Tra le strategie di politica energetica delineate dal premier Mario Draghi nel corso della informativa alle Camere di martedì scorso vi è la possibilità di ottimizzare i flussi dei gasdotti non a pieno carico, in particolare il Trans Adriatic Pipeline (noto come Tap) che trasporta il gas dall’Azerbaijan.
Tra le ipotesi che circolano quella di anticipare la fase conclusiva di test prevista dalla procedura dalle autorità europee che prevede attualmente un flusso massimo di 10 miliardi di metri cubi l’anno di gas azero. L’auspicio del governo è che la procedura autorizzativa possa essere completata entro luglio così da poter spianare la strada al raddoppio del flusso fino a 20 miliardi di metri cubi.
Ed è del tutto evidente che l’ottimizzazione del flusso di gas naturale che proviene dall’Azerbaijan potrebbe contribuire ad attutire il calo dell’offerta, che complice anche l’aumento della domanda, sta facendo segnare al prezzo del gas naturale sulla borsa di Amsterdam record storici.
Sappiamo bene che la vera questione innescata dalla crisi ucraina è quella di riempire il più possibile le scorte in vista della prossima stagione invernale, per scongiurare ipotesi di razionamento tra l’altro già messe in conto dal governo. Ovviamente non basta il via autorizzativo, ma anche l’interesse del mercato che dovrebbe sottoscrivere nuovi contratti di fornitura con i produttori. Se nel breve periodo quindi ci si aspetta quanto meno di sfruttare appieno la capacità di 10 miliardi di metri cubi (oggi soddisfatta al 95%), nel medio termine si può ipotizzare, secondo quando afferma Luca Schieppati managing director di Tap, di raddoppiare la capacità entro un periodo non inferiore a 4 anni, ovvero a partire dal 2026.
Franco Metta