Sulla Gazzetta ufficiale Serie Generale n.129 del 31 maggio è pubblicato il Decreto Semplificazioni – decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, recante “Governance del Piano nazionale di rilancio e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure”.
Questo DL – IN ALLEGATO – è entrato in vigore oggi 1 giugno 2021 e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.
IL COMMENTO DELL'OICE. “Bene snellimento per approvazioni e autorizzazioni, ma preoccupano l’abdicazione alla centralità del progetto esecutivo e la minore concorrenza”. E’ questo il primo sommario giudizio sul decreto?legge dell’Associazione delle società di ingegneria e architettura – Oice. Per il Presidente Gabriele Scicolone “ogni giudizio definitivo va rimandato alla lettura del testo ufficiale che uscirà in gazzetta ma, ad oggi, abbiamo apprezzato lo sforzo del Governo per strutturare meccanismi di governance efficaci e per trovare soluzioni equilibrate sui punti più delicati. Abbiamo notato un forte riferimento alle società “in house” come soggetti di supporto alle amministrazioni; a tale riguardo avremmo preferito un maggiore coraggio nel ricorso esplicito alle professionalità che il mercato mette a disposizione per coordinare interventi così numerosi, e in alcuni casi complessi. C’è qualche apertura, ma si poteva fare di più. Proporremo al Parlamento miglioramenti su questo aspetto affinché le migliori strutture di project management possano supportare al meglio le stazioni appaltanti e mettere a disposizione il know how acquisito in Italia e all’estero.”
Sulle fasi approvative e sulle accelerazioni procedurali “il nostro primo giudizio ? continua Scicolone ? è molto positivo sia sui poteri sostitutivi e sulla nomina di commissari ad acta in caso di inerzia dei soggetti attuatori, sia sulla commissione Via per il Pnrr. Bene anche la proroga delle norme sui tempi di aggiudicazione delle gare, che forse potevano anche essere ulteriormente ridotti; va però fatta applicare con rigore applicando anche le sanzioni per chi non le rispetta e sui termini abbreviati. Da rivedere la norma sul comitato speciale del Consiglio Superiore.”
Sugli affidamenti l’OICE è invece più cauta e dubbiosa: “rimaniamo dell’idea ? afferma Scicolone ? che per velocizzare l’iter di realizzazione delle opere del Pnrr, ricorrere all’appalto integrato sulla base del progetto di fattibilità, non sia la strada giusta; abbiamo già detto due mesi fa che è un errore rinunciare alla centralità del progetto esecutivo, unico elemento in grado di assicurare qualità, contenimento di costi, di varianti e riserve. Già affidare un contratto su un progetto di fattibilità espone la committenza a rischi elevati; sarebbe poi folle chiedere i definitivi in gara. Si possono invece utilizzare altri strumenti che non consegnare “il boccino” alle imprese di costruzioni. Anche su questo faremo delle proposte.”
Infine, sugli affidamenti diretti l’OICE rimane perplessa: “Ci convince poco l’innalzamento della soglia da 75.000 a 139.000 sia per la riduzione della trasparenza e della concorrenza, visto che parliamo di una fascia di mercato che riguarda circa il 70% dei bandi emessi ogni mese, sia perché l’affidatario non è scelto sulla base di referenze specifiche. Capiamo tutte le esigenze, ma la qualità si misura sul mercato. Siamo convinti e ci auguriamo che in Parlamento si possa intervenire con qualche misura correttiva e ci auguriamo che si possa avviare un dialogo costruttivo con il Mims e con la cabina di regia.”
SUBAPPALTO, AIF: BISOGNA DIRE TUTTA LA VERITÀ. “Parlare di eliminazione dei limiti al subappalto senza parallelamente impegnarsi a riformare il sistema di qualificazione delle imprese equivale non solo a penalizzare (e condannare) le imprese che, con fatica e sacrifici, continuano ad investire per mantenere risorse ed organici, ma contribuirà a distruggere definitivamente un settore che per decenni è stato uno dei fiori all’occhiello del nostro Paese” è quanto afferma l’Ing. Antonio Arienti, Presidente AIF (Associazione Imprese Fondazioni consolidamenti indagini nel sottosuolo), in merito alla posizione delle imprese specialistiche (Cat SOA OS21) sulle recenti modifiche normative apportate dal DL Semplificazioni al subappalto e i suoi limiti.
“Leggendo le cronache di questi ultimi periodi, in particolare sui temi che riguardano l’enorme (quanto auspicabile) potenziale rappresentato dal “Recovery Fund” per la ripresa economica del Paese e del settore delle costruzioni, la questione del subappalto è tornata nuovamente centrale.
Chissà qual è il motivo, ma sta di fatto che ogni volta che il settore delle costruzioni tenta di inforcare i binari della ripartenza, tutto si concentra su poche ricette tra le quali la liberalizzazione del subappalto fa la parte del leone. Come se limitare al 40% la possibilità di far fare ad altri (subappaltare) una quota dei lavori acquisiti in gara (questo prevede tuttora il Codice degli Appalti) costituisse un “vulnus” insormontabile per vedere finalmente ripartire le opere pubbliche, gli investimenti ed i cantieri. Ed è bene sottolineare che tale limite incide solo sui lavori pubblici poiché, quando si tratta di investimenti privati, è certo che nessuna committente, dopo aver selezionato in fase di appalto il contrattista per capacità, esperienza e disponibilità di risorse, accetterebbe di far realizzare a soggetti diversi una quota così importante dei lavori. Figuriamoci se tale quota fosse addirittura superiore al 40% (come oggi qualcuno vorrebbe).
Siamo sicuri che il subappalto sia il reale freno per il rilancio del settore delle costruzioni?
A nessuