Sentenze

Fabbricati rurali e variazione catastale. Quando si paga l’Ici?

Nel caso di riclassamento gli effetti retroagiscono di cinque anni

lunedì 3 agosto 2015 - Erika Seghetti

Un immobile iscritto nel catasto dei fabbricati come "rurale" (categoria A/6 o D/10) non è soggetto all’Ici. A sancirlo è Cassazione sezione Tributaria sentenza 13740/15 (IN ALLEGATO) avverso la decisione della Commissione tributaria del Veneto, sottolinea che nel caso in cui sia stata presentata una domanda di variazione catastale entro il 30 settembre 2011, per ottenere il riconoscimento del requisito di ruralità dei fabbricati, gli effetti della variazione retroagiscono al 1° gennaio 2006 comportando, pertanto, l’esclusione dall’Ici a far tempo dall’anno d’imposta 2006.

Il caso

La sentenza è frutto del seguente caso. Un’azienda agricola ha impugnato gli avvisi di accertamento Ici con i quali l’ente locale competente le ha contestato ai fini Ici, per gli anni 2006 e 2007, una omessa e infedele denuncia di fabbricati posseduti per non avere il requisito di ruralità che avrebbe consentito l’esenzione di imposta.

L’immobile in questione risultava accatastato come opificio (categoria D/1), ma nell’anno 2011 la cooperativa aveva presentato istanza di variazione da D/1 a D/10 («Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole»). Sul diniego da parte del comune, la contribuente ha attivato il contenzioso, con esiti alterni (accoglimento in primo grado, riforma della sentenza in sede d’appello).

Dopo il rigetto da parte della Ctp  del ricorso, basando il proprio convincimento su un orientamento della Cassazione, in base al quale sono esclusi dall'Ici solo i fabbricati iscritti in catasto come rurali, con attribuzione della categoria A/6 (per le unità abitative) e D/10 (per le costruzioni strumentali all’attività agricola), la contribuente ha fatto richiesta di appello. Impugnando un dato: il fatto che l’azienda agricola avesse presentato in data 29 settembre 2011 domanda di variazione catastale dei fabbricati rurali, così come prevista dall’articolo 7, comma 2 bis (semplificazione fiscale), del Dl 70/2011 e invocando, pertanto, l’efficacia retroattiva relativa ai cinque anni precedenti alla presentazione della predetta domanda.

Gli effetti retroattivi della domanda di variazione catastale

I Giudici hanno dato ragione alla contribuente. I giudici, operando una ricostruzione tecnico-sistematica delle norme relative all’istituto (ai sensi del combinato disposto dell’articolo 2, Dl 102/2013, e del citato articolo 7 comma 2-bis, così come convertito con modificazioni dalla legge 106/2011) hanno fatto presente che: le domande di variazione catastale presentate in base a questa normativa e l’inserimento dell’annotazione negli atti catastali producono gli effetti previsti per il riconoscimento del requisito di ruralità a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda. Per tale ragione, avendo la contribuente presentato la domanda di variazione catastale prima del 30 settembre 2011, gli effetti della variazione per la Ctr retroagiscono al 1° gennaio 2006 confermando, a far tempo da tale data, la ruralità dei fabbricati in oggetto e dunque a far tempo dall’anno di imposta 2006 la loro esclusione dall’Ici.

La categoria catastale è determinante

Oltre alle conclusioni già citate, la sentenza ribadisce, in conclusione, che qualora l’amministrazione comunale intenda vantare la debenza dell’imposta deve necessariamente impugnare l’attribuzione della categoria catastale che, altrimenti, esclude a priori la tassazione. Se, invece, l’immobile è accatastato in una differente categoria, spetta al contribuente che intenda sostenere l’esenzione dall’imposta contestare l’atto di classamento. La categoria, dunque, riveste un’efficacia determinante ai fini dell’assoggettamento dell’immobile al tributo comunale.
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