La recente analisi svolta attraverso l’osservatorio ONSAI del CNAPPC-CRESME per misurare l'applicazione dell'equo compenso, in relazione ai bandi dei settori Ordinari, indetti tra il 1° luglio 2023 e il 30 settembre 2024, per l'affidamento di servizi di progettazione (fattibilità tecnica ed economica, definitiva ed esecutiva), direzione lavori, coordinamento per la sicurezza e collaudo di importo superiore a 200mila euro mediante procedure aperte, evidenzia una significativa crescita dell’utilizzo dell’equo compenso da parte delle stazioni appaltanti, soprattutto nel terzo trimestre 2024, quando l’utilizzo dell’equo compenso ha interessato il 58,3% dei bandi messi in gara e il 55,9% degli importi.
Un anno prima, tra luglio e settembre 2023, l’incidenza sul totale bandi era stata pari al 12,3% e sul totale importi del 12,4%. Nel 53,8% dei bandi è richiesto il ribasso sulle spese e sugli oneri accessori e nel 4,5% dei bandi si fa ricorso al prezzo fisso.
Crusi (Cnappc): “L'equo compenso va sempre applicato anche negli appalti pubblici”
“Il compenso per le prestazioni professionali - come hanno anche evidenziato recenti sentenze amministrative - deve essere equo e proporzionato al valore del lavoro svolto. È questa una interpretazione giuridica che rappresenta un passo significativo verso la tutela della dignità professionale e la salvaguardia dei diritti dei lavoratori autonomi che devono essere affermate con forza attraverso l’applicazione della disciplina dell’equo compenso anche agli appalti pubblici”.
Così Massimo Crusi, Presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori (CNAPPC).
“Le recenti sentenze - continua Crusi - hanno fornito nuove indicazioni riguardo alla necessità di garantire condizioni di lavoro dignitose e adeguate per i professionisti del settore ed è quindi fondamentale che il committente pubblico riconosca il valore del lavoro dei professionisti e delle professioniste, promuovendo una cultura del rispetto reciproco e della valorizzazione delle competenze.”
“Sta emergendo senza dubbio – dice ancora Crusi - una prevalenza di orientamenti giurisprudenziali che riconoscono l’obbligo di rispettare l’equo compenso fin dalla fase iniziale della procedura di affidamento, come confermato dai Tribunali Amministrativi Regionali di Veneto, Lazio, Sicilia e Bolzano. Queste sentenze affermano che la legge assume natura imperativa, sostenendo che il rispetto dei parametri ministeriali per la determinazione del compenso dei professionisti è obbligatorio e non negoziabile. Il compenso non è equo se non ancorato ai parametri”.
La norma, infatti, obbliga la Pubblica Amministrazione a rispettare i parametri ministeriali fin dall’inizio della procedura di gara, impedendo il ribasso del compenso e limitando tale facoltà alla componente spese.
“La disciplina dell'equo compenso – ricorda ancora Crusi - comporta un rafforzamento delle tutele e dell’interesse alla partecipazione alle gare pubbliche, rispetto alle quali l’operatore economico, sia esso grande, piccolo, italiano o di provenienza UE, è consapevole del fatto che la competizione si sposterà eventualmente su profili accessori del corrispettivo globalmente inteso (ad esempio sulle spese generali) e, ancor di più sul profilo qualitativo e tecnico dell’offerta formulata”.
“Il meccanismo che deriva dall’applicazione della legge sull’equo compenso – conclude - è tale da garantire sia dei margini di flessibilità e di competizione anche sotto il profilo economico, sia la valorizzazione del profilo qualitativo e del risultato, in piena coerenza con il dettato normativo nazionale e dell’Unione Europea, senza alcun contrasto con la libertà di stabilimento o il diritto di prestare servizi in regime di concorrenzialità.