Martedì 5 marzo è stato presentato al Senato un disegno di legge (su iniziativa della senatrice del Movimento 5 Stelle Tiziana Carmela Rosaria Drago) con l’obiettivo di ampliare gli effetti della legge 172/2017 – ovvero quella che, modificando la legge 247/2012 con l’aggiunta dell’articolo 13 bis, ha introdotto il diritto a un “equo compenso” per i professionisti.
Da tempo gli ordini professionali e le associazioni di categoria chiedono una nuova legge nazionale sull’equo compenso, denunciando la contrazione reddituale a cui molti liberi professionisti sono andati incontro dopo l’abolizione dei tariffari minimi e in seguito alla crisi economica. La norma attuale viene giudicata infatti inefficace, per via della clausola che prevede l’equo compenso solo nei casi in cui vi sia un committente “forte” – come una banca, un’assicurazione o una grande azienda – e il contratto sia predisposto dal committente senza essere condiviso dal professionista.
Questo è il punto che intende modificare il nuovo ddl 1119, introducendo quindi l’inderogabilità dell’equo compenso “anche nei casi di convenzioni non unilateralmente predisposte dalle imprese”.
La proposta arriva nel pieno delle polemiche per il bando del Mef per consulenze professionali “a titolo gratuito”, oggetto di dure critiche da parte dei Consigli nazionali di avvocati, commercialisti e notai in quanto palese violazione del principio dell’equo compenso. Non si tratta comunque dell’unica proposta legislativa arrivata su questo tema nell’ultimo anno: a maggio 2018 è stato presentato alla Camera il ddl 620, presentato dalla deputata Claudia Porchietto (FI) – ancora da assegnare alla commissione competente – mentre a giugno è stata la volta del ddl 326, presentato al Senato da Stefano Bertacco (FdI) – assegnato, ma non è ancora iniziato l’esame.
Per sopperire ai tempi lunghi dell’iter parlamentare, alcune iniziative per garantire l’equo compenso sono state prese a livello regionale.