Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale dello “Spalma incentivi” nel settore dell’energia prodotta da impianti fotovoltaici - art. 26, comma 2 e comma 3, del decreto legge 24 giugno 2014, n. 91 convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116 - sollevate in riferimento agli articoli 3, 41 e 77 della Costituzione.
Lo ha ribadito la Corte costituzionale nell'ordinanza n. 138/2017 depositata il 12 giugno - CLICCA QUI, con la quale la Consulta conclude l’esame delle questioni sollevate con una serie di ordinanze - 63 in tutto, di cui 60 gemelle e 3 recanti l’impugnativa anche del comma 2 dell’art. 26, d.l. n. 91 del 2014 cit., nella parte in cui ha individuato le modalità di corresponsione delle tariffe incentivanti - dalla sez. III-ter del Tar per il Lazio, che ha sceverato i limiti introdotti dalla nuova disciplina agli incentivi per la produzione di energia dalle fonti rinnovabili.
Le plurime rimessioni avevano ad oggetto la riforma della disciplina degli incentivi nella parte in cui prevede che, a decorrere dal 2015, le tariffe relative all’energia prodotta dagli impianti da fonti rinnovabili siano rimodulate sulla base di tre prefissate opzioni, tutte peggiorative dei regimi anteriori regolati dalle convenzioni con il Gestore del sistema elettrico (GSE), tra le quali l’operatore sarebbe stato, comunque, obbligato a scegliere, applicandosi, altrimenti, in via automatica, il terzo schema di rimodulazione.
Lo scrutinio della normativa è stato effettuato in relazione ai seguenti parametri:
a) la mancanza dei presupposti di decretazione d’urgenza;
b) il possibile contrasto con gli articoli 3 e 41 della Costituzione, per la lesione del principio dell’affidamento riposto su posizioni consolidate di vantaggio riconosciute da negozi «di diritto privato»;
c) la irragionevolezza e la disparità di trattamento tra operatori del settore;
d) gli articoli 11 e 117, primo comma, Cost., per sottrazione, da parte dello Stato, di una quota dei crediti spettanti ai ricorrenti produttori di energia da impianti fotovoltaici in virtù delle convenzioni stipulate con il GSE.
LA PRIMA SENTENZA. Con la sentenza n. 16 del 2017, la Consulta respingeva la gran parte dei rilievi. In relazione ai profili di decretazione d’urgenza la Corte sottolineava come la straordinaria necessità ed urgenza non postuli inderogabilmente un’immediata applicazione delle disposizioni normative contenute nel decreto-legge, potendo fondarsi sulla necessità di provvedere con urgenza, anche laddove il risultato sia per qualche aspetto necessariamente differito.
In relazione al paventato vulnus al legittimo affidamento degli operatori, dopo aver ribadito l’importanza che tale principio riveste nella propria giurisprudenza, il giudice delle leggi ha escluso che la rimodulazione degli incentivi presenti gli asseriti caratteri di “imprevedibilità”, risultando la stessa anzi, in qualche modo, preannunciata e finalizzata proprio ad assicurare la “stabilità” presa in considerazione dalle leggi istitutive degli incentivi al fotovoltaico, come caratteristica dell’intero sistema e non del singolo incentivo; oltre a costituire (nel quadro di un mercato “regolato” di settore, come quello di cui si discute) un elemento fisiologicamente riconducibile al rischio normativo di impresa.
Infine, in relazione alla possibile lesione dell’autonomia privata, si replicava sotto due profili: in primo luogo, evidenziando l’accessorietà di tale tipologia di negozi ai provvedimenti di concessione dell’incentivo; in secondo e preminente luogo, facendo applicazione del principio per cui non è configurabile una lesione della libertà d’iniziativa economica allorché l’apposizione di limiti di ordine generale al suo esercizio corrisponda all’utilità sociale, come sancito dall’art. 41, co. 2, Cost., purché, per un verso, l’individuazione di quest’ultima non appaia arbitraria e, per altro verso, gli interventi del legislatore non la perseguano mediante misure palesemente incongrue.
L’ORDINANZA N. 138/2017. L’esame delle questioni viene concluso con l’ordinanza in esame che affronta, in poche battute, i residui profili.
Per un verso, si esclude il paventato contrasto della nuova disciplina con l’art. 25, secondo comma, Cost, in quanto si reputa erroneo il presupposto interpretativo da cui aveva preso le mosse il T.a.r.; si nega, infatti, la natura sanzionatoria della rimodulazione dell’incentivo recata dalla disposizione denunciata.
Per un altro verso, in relazione al parametro di cui all’art. 97 Cost., la Consulta evidenzia la oggettiva carenza, nella ordinanza di rimessione, di una adeguata motivazione sulla effettività della violazione del richiamato parametro.
GLI ALTRI PRONUNCIAMENTI. Per completezza, in ordine agli incentivi alle fonti rinnovabili, il sito della Giustizia amministrativa segnala di recente:
e) Corte cost., sentenza 10 marzo 2017, n. 51 che, in accoglimento di una questione sollevata da una serie di ordinanze della sez VI del Consiglio di Stato, ha “dichiarato costituzionalmente illegittimi, per violazione dell’art. 76 Cost., gli artt. 23, comma 3, e 43, comma 1, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili) che, in tema di incentivi alle imprese che producono energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare, contemplano la ulteriore sanzione della esclusione decennale da futuri incentivi, a carico dei soggetti per i quali sia stato accertato che abbiano fornito dati o documenti non veritieri, ovvero abbiano reso dichiarazioni false o mendaci”;
f) sulla natura non sanzionatoria ma di atto dovuto del provvedimento di decadenza dagli incentivi tariffari adottato dal GSE per l’accertamento (anche sopravvenuto) della carenza dei requisiti previsti dal micro ordinamento di settore, sui limiti al soccorso istruttorio esigibile dal GSE, sulla consistenza dell’onere della prova della sussistenza di tutti i presupposti per la concessione dell’incentivo a carico dell’operatore che lo abbia richiesto, nonché sulla necessità di evitare interpretazioni lassiste della disciplina normativa ed amministrativa di settore onde evitare surrettizi aiuti di Stato, cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 12 gennaio 2017, n. 50;
g) circa la tutela dell’affidamento alla continuità della liquidazione dell’incentivo, cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 5 maggio 2016, n. 1768, in Rivista giuridica dell'edilizia, 2016, 4, I, 594, secondo cui “non possono considerarsi lesive del principio del legittimo affidamento sulla stabilità degli incentivi tutelato dal diritto europeo le disposizioni contenute nel c.d. “Quarto conto energia”, atteso che la direttiva 28/2009/Ce, nel prescrivere ai regolatori dei singoli Paesi di creare certezza per gli investitori, ha ancorato la predetta prescrizione agli obiettivi nazionali obbligatori e non alla modulazione delle misure di sostegno e che gli operatori economici non possono fare legittimamente affidamento sulla conservazione di una situazione esistente che può essere modificata nell'ambito del potere discrezionale delle autorità nazionali”;
h) circa i presupposti per il riconoscimento degli incentivi, cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 2 novembre 2016, n. 4575, secondo cui “la normativa in materia di incentivi energetici prevede che la titolarità di uno o più criteri di priorità in capo ai singoli operatori non è condizione necessaria per accedere agli incentivi, bensì tali criteri costituiscono meri parametri di cui tener conto ai fini della redazione della graduatoria finale; in sostanza ciascun operatore può accedere agli incentivi a prescindere dalla provenienza dei componenti principali, rilevando tali caratteristiche solo per la redazione della graduatoria finale: solo laddove le richieste di incentivazione superino il tetto massimo di spesa prestabilito dal GSE per gli incentivi da erogare la Pubblica Amministrazione deve stabilire, tramite graduatoria, quali soggetti debbano usufruire in via prioritaria degli incentivi”;
i) in ordine alla individuazione della competenza territoriale del giudice chiamato a conoscere di controversie nei confronti del GSE, cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 22 luglio 2016, n. 3309, secondo cui “Nel caso di controversie riguardanti provvedimenti relativi al regime di incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (sub specie fonte fotovoltaica), secondo le procedure gestite dal G.S.E., il riconoscimento o non dell'incentivazione e dell'integrazione della stessa, pur riguardando l'energia prodotta in un determinato stabilimento, non ha effetti localizzabili nell'ambito regionale in cui è ubicato lo stabilimento stesso, incidendo sull'intero sistema nazionale energetico, con riferimento sia alla energia prodotta che ai relativi incentivi ed in particolare, quanto a quest'ultimo aspetto, incidendo sul Conto energia; in effetti i meccanismi incentivanti, quali l'emissione di certificati verdi ovvero il riconoscimento della tariffa omnicomprensiva o di quella incentivante, benché riferiti ad uno specifico impianto (collocato in un determinato ambito territoriale regionale), producono effetti sull'intero sistema nazionale di produzione dell'energia elettrica, costituendo strumenti per il raggiungimento degli scopi, evidentemente non localizzabili, di incentivazione all'uso delle energie rinnovabili, al risparmio energetico e alla riduzione delle emissioni di anidride carbonica, con conseguente riconoscimento della competenza territoriale al Tar del Lazio con sede in Roma per la definizione di eventuali controversie nella materia de qua”;
l) in tema di importazione di energia da fonti rinnovabili, cfr. Corte giust. UE, Sez. IV, 26 novembre 2014, C- 66/13, in Rivista giuridica dell'edilizia, 2015, 2, I, 150, secondo cui “la circostanza che uno Stato membro concluda un accordo con uno Stato terzo al fine di consentire di tener conto, nell'ambito del funzionamento di un regime di sostegno nazionale, del fatto che l'energia elettrica prodotta in tale Stato terzo è energia verde, è tale da interferire, da un lato, con gli obiettivi della direttiva 2001/77, e, dall'altro, con l'obbligo che incombe sugli Stati membri di aumentare la loro produzione di elettricità verde in modo da contribuire a raggiungere gli obiettivi indicativi nazionali loro impartiti conformemente all'art. 3 di tale direttiva e da partecipare in tal modo al raggiungimento dell'obiettivo indicativo globale a livello della Comunità stessa”.
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