Nel Bollettino n. 44 del 12 dicembre 2016 (IN ALLEGATO), l'Antitrust ha pubblicato una sua segnalazione del 27 ottobre scorso alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli Affari Regionali, avente ad oggetto la legge della Provincia di Bolzano n. 16/2015 e la legge della Provincia di Trento n. 2/2016, in risposta alla richiesta di parere formulata dal citato Dipartimento per gli Affari regionali.
LEGGE N. 16/2015 DELLA PROVINCIA DI BOLZANO. “Con riferimento alla legge della Provincia di Bolzano n. 16/2015, l’Autorità, nel corso dell’adunanza del 27 gennaio 2016, ha sollevato tre diversi profili di contrasto con i principi a tutela della concorrenza, ed in particolare:
i) la possibile violazione degli orientamenti giurisprudenziali comunitari in materia di affidamento c.d. “in house” ascrivibile all’art. 54 della legge nella misura in cui la norma è stata ritenuta suscettibile di legittimare affidamenti diretti anche a società di cui l’affidante non è socio;
ii) il potenziale conflitto della disposizione contenuta nell’art. 5, comma 2, della legge con le prerogative attribuite all’ANAC, nella misura in cui tale norma attribuisce all’Agenzia provinciale di vigilanza in materia di contratti pubblici il potere di definire documentazione standard e, quindi, anche bandi-tipo, da utilizzare nelle diverse tipologie di gara;
iii) l’innalzamento dal 20% al 30% (previsto all’articolo 16, comma 10, della legge) della soglia comunitaria entro cui è consentito derogare al divieto di frazionare i lotti di un unico appalto per non applicare le procedure ad evidenza pubblica prescritte dalle Direttive 2014/24/UE e 2014/25/UE.
A tale proposito, con riferimento all’art. 54, la Provincia pare chiarire che la disposizione è intesa unicamente a facilitare la collaborazione tra gli ATO ed è basata sul presupposto che l’affidamento possa essere adottato a beneficio di una società interamente pubblica, già partecipata anche dall’Ente affidante e già affidataria di altri servizi. Con riferimento agli altri due rilievi formulati dall’Autorità, la Provincia ha proposto, da un lato, la modifica dell’art. 5, comma 2, aggiungendo un periodo che chiarisca che la documentazione standard è adottata “in coerenza con le linee guida dell’ANAC” e, dall’altro, il reinserimento, all’art. 16, comma 10, della soglia del 20% coerentemente con quanto previsto dalle Direttive comunitarie. Alla luce delle circostanze comunicate da codesto Dipartimento, pertanto, i profili di possibile contrasto con i principi a tutela della concorrenza possono considerarsi sostanzialmente superati.”
LEGGE N. 2/2016 DELLA PROVINCIA DI TRENTO. “Diversamente, con riferimento alla legge della Provincia di Trento n. 2/2016 permangono tutte le perplessità già evidenziate dall’Autorità nel parere deliberato nel corso dell’adunanza del 6 aprile 2016, dal momento che le modifiche proposte dalla Provincia non riguardano né l’art. 17 né l’art. 32 della medesima. Al riguardo, pertanto, giova ribadire le considerazioni già espresse con il precedente parere.
In particolare, l’art. 17, comma 5, lettera o), nel definire, a titolo esemplificativo, alcuni dei criteri qualitativi dell’offerta economicamente più vantaggiosa, conferisce autonomo risalto a quelli “attinenti alla territorialità o alla filiera corta, secondo quanto previsto dalla normativa provinciale vigente”. Posto che si tratta di uno soltanto dei numerosi criteri di cui le amministrazioni aggiudicatrici possono tenere conto nell’ambito della procedura di gara, è tuttavia evidente che, nella sua declinazione concreta e in assenza di ulteriori specificazioni regolamentari, tale criterio sia suscettibile di alterare la par condicio tra i potenziali partecipanti alle gare, conferendo un ingiustificato vantaggio alle imprese stabilite nella Provincia di Trento o che utilizzano input legati al territorio della Provincia. La previsione, dunque, è suscettibile di violare i principi a tutela della concorrenza oltre che le norme sul rispetto dei livelli minimi di regolazione, non trovando alcun riferimento nella Direttiva 2014/24/UE ed anzi, contraddicendone uno dei principi cardine.
Considerazioni in parte analoghe possono essere svolte con riferimento all’art. 32 della legge che impone, relativamente agli affidamenti eseguiti sul territorio provinciale, il rispetto delle previsioni economico-normative previste dai CCNL di riferimento e “dall’eventuale contratto integrativo provinciale. […] Il contratto di riferimento è individuato dalla Giunta provinciale tra i contratti collettivi nazionali e rispettivi accordi integrativi territoriali stipulati a livello nazionale e applicati in via prevalente sul territorio nazionale”. L’obiettivo principale del legislatore provinciale, in coerenza con i principi delle Direttive, è quello di favorire forme di protezione dei lavoratori, disciplinando un probabile requisito di ammissione alle procedure di gara. Impregiudicato l’obiettivo della tutela dei lavoratori, l’Autorità ha tuttavia evidenziato più di una volta le possibili distorsioni ricollegabili ai casi in cui il legislatore imponga formule di protezione sociale calibrate su un determinato tipo di CCNL e/o su un determinato contratto integrativo. Tali previsioni sono suscettibili, infatti, di ridurre la concorrenza, costituendo una barriera all’entrata per i nuovi entranti soprattutto nei settori caratterizzati da una componente importante del costo del lavoro sul totale dei costi di produzione.
Nei limiti sopra esposti, pertanto, la legge provinciale in esame continua a presentare profili di contrasto con i principi a tutela della concorrenza.”