Sentenze

Equo compenso, Consiglio di Stato: legittimi i bandi pubblici per il conferimento di incarichi a titolo gratuito

La normativa sull'equo compenso dice solo che, laddove il compenso sia previsto, lo stesso deve necessariamente essere equo, ma non dice che il compenso deve essere sempre previsto

mercoledì 10 novembre 2021 - Redazione Build News

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La normativa sull’equo compenso “sta a significare soltanto che, laddove il compenso sia previsto, lo stesso debba necessariamente essere equo, mentre non può ricavarsi dalla disposizione l’ulteriore (e assai diverso corollario) che lo stesso debba essere sempre previsto (a meno di non sostenere, anche in questo caso, che non vi possa essere alcuno spazio per la prestazione di attività gratuite o liberali da parte dei liberi professionisti)”.

Lo ha affermato la sezione quarta del Consiglio di Stato nella sentenza n. 7442/2021 pubblicata ieri 9 novembre.

L’Ordine degli Avvocati di Roma e l’Ordine degli Avvocati di Napoli hanno impugnato l’avviso pubblico di manifestazione di interesse per il conferimento di incarichi di consulenza a titolo gratuito, attraverso il quale la Direzione IV del Dipartimento del Tesoro “Sistema Bancario e Finanziario - Affari Legali” del Ministero dell’economia e delle finanze ha reso noto di volersi avvalere della consulenza di professionalità altamente qualificate, che uniscano alla conoscenza tecnica una positiva esperienza accademica/professionale, non rinvenibile all’interno della struttura, al fine di avere supporto ad elevato contenuto specialistico nelle materie di competenza.

L’art. 13-bis, comma 3, della legge n. 247/2012, inserito dall’art 19-quaterdecies del d.l. n. 148/ 2017, prevede che “La pubblica amministrazione, in attuazione dei princìpi di trasparenza, buon andamento ed efficacia delle proprie attività, garantisce il principio dell’equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti in esecuzione di incarichi conferiti dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”. In proposito, il Consiglio di Stato osserva che il riferimento soggettivo previsto dall’art. 13-bis cit. alla “pubblica amministrazione” e quello oggettivo agli “incarichi conferiti” stanno piuttosto a significare - a tutela del professionista - che il compenso deve essere equo e che l’interesse privato non può essere sacrificato rispetto a quello pubblico e generale fino al punto di travalicare – nel bilanciamento dei contrapposti interessi - l’equità della remunerazione.

La disposizione non esclude il (e nemmeno implica la rinuncia al) potere di disposizione dell’interessato, che resta libero di rinunciare al compenso – qualunque esso sia, anche indipendentemente dalla equità dello stesso – allo scopo di perseguire od ottenere vantaggi indiretti (come nel caso che ci occupa) o addirittura senza vantaggio alcuno, nemmeno indiretto, come tipicamente accade nelle prestazioni liberali (donazioni o liberalità indirette).

La sentenza è disponibile in allegato.

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