Nel caso in cui l'unità immobiliare è destinata, all'interno dell'azienda agricola, ad abitazione dei dipendenti esercenti l'attività agricola per conto della stessa azienda, va riconosciuto a tale unità immobiliare il requisito della ruralità, in presenza dei requisiti di cui all'art. 9, comma 3 bis, del D.L. 557/1993, prescindendo da qualsiasi caratteristica oggettiva e soggettiva.
Lo ha confermato la seconda sezione della Commissione tributaria provinciale di Firenze con la sentenza n. 889 del 23 maggio 2016, con la quale viene ribadito quanto già affermato dalla quinta sezione della stessa Ctp di Firenze con la sentenza n. 760 del 21 aprile 2016 (IN ALLEGATO): l'art. 9 c.3 bis lett. f) del DL 55793 “riconosce il requisito della ruralità agli edifici strumentali destinati all'interno dell'azienda ad abitazione dei dipendenti che esercitano attività agricola nell'azienda stessa, senza richiedere alcun altro requisito né oggettivo né soggettivo”.
Quindi “il riconoscimento della ruralità, in presenza dei requisiti di cui al citato art. 9 c.3 bis, prescinde da qualsiasi altra caratteristica oggettiva e soggettiva dell'edificio, e anche dalla sua appartenenza catastale, in quanto rileva soltanto la sua oggettiva strumentalità all'attività agricola dell'azienda”.
Nel problema nessuna rilevanza ha il comma 3 ter dell'art. 3 della legge citata, invocato dall'Agenzia delle Entrate, il quale stabilisce che le porzioni di immobili di cui al comma 3 bis, destinate ad abitazione sono censite in catasto autonomamente in una delle categorie del gruppo A. Infatti “la attribuzione del requisito della ruralità prescinde da qualsiasi altra caratteristica che non sia quella della strumentalità del fabbricato all'attività agricola esercitata dai dipendenti dell'azienda che in esso abitano, e prescinde quindi anche dall'inquadramento catastale”.