Nei giorni scorsi, correnti di aria gelida provenienti dall’Artico si sono spinte fino al sud degli Stati Uniti mettendo in ginocchio diversi stati per il ghiaccio e un conseguente blackout elettrico. È così riaffiorato lo scontro tra i sostenitori dell’energia green e quelli dei combustibili fossili sulle criticità che possono emergere nell'approvvigionamento energetico a causa dei cambiamenti climatici.
Uno degli stati colpiti, il Texas, negli ultimi anni è passato dall’essere tra i principali produttori di energie fossili a leader della transizione statunitense verso le energie rinnovabili ospitando sul suo territorio il sito eolico High Lonesome con una capacità di 500MW e l’impianto solare Roadrunner con capacità di 497 MW.
In questi giorni, insieme ad altri stati del sud, il Texas è sferzato da una corrente d’aria gelida proveniente dall’Artico che ha portato freddo e neve come mai prima negli stati del sud del Paese caratterizzati principalmente da un clima temperato. Proprio perché insolita, l’ondata di gelo ha causato numerosi disagi, tra i quali un pesante blackout che ha mandato in tilt la rete elettrica bloccando gli impianti di climatizzazione da essa alimentati con un bilancio complessivo di 20 morti.
Il governatore del Texas Greg Abbott ha puntato il dito contro energie rinnovabili, riportando in auge il dibattito presente ormai da anni in America sull’economia green e il Green New Deal. I generatori eolici sono tra i primi ad essersi fermati e a poco sono serviti i pannelli fotovoltaici ricoperti di neve, ha fatto notare Abbott.
Dall’inaugurazione, nel 1901, del primo pozzo petrolifero Spindeltop, la storia del Texas e il suo sviluppo sono rimasti legati a doppio filo con il mercato delle energie fossili. Oggi però il Texas si è imposto a capo di una rivoluzione green che parte dal 2009 con l’American Recovery and Reinvestment Act dell’ex presidente Obama. L’ARRA prevede un investimento di 80 miliardi di dollari per convertire al green l’economia degli Stati Uniti, responsabili della quota maggiore di emissioni di CO2 a livello globale. Si trova proprio in Texas il più grande sito di wind farm del pianeta, Roscoe, che produce 781,5 MW dei 10.085 MW prodotti a livello federale, e che rende il Texas il primo produttore di energia eolica del paese.
Blackout imputabile all’economia green?
I difensori della svolta green texana, come Daniel Cohan professore associato di ingegneria ambientale della Rice University e Emily Grubert docente di ingegneria civile al Georgia Institute of Technology, attribuiscono il blackout verificatosi nei giorni scorsi alle basse temperature insolite nel sud degli Stati Uniti; il gelo artico ha fatto impennare la domanda di gas per il riscaldamento e i gasdotti non progettati per le basse temperature hanno visto congelare il gas al loro interno mandando in tilt la rete statale. Quindi non si può attribuire la colpa del collasso energetico texano all’inefficienza delle energie rinnovabili.
Per contro i difensori dell’energia fossile, legati al partito repubblicano del presidente Greg Abbott hanno posto l’accento sull’inefficienza delle energie rinnovabili nel dare una risposta concreta all’approvvigionamento energetico in casi limite come quello affrontato dal Texas nei giorni scorsi, essi ritengono le energie fossili meno legate alle condizioni climatiche.
Il blackout texano non si può imputare solo alle rinnovabili che non rappresentano, tra l’altro, la principale fonte di energia del paese ma questa emergenza ha il merito rivolgere l’attenzione dell’economia green verso nuove soluzioni che vanno al di là dell’eolico e del fotovoltaico in modo da scongiurare in futuro problemi simili. Negli ultimi anni, infatti, la green economy aveva già posto la sua attenzione a nuove fonti rinnovabili in grado di generare energia dalla neve o dagli estuari dei fiumi.