Esclusione, in termini di Cfp, dei titoli conseguiti e conseguibili dagli iscritti all'Albo; ambiguità sui criteri di certificazione dei percorsi formativi; arbitrarietà delle sanzioni da parte dei Consigli disciplinari; sproporzione tra formazione gratuita rispetto a quella onerosa.
Questi i punti salienti di una interrogazione al Ministro della Giustizia, depositata il 26 gennaio 2016 da alcuni senatori del Movimento 5 Stelle ed avente ad oggetto le criticità legate al regolamento sulla formazione obbligatoria continua.
LE RICHIESTE AL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA. L'interrogazione chiede di sapere:
- se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno aggiornare i parametri di concretizzazione del credito formativo derivante da titoli accademici conseguiti dagli iscritti prima e durante l’entrata in vigore della normativa sulla formazione obbligatoria continua, qualora il loro ottenimento eccedesse il limite di crediti conseguibili in termini di tempo e quantità;
- se non ritenga opportuno, nell’ambito delle proprie competenze, integrare la normativa in vigore nell’ambito della formazione obbligatoria continua relativa alla professione di ingegnere, affinché costituisca un obbligo in capo agli ordini territoriali garantire l’apprendimento «non formale» gratuito che risulti proporzionale all’offerta formativa di natura privata autorizzata nel medesimo territorio; e più in generale, migliorare il sistema formativo vigente per renderlo un’opportunità che i professionisti in difficoltà economica, neolaureati e laureandi possano cogliere, e non un complicato obbligo da ottemperare;
- quali misure intenda adottare, anche di carattere normativo, per garantire maggiore uniformità sul territorio nazionale per quanto riguarda la certificazione a scopo formativo di enti e società a cui devono attenersi gli ordini territoriali nazionali nell’ambito dei crediti formativi professionali;
- quali iniziative di competenza si proponga di realizzare, per garantire uniformità di giudizio tra consigli di disciplina facenti capo ad ordini territoriali differenti nel caso in cui un iscritto compia un atto professionale senza essere in possesso del numero previsto di 30 CFP;
- quali misure intenda adottare al fine di omologare il regime sanzionatorio applicabile agli iscritti all’albo che compiono atti professionali, ma che non abbiano conseguito i 30 CFP annui;
- se non ritenga opportuno armonizzare la normativa relativa alla formazione obbligatoria continua alla legislazione europea in materia di libera concorrenza, visto anche il precedente giurisprudenziale costituito dalla sentenza nella causa C-1/12 emanata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, decisione che vincolerà i giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile. Sarebbe auspicabile, dunque, uniformare la normativa nazionale sull’aggiornamento professionale obbligatorio per evitare che, negli anni a venire, i tribunali italiani vengano gravati da ulteriori procedimenti giuridici superabili da una preventiva azione normativa responsabile.
SENTENZA DELLA CORTE UE. La citata sentenza della Corte Ue - causa C-1/12 – ha stabilito che “la circostanza che un ordine professionale (…) sia tenuto per legge a porre in essere un sistema di formazione obbligatoria destinato ai suoi membri non è idonea a sottrarre all’ambito di applicazione dell’articolo 101 TFUE le norme promulgate da tale ordine professionale, purché esse siano imputabili esclusivamente a quest’ultimo.
La circostanza che tali norme non abbiano influenza diretta sull’attività economica dei membri di detto ordine professionale non incide sull’applicabilità dell’articolo 101 TFUE, dal momento che la violazione censurata al medesimo ordine professionale concerne un mercato nel quale esso stesso esercita un’attività economica.
Un regolamento che pone in essere un sistema di formazione obbligatoria degli esperti contabili al fine di garantire la qualità dei servizi offerti da questi ultimi, come il regolamento relativo al conseguimento di crediti formativi, adottato da un ordine professionale (...) configura una restrizione della concorrenza vietata dall’articolo 101 TFUE, quando elimina la concorrenza per una parte sostanziale del mercato rilevante, a vantaggio di tale ordine professionale, ed impone, per l’altra parte di detto mercato, condizioni discriminatorie a danno dei concorrenti di detto ordine professionale, circostanze che spetta al giudice del rinvio verificare”.
In allegato una nota degli ingegneri romani (www.ingegneriromani.it)