Il 24 novembre 2015 è entrato in vigore il modello unico - approvato dal Ministero dello Sviluppo economico con il decreto 19 maggio 2015 - per la realizzazione, la connessione e l'esercizio di piccoli impianti fotovoltaici fino a 20 kW integrati sui tetti degli edifici (LEGGI TUTTO).
Secondo l'Ufficio legislativo del Ministero dei beni culturali questa procedura semplificata per i piccoli impianti FV non è applicabile nelle aree vincolate, dove è sempre necessaria l'autorizzazione paesaggistica.
Riportiamo il parere del 15 marzo 2016 dell'Ufficio legislativo del Mibact
“Si riscontra la nota prot. n.581 del 15 febbraio con la quale codesta Direzione, riprendendo i contenuti della precedente richiesta del 21 dicembre 2015, prot. n. 31357, chiede l'avviso di questo Ufficio relativamente alla corretta interpretazione da darsi, nel caso di rilascio dell'autorizzazione paesaggistica per l'installazione di impianti solari fotovoltaici, alle normative di settore per lo sviluppo dell'efficientamento degli usi fmali dell'energia negli immobili ricadenti in aree tutelate paesaggisticamente.
Le richieste di parere derivano dalle sollecitazioni provenienti, nel primo caso, dalla Regione Lombardia relativamente all'applicazione del Decreto ministeriale, adottato dal Ministro dello Sviluppo economico il 19 maggio 2015 a seguito di quanto disposto dall'articolo 7-bis del decreto legislativo n. 28 del 2011, recante: "Approvazione del modello unico per la realizzazione, la connessione e l'esercizio di piccoli impianti fotovoltaici integrati sui tetti degli edifici", e, nel secondo caso, dalla Soprintendenza Belle arti e paesaggio di Alessandria che, nello specifico, fa riferimento alla sentenza n. 1946/14, con la quale il TAR Piemonte perviene alla conclusione di considerare esclusi dalla necessità di acquisire l'autorizzazione paesaggistica gli impianti in argomento, se non già ricadenti in aree dichiarate ai sensi dell'articolo 136 del Codice, lett. b) e c).
La Regione Lombardia, soffermandosi, in particolare, su quanto disposto dal citato decreto del 19 maggio 2015, che all'articolo 4, comma 3, esclude per l'installazione degli impianti in parola, la necessità dell'autorizzazione paesaggistica, ad eccezione di interventi sottoposti ai vincoli di cui all'articolo 136, comma 1, lettere b) e c) del Codice dei beni culturali e del paesaggio, rileva come tale lettura potrebbe mal conciliarsi con l'articolo 183 del d.lgs. n. 42 del 2004, nella parte in cui prevede che "le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe ai principi del presente decreto legislativo se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni." A tale osservazione, con nota del 3 febbraio 2016, il MISE risponde che il ricorso a tale tecnica di redazione normativa, rappresentativa del tentativo da parte del legislatore di preservare alcune fonti legislative, non è esente da dubbi interpretativi circa la sua reale portata. Tali clausole, nella ricostruzione del MISE, " si configurerebbero, dunque, come una sorta di invito all'autolimitazione rivolto al futuro legislatore, ma non hanno alcun effetto inibitorio sulla forza normativa di una fonte", e che: "stando alla medesima formulazione letterale dell'articolo 183 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, la clausola di resistenza ivi espressa non pare neppure destinata a fornire protezione alle singole disposizioni che compongono il medesimo Codice, ma solamente ai principi in esso contenuti" .
Al riguardo si specifica quanto segue.
Questo Ufficio ha avuto modo di esaminare il decreto indicato in oggetto solo a seguito della sua adozione, rilevandone immediatamente alcuni profili di criticità relativi al regime dell'autorizzazione paesaggistica nei casi di installazione degli impianti fotovoltaici, comunicati al MISE con nota n. 21527 del 16 settembre 2015.
In tale nota si specificava che la previsione dell'articolo 4, comma 3, del decreto in esame, per cui "L'installazione degli impianti fotovoltaici di cui al presente decreto, effettuata con le modalità di cui all'articolo 11, comma 3, del decreto legislativo n. 115 del 2008, su edifici non ricadenti fra quelli di cui all'articolo 136, comma 1, lettere b) e c), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, non è subordinata all'acquisizione di atti amministrativi di assenso, comunque denominati, ivi inclusa l'autorizzazione paesaggistica. Resta ferma la facoltà dei Comuni di procedere al controllo sulla veridicità delle dichiarazioni rese dal proponente con le modalità di cui al dPR n. 445 del 2000", nasce verosimilmente da un'interpretazione non corretta che l'Amministrazione dello Sviluppo economico ha dato del dPR 139 del 2010, allegato 1, n. 28, concernente il procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica per gli interventi di lieve entità, a norma dell'articolo 146, comma 9, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni.
Tale voce sottopone a procedura autorizzatoria semplificata l'installazione di pannelli solari, termici e fotovoltaici fino ad una superficie di 25 mq, con la specificazione che la medesima previsione non si applica nelle zone territoriali omogenee "A" di cui all'articolo 2 del decreto ministeriale n. 1444 del 1968, e ad esse assimilabili, e nelle aree vincolate ai sensi dell'articolo 136, comma 1, lettere b) e c), del Codice, "ferme restando le diverse e più favorevoli previsioni del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115, recante "Attuazione della direttiva 2006/32/CE relativa all'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici e abrogazione della direttiva 93/76/CEE", e dell'articolo 1, comma 289, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008)".
