“Ritenere assimilabili, ai fini del possesso del requisito di partecipazione, il rapporto derivante dal contratto d’opera professionale e quello di dipendenza significherebbe incidere sulla par condicio dei partecipanti, atteso il maggior costo sostenuto dalla struttura che ha proceduto all’assunzione del professionista, destinata ad avere efficacia durevole, rispetto a quella che ha stipulato il contratto d’opera da eseguire solo in caso di aggiudicazione dell’appalto e per la sola durata di questo”.
Lo ha stabilito il Tar Molise nella sentenza n. 150/2017 pubblicata il 28 aprile.
Nel caso in esame la previsione di cui al punto 5.1 della lettera di invito prevede che possano partecipare alla gara <<professionisti singoli, associati, le società tra professionisti, le società di ingegneria, i consorzi, i GEIE, raggruppamenti temporanei fra i predetti soggetti per attività coincidente con quella oggetto del presente appalto, sempreché ci sia la presenza come titolari, soci o dipendenti da almeno 12 mesi di professionisti regolarmente iscritti all’albo professionale relativo all’oggetto dell’incarico ‘Ordine dei Dottori Agronomi o Forestali’>>.
Secondo il Tar Molise si deve ritenere che “il senso della prescrizione appena riportata, nella parte che qui rileva, introdotta dalla locuzione “sempreché” sia quella di consentire la partecipazione in forma aggregata di professionisti (società, raggruppamenti ecc.), purché tali aggregazioni abbiano la disponibilità completa ed esclusiva delle prestazioni di tali professionisti e, a tal fine, la lettera di invito si spinge fino ad identificare il tipo di rapporto sulla base del quale il professionista deve essere legato alla struttura associativa con la quale prende parte alla selezione.
Sennonché, tale specifica designazione del tipo di rapporto che deve sussistere tra la struttura associativa e il professionista non è neutra, ma deve ritenersi che l’Amministrazione abbia inteso assicurarsi che i professionisti in questione fossero a diretta disposizione dell’operatore partecipante, in modo tale che - in sede di esecuzione dell’appalto i professionisti reclutati, soprattutto nei casi in cui l’Amministrazione non si trovi in un diretto rapporto con essi ma con una società, come nel caso di specie - avessero una collaborazione più intensa con l’operatore economico aggiudicatario.
Tale rapporto è identificato in una delle tre categorie menzionate dal punto 5.1 della lettera di invito, sul presupposto implicito che un rapporto di lavoro alle dipendenze della società assicuri la sussistenza di un vincolo forte che conferisca alla società un effettivo potere di pretendere l’esecuzione delle prestazioni oggetto di appalto; analogamente deve ritenersi sussistente una forte cointeressenza alla corretta esecuzione dell’appalto conseguito da parte dei soci, ovvero in misura ancora maggiore, del titolare della società partecipante.
Ne consegue che la previsione della lettera di invito trova la propria ratio in un obiettivo interesse dell’Amministrazione che non può essere obliterato in sede applicativa, ravvisando nella fattispecie una presunta equivalenza tra il contratto di prestazione d’opera professionale stipulato e un rapporto di lavoro di dipendenza”.
DIFFERENZA STRUTTURALE FRA LE DUE FIGURE. Le due figure, osservano i giudici amministrativi del Molise, “si distinguono nettamente atteso che l’articolo 2094 del codice civile definisce prestatore di lavoro subordinato chi "si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro, intellettuale o manuale, alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore". Nel rapporto di lavoro subordinato, l'intensità di questo vincolo è particolarmente forte, tanto da caratterizzarsi per la continuità con la quale il lavoratore mette a disposizione del datore di lavoro le sue energie e le sue capacità, inserendosi all'interno dell'organizzazione produttiva.
Diversamente, l'articolo 2222 c.c., sotto la rubrica contratto d'opera, sancisce che "quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, si applicano le norme di questo capo, salvo che il rapporto abbia una disciplina particolare nel libro IV".
E’ evidente la differenza strutturale fra le due figure che non è solo teorica ma anche pratica e che si riflette sull’intensità del potere del creditore di pretendere l’esecuzione della prestazione dal professionista, tenuto conto che la violazione degli obblighi sanciti nel contratto d’opera professionale conduce ad una responsabilità da inadempimento, mentre la violazione delle direttive del datore di lavoro da parte del dipendente può condurre, a certe condizioni, alla stessa risoluzione del rapporto di lavoro con conseguenze ben più gravi sul professionista in quanto incidenti sulla sua stessa condizione lavorativa, con un conseguente maggior incentivo alla corretta esecuzione della prestazione dell’appalto.
Né il vincolo di esclusiva potrebbe consentire un’effettiva assimilazione tra il contratto in questione e il rapporto di lavoro subordinato, peraltro nemmeno sancito in modo chiaro e univoco nel contratto d’opera professionale depositato dalla controinteressata, atteso che l’esclusiva non può che riferirsi al solo periodo di esecuzione dell’appalto con la conseguenza che il professionista non “avvertirà” il medesimo vincolo del dipendente ad eseguire la prestazione, come invece intendeva l’Amministrazione nell’introdurre la previsione statutaria in questione”.