“Da una prima lettura del corposo documento elaborato dal Dipartimento per la programmazione ed il coordinamento della politica economica – DIPE – si traggono alcune ipotesi di lavoro positive ma anche aspetti di seria preoccupazione, esordisce Carla Tomasi, Presidente FINCO (vedi all.).
Non si può commentare con superficialità un documento di oltre 140 pagine, ma una osservazione preliminare è d’obbligo: se alcune norme già vigenti fossero state applicate, parte di questo ingente lavoro sarebbe stata quanto meno facilitata. Mi riferisco in primis – e solo per fare un esempio – alla Legge 180 dell’11 Novembre 2011 (Norme per la tutela della libertà d’impresa. Statuto delle Imprese) che conteneva, tra l’altro, importanti precetti in materia di appalti, di concorrenza, di Garante per le PMI e di Legge annuale per le PMI.
– La parte programmatica è auspicabile; su tutte, la proposta di codificazione standardizzata degli investimenti pubblici, ma in effetti è un indirizzo politico con poche garanzie di effettiva realizzazione e nessuna “penalizzazione” nel caso non si raggiungano gli obiettivi, come è purtroppo consuetudine. Ad esempio sarebbe utile sapere perché e per chi l’ancora lungo elenco di opere incompiute è tale: senza stabilire un serio principio di responsabilità, è inutile qualunque riforma.
E’ poi ora che venga acquisito – definitivamente e realmente poiché sarebbe già oggetto di norma – che la pubblica amministrazione, centrale e periferica, non debba richiedere in alcun caso ed in nessuna circostanza, senza eccezione alcuna, documenti e dati che siano già in suo possesso non importa se direttamente o attraverso altri soggetti, ricomprendendo in essi anche le Agenzie (delle Entrate, delle Dogane, dei Monopoli etc..) e le Autorità da essa disciplinate, e/o vigilate o in essa incardinate. Lo ha appena confermato – per l’ennesima volta – l’attuale Ministro della PA Fabiana Dadone, come almeno una decina di suoi predecessori: la sburocratizzazione, reale e seria, è un punto inaggirabile. Ma ce lo diciamo puntualmente ad ogni cambio di Governo. E, puntualmente, alla fase propositiva non segue mai una fase di controllo adeguata.
– La parte economica è una analisi di reperimento di fondi, molti dei quali sono quelli precedentemente assegnati e non spesi dalle Amministrazioni, che si confermano spesso inadeguate, provocando di conseguenza danni alle imprese pari agli importi non spesi.
Ogni euro non speso (bene) corrisponde ad una sottrazione di risorse al settore.
Questo grida vendetta e ci chiediamo – continua la Tomasi – a che servano i vari Nuclei di Valutazione e verifica degli investimenti pubblici, centrali (legge 144/99) e regionali. A cosa serve il NUVAP – Nucleo di Valutazione per le Politiche del Dipartimento presso la Presidenza del Consiglio? A cosa serve l’Ufficio V di Monitoraggio degli Investimenti Pubblici presso il MEF? A cosa L’AINOP – Archivio Informatico Nazionale delle Opere Pubbliche ed altri similari numerosi strumenti? Il tema è affrontato in un capitolo titolato “Sanzioni” ma di sanzioni reali non si vede l’ombra: esse continuano ad essere riservate al mondo dell’impresa. In definitiva a cosa serve una pletora di Cabine di Regia e Progetti ( per citarne uno, Casa Italia) per i quali puntualmente presentiamo proposte senza riscontro poiché senza riscontro reale è la voce delle PMI?. E ciò nonostante che una precisa norma sull’analisi e Valutazione di Impatto della Regolamentazione preveda l’ascolto degli stakeholders.
– La parte politica evidenzia un rafforzamento del ruolo del CIPE e lo spostamento di competenze alla Presidenza del Consiglio, su cui ci riserviamo di tornare.
– La parte tecnica è quella più preoccupante, basata su una narrazione inadeguata e consistente sostanzialmente in misure volte a sgombrare quelli che si ritengono gli “ostacoli” alla riapertura dei cantieri tra le altre cose attraverso:
1. Subappalto libero.
2. Innalzamento soglie per appalti con procedura negoziata senza bando (da un milione alla soglia comunitaria, con 15 (!) imprese invitate).
3. Proroga validità appalto integrato.
4. Proroga previsioni dello sblocca cantieri.
Tutte misure gravi e controproducenti.
Ferma restando la necessità indotta di rivedere il subappalto, come illustrato nella nota FINCO allegata, tutti gli altri punti sopra riportati sono da rigettare.
Vi sono poi – aggiunge Carla Tomasi – ulteriori aspetti da approfondire, in parte condivisibili in parte meno:
1- Commissari per le opere locali: bene se sostituiscono le stazioni appaltanti in tutte le fasi e si “accollano” i rischi del risultato. In questo caso potrebbero anche essere considerati una soluzione benchè emergenziale, ma in caso di fallimento dovrebbero essere inibiti dall’assumere altre cariche pubbliche.
2 – Il certificato di regolare esecuzione: bene in sostituzione del collaudo ma solo se corredato da TUTTE le necessarie certificazioni di materiali, impianti, corretta esecuzione ecc.
3 – Penalizzazione delle imprese in materia di riserve: un no deciso in quanto interviene in un area in cui ci sono già troppi ostacoli per chi opera, specie in questo momento, oltre ad essere una pesante limitazione dei diritti dell’impresa.
L’analisi fatta nel documento del trend positivo attraverso lo “Sblocca Cantieri” appare sbilanciata. Se abbiamo + 40% di importi e + 16% di investimenti negli ULTIMI 10 MESI ciò non può essere collegato alla sopracitata norma visto che le attività presuppongono un minimo di 2 anni per le progettazioni; va invece considerata l’ipotesi, più realistica, che sia un andamento in recupero da collegare alla legge appalti che sta (stava) andando a regime.
In sintesi:
– il Documento parla della possibilità (non certezza) di raggiungere buoni obiettivi, accentrando poteri alla Presidenza del Consiglio, utilizzando risorse non spese, ma chiedendo in cambio al mondo imprenditoriale di condividere una modifica sostanziale delle regole, non certo nel senso della qualificazione.
– Inoltre ( sarebbe appena il caso di dirlo ma purtroppo è necessario) dovrebbe essere chiarito in maniera inequivocabile quali sono gli oneri a carico dell’impresa sotto il profilo degli obblighi di tutela della salute – senza i soliti dubbi interpretativi ed il rimando a sterminate serie di FAQs – e quali gli obblighi tassativi delle amministrazioni in relazione alla messa in disponibilità dei dispositivi di protezione individuale, dei tamponi e della possibilità di effettuare i test sierologici necessari. Vediamo un gran fermento di INPS, INAIL, ARPA, ASL, Ispettorato Nazionale del Lavoro, NAS e Sindacati, sul tema dei certamente necessari, controlli: tale fermento deve essere centrato, in questo gravissimo momento, non su azioni punitive e di rivalsa contro le aziende, ma su strumenti volti ad aiutarle.
Piu’ che moltiplicare e potenziare gli organismi di controllo , l’azione dei soggetti già esistenti va coordinata in modo definitivo.
In sintesi
Non condividiamo interventi sul Codice degli Appalti che non siano “chirurgici” (come la positiva autorizzazione unica per le opere ANAS ed RFI), né le ulteriori penalizzazioni e sanzioni alle imprese.
– Si dovrebbero, invece, esternalizzare progettazioni, direzione lavori, collaudi (con assunzione di conseguenti responsabilità).
– Si dovrebbe procedere all’immediata compensazione crediti debiti delle imprese verso la P.A. centrale e Periferica, innalzando quantomeno da subito il tetto dei 750.000 euro attualmente previsto dalla Legge 3882000 e ss modificazioni.
– Si dovrebbe cancellare lo split payment ed altre forme che tolgono liquidità al sistema imprenditoriale, come ad esempio la ritenuta dell’otto per cento sui bonifici riguardanti gli interventi di efficienza energetica nelle costruzioni , tema questo assai poco toccato nel documento, o il reverse charge, in presenza di fatturazione elettronica.
Un'ultima notazione: va bene “l’industrializzazione equa , responsabile e sostenibile” di cui al “goal n. 9 ” del Documento, ma nel frattempo vogliamo vigilare sul fatto che molti istituti bancari, dopo aver aspettato la pubblicazione del Decreto Liquidità in Gazzetta, nonché le istruzioni ABI, in molti casi affermano ora di dover completare le “procedure interne”, cosa che non giustifica eventuali, colposi, ritardi.
Ora c’è da pensare alla prima sostenibilità, cioè la sopravvivenza. E – conclude Carla Tomasi – non mi pare sufficientemente chiaro perché abbiamo da un lato una serie di esperti e di persone garantite che normano – senza alcun rischio – sulla restante massa di persone, privati ed imprese, che invece stanno rischiando tutto.
E poiché il Decreto c.d.”Liquidità” – non da “liquidi”, ma garanzie sulla richiesta di denaro – è quantomeno TASSATIVO che la P.A. saldi le sue pendenze con i privati.
Ufficio comunicazione Finco
In allegato il documento del DIPE