In realtà, un'interpretazione corretta del d.lgs. n. 115 del 2008 e dell'articolo 6 del dPR 380 del 2001 dimostra che l'esenzione, per gli impianti solari, vale solo per il lato edilizio, non per quello paesaggistico: il comma 3 dell'art. 11 del d.lgs. n. 115 del 2008 è chiaro nello stabilire che sono considerati interventi di manutenzione ordinaria e non sono soggetti alla disciplina della denuncia di inizio attività di cui agli articoli 22 e 23 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni, quelli relativi a impianti la cui superficie non sia superiore a quella del tetto stesso. Analogamente, l'articolo 6, comma 2, lettera d) del T.U. dell'edilizia considera "liberi" — ma ai soli fini edilizi — i suddetti impianti, relativi ai pannelli solari, fotovoltaici, a servizio degli edifici, da realizzare al di fuori della zona A) di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, senza nulla dire sul versante paesaggistico.
A rigore, dunque, stante la rilevanza esclusivamente edilizia delle norme del d.lgs. 115 del 2008 e dell'art. 6 del dPR 380, la disposizione da applicare alla fattispecie di cui all'articolo 4, comma 3, del decreto 19 maggio 2015 è quella del dPR 139, all. 1, n. 28 che, lungi dall'esonerare tali interventi dalla richiesta dell'autorizzazione paesaggistica, prevede per essi la forma semplificata allorquando siano ricadenti in aree o su immobili sottoposti a vincolo ex lege (art. 142 del codice di settore) o a vincolo provvedimentale delle tipologie a) e d) dell'art. 136, mentre, allorquando tali impianti ricadano in aree o su immobili sottoposti a vincoli ai sensi delle lettere b) e c) del predetto art. 136, prevede in realtà non già la "liberalizzazione", bensì l'assoggettamento a procedura di autorizzazione paesaggistica "ordinaria" (art. 146 del codice di settore del 2004). E' infatti evidente che l'esclusione di tali ultimi tipi di vincoli dalla semplificazione — legata alla particolare delicatezza e rilevanza di quelle tipologie di beni paesaggistici — conduce non certo all'esclusione di ogni forma di tutela, bensì al rafforzamento di tali misure, mediante per l'appunto l'esclusione dalla semplificazione e la previsione del regime autorizzatorio ordinario.
La generica formulazione: "ferme restando le diverse e più favorevoli previsioni del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115, [...] ", di cui al n. 28 dell'allegato 1 al dPR n. 139 del 2010, è priva in realtà di concreta applicazione, atteso che né il d.lgs. 115 del 2008, né il dPR 380 del 2001 hanno introdotto alcun regime più favorevole al caso in esame.
Tale ricostruzione è stata oggetto di attento dibattito nell'ambito del Gruppo di lavoro costituito con decreto ministeriale 8 gennaio 2015 per l'elaborazione di uno schema di regolamento relativo all'individuazione degli interventi esclusi dall'autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata, ai sensi dell'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2014, n. 106, come modificato dall'articolo 25 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164 (schema di decreto che verrà, a breve, sottoposto all'esame del Consiglio dei Ministri). In tale rielaborazione si è condiviso di qualificare come "libera" l'installazione di pannelli solari, sottraendola al previo controllo autorizzativo paesaggistico, nel solo caso in cui il posizionamento degli impianti sul tetto o sul lastrico solare sia tale da non poter essere visibile dall'esterno.
Per i motivi suesposti si segnalava al Mise la sussistenza di profili di illegittimità del predetto decreto ministeriale, che potrebbero ingenerare, peraltro, problemi interpretativi e applicativi e connesse potenziali responsabilità in capo agli operatori privati. Si chiedeva, pertanto, di apportare le necessarie correzioni al decreto ministeriale indicato in oggetto, allo scopo di porre rimedio alla criticità sopra segnalata, oppure, in alternativa, di voler diramare indirizzi interpretativi e applicativi conformi a quanto sopra indicato, con preghiera di voler cortesemente informare questo Ufficio, per competenza, sulle determinazioni che sarebbero state adottate.
Quanto infine alla questione evidenziata dalla Regione Lombardia, relativa alla previsione di cui all'articolo 4 comma 3 del DM del 19 maggio 2015 nonostante il divieto di cui all'articolo 183 del Codice, si rappresenta che, al di là della questione teorica di quale sia il maggiore valore di resistenza della norma in forza della clausola di immodificabilità se non per espressa novella, contenuta nell'articolo 183, del codice di settore, nel caso in esame risulta evidente l'assoluta inidoneità del decreto ministeriale MISE a poter modificare la norma primaria inclusa nel codice del 2004 e la norma subprimaria recata dal regolamento "autorizzato" (ex art. 17, comma 2, 1. n. 400 del 1988) n. 139 del 2010. Il provvedimento in esame, il cui contenuto è relativo all'approvazione di modulistica, non è pertanto fonte normativa idonea a derogare alle disposizioni del Codice.
Si ritiene, infine, che la risposta al quesito di cui alla nota di codesta Direzione del 21 dicembre 2015 sia ricavabile da quanto sopra rappresentato”.