Non c'è alcuna antinomia tra la disciplina dei contratti pubblici e la sopravvenuta disciplina sull’equo compenso. Lo ha affermato la terza sezione del Consiglio di Stato nella sentenza n. 594/2025 pubblicata il 27 gennaio.
Secondo Palazzo Spada “si dissolve ogni dubbio di possibile antinomia tra la disciplina sui contratti pubblici e quella sopravvenuta sull’equo compenso, la cui sfera di applicabilità è peraltro dichiaratamente estesa alle “prestazioni rese dai professionisti in favore della pubblica amministrazione e delle società disciplinate dal testo unico in materia di società a partecipazione pubblica” (art. 2, co. 2 legge n. 49/2023): ne riviene che la nozione di equo compenso applicabile alla contrattualistica pubblica deve essere riformulata più perspicuamente in termini di equo ribasso, nozione frutto dell’esegesi coordinata tra corrispettivo equo e proporzionato posto a base di gara e minimum inderogabile evincibile dal range di flessibilità del compenso liquidabile in ragione della complessità della prestazione dedotta nell’affidamento”.
De Maio (Fond. Inarcassa): il Consiglio di Stato mette la parola fine alla diatriba
La sentenza è accolta con grande favore dalla Fondazione Inarcassa: “Abbiamo sempre ribadito che l'equo compenso è una norma vigente del nostro ordinamento, la legge 49/2023, nonché un principio fondamentale richiamato all’art. 8, comma 2, del Codice dei Contratti. Eppure, dopo la decisione del TAR di Venezia del 3 aprile 2024, che già affermava l’applicabilità dell'equo compenso nei contratti pubblici, vi è stata una vera e propria levata di scudi contro un indirizzo giurisprudenziale che segna un cambiamento epocale per gli ingegneri e gli architetti liberi professionisti. Infatti, da parte di diversi interlocutori è stata data una chiave di lettura dell’equo compenso opposta che ha generato talvolta confusione tra le stesse stazioni appaltanti. Per questo, Fondazione Inarcassa ha prontamente risposto, creando tavoli con tutti gli stakeholder, allargati ai Consigli Nazionali dei principali ordini professionali, e ribadito la propria posizione nel Manifesto pubblicato sulla stampa. È stato un lavoro responsabile i cui risultati sono evidenti sia nel correttivo del Codice dei contratti, che conferma il principio dell’equo compenso, sia nella sentenza n. 594 del Consiglio di Stato secondo cui non può predicarsi alcuna antinomia tra la disciplina dei contratti pubblici e la sopravvenuta disciplina sull’equo compenso”, ha commentato il Presidente di Fondazione Inarcassa Ing. Andrea De Maio.
“Auspichiamo che sull’equo compenso non si debba più intervenire e che la sentenza del Consiglio di Stato chiarisca definitivamente qualsiasi dubbio interpretativo” ha chiosato De Maio. “Ora è necessario focalizzare l’attenzione su quelle urgenze che allontanano i giovani dalle facoltà di ingegneria e architettura. Risolto il tema dell’equo compenso, occorre intervenire al più presto per circoscrivere le responsabilità professionali, favorire le aggregazioni anche multidisciplinari e aggiornare il decreto parametri,” ha concluso il Presidente di Fondazione Inarcassa.