In materia di esclusione dalla gara di un’impresa per sua grave negligenza o malafede nell’esecuzione di precedenti appalti, l'art. 38, comma 1, lett. f), del Codice Appalti (D.Lgs. n. 163/2006) deve essere interpretato in modo coerente con le indicazioni desumibili dall'art. 45, par. 2, lett. d), della Direttiva 31 marzo 2004 n. 2004/18/CE, che consente l'esclusione di ogni operatore economico "che, nell'esercizio della propria attività professionale, abbia commesso un errore grave, accertato con qualsiasi mezzo di prova dall'amministrazione aggiudicatrice".
Poiché tale formula corrisponde a quella della seconda parte del citato art. 38, comma 1, lett. f) del Codice Appalti, deve ritenersi che in via generale la normativa comunitaria consenta di qualificare come ostativo qualsiasi episodio di errore che caratterizzi la storia professionale degli aspiranti concorrenti, purché sia abbastanza grave da metterne in dubbio l'affidabilità. La norma nazionale vigente riproduce quella comunitaria e di conseguenza rende rilevanti tutti gli errori professionali commessi.
Lo ha affermato la quinta sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 5299/2015 depositata il 20 novembre.
NESSUNA VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI LIBERTÀ DI INIZIATIVA ECONOMICA. Secondo Palazzo Spada “può ritenersi che la valutazione che l’art. 38, comma 1, lettera f) del d. lgs. n. 163 del 2006 rimette alla stazione appaltante non sia comunque idonea a violare il principio di libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41 della Costituzione perché:
a) è volta ad incidere su un rapporto contrattuale in fieri e non produce quindi alcun effetto sul rapporto iure privatorum a suo tempo intercorso tra la s.a. e l’appaltatore, in quanto trattasi di valutazione discrezionale rimessa alla P.A. da svolgere nella fase anteriore alla stipula di un nuovo e diverso contratto, tesa a tutelare l’esigenza costituzionalmente prevista di tutela del buon andamento dell’azione amministrativa, da contemperare con quella di libertà di iniziativa economica;
b) incentra il compito demandato alla stazione appaltante nella valutazione "della grave negligenza o mala fede nell'esecuzione delle prestazioni affidate" da parte dell'impresa partecipante alla procedura di gara, che rimanda allo scrutinio, sotto il profilo oggettivo o soggettivo, del comportamento tenuto dall'impresa nel corso dell'esecuzione del rapporto contrattuale, prescindendo del tutto dalla valutazione dell’inadempimento o inesattezza della prestazione ex art. 1218 c.c. (Consiglio di Stato, sez. V, 28 settembre 2015, n. 4512) riservata al diritto comune”.