettivi determinati ai sensi dei parametri ministeriali “sono utilizzati…ai fini dell’individuazione dell’importo da porre a base di gara dell’affidamento”.”