Bioedilizia

Filiera biogas agricolo, alleanza con la filiera del bosco-legno-energia

Fiper apre alla filiera del biogas accogliendo nelle sue fila il Consorzio Monviso e designando vicepresidente della Federazione il consigliere del Consorzio Federica Galleano

lunedì 6 luglio 2015 - Redazione Build News

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Unire le forze e fare sistema nell'ottica di rappresentare, oltre alla filiera del bosco-legno-energia, anche quella del biogas agricolo, creando reddito e nuovi posti di lavoro nei territori dove hanno sede gli impianti.

Questo l'obiettivo dell'accordo che vede l'ingresso nella Fiper (Federazione italiana produttori di energia da fonti rinnovabili) del Consorzio Monviso, che fa seguito alla decisione di Assogas di tenere l'assemblea annuale presso lo stabilimento di Acea Pinerolese proprio per dare un segno dell'attenzione rivolta al settore.  

BIOGAS SEMPRE PIÙ PROTAGONISTA. Si tratta di 100 impianti di biogas agricolo ubicati sul territorio piemontese per una potenza complessiva di 61,77 MW e un fatturato annuo di 144 milioni di euro a fronte di 519 mila MWh elettrici immessi in rete (dati 2014).

Contestualmente, il consigliere del Consorzio Monviso, Federica Galleano, è stata designata vice presidente di Fiper.

Secondo il presidente Walter Righini, 

l'adesione di Consorzio Monviso a Fiper è un segnale importante perché la Federazione sia portavoce oltre delle istanze della filiera legno-energia anche del biogas agricolo.

Abbiamo deciso di aderire a Fiper - ha invece dichiarato il presidente di Consorzio Monviso Dario Solavaggione - dopo averne valutato positivamente le peculiarità, perché riteniamo che il radicamento territoriale sia la forza trainante per rappresentare le istanze di settore ai tavoli ministeriali.

URGENTE CHIARIMENTO DEFINITIVO SULLA CLASSIFICAZIONE QUALE “SOTTOPRODOTTO” DEL DIGESTATO. E proprio su questo piano, è già stata individuata un'agenda lavori con la prima questione urgente da risolvere: il chiarimento definitivo circa la classificazione quale “sottoprodotto” del digestato, già oggetto di schema di decreto ministeriale specifico approvato in Conferenza Stato Regioni lo scorso novembre e non ancora pubblicato. Una “vacatio legis” che, spiega una nota, “sta creando gravissimi problemi di gestione agli operatori piemontesi, umbri, veneti, a differenza di quelli lombardi, i quali sono costretti a gestirlo come un costo anziché essere un ricavo per il bilancio aziendale”.

Ricordiamo che il suddetto schema di decreto punta a rafforzare la sostenibilità ambientale delle produzioni agricole, consentendo al contempo una diversificazione delle attività: le aziende potranno valorizzare gli scarti di produzione e produrre energia da fonti alternative, operando in linea con gli obiettivi energetici italiani ed europei.

Lo schema di decreto prevede la bipartizione del digestato in agrozootecnico ed agroindustriale e condizioni di parificazione ai concimi di origine chimica, attraverso un’esecuzione di analisi chimiche al digestato in uscita dagli impianti ed il calcolo dell’azoto tramite l’effettivo fabbisogno delle colture, così da garantire il rispetto dell’ambiente.

È inoltre previsto il divieto di utilizzazione agronomica del digestato in caso di immissione negli impianti di colture che provengano dai siti di bonifica.

Altre novità sono la flessibilità della collocazione temporale del periodo obbligatorio di 60 giorni di divieto di spandimento degli effluenti, e l'introduzione di una graduale limitazione all’uso di colture no food alternative all’utilizzazione agricola dei terreni coltivati.

Infine, il limite massimo di utilizzo delle materie prime a scopi alimentari per produrre energia elettrica mediante biodigestori viene fissato al 30%.

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