Con la sentenza n. 1890/2016 depositata il 12 maggio, il Consiglio di Stato (sezione quinta) ha ribadito che “i principi di massima concorrenzialità e par condicio vigenti in materia di appalti pubblici impediscono in linea di principio alle stazioni appaltanti di introdurre tra i criteri di valutazione delle offerte elementi attinenti alla capacità tecnica dell’impresa, come appunto le certificazioni di qualità aziendale”.
DEROGHE. Alcune aperture giurisprudenziali, tuttavia, sono volte a introdurre deroghe a tale principio, “ogniqualvolta attraverso questa commistione – spiega Palazzo Spada - l’amministrazione abbia inteso valorizzare ai fini della valutazione delle offerta non già i requisiti soggettivi in sé intesi bensì quei profili soggettivi diretti a riflettersi in modo specifico sullo svolgimento dell’appalto”.
Le aperture giurisprudenziali nel senso di ammettere deroghe al divieto di commistione “hanno nondimeno posto in rilievo la necessità che il punteggio attribuibile alle offerte per elementi di carattere soggettivo non incida in maniera rilevante su quello complessivo”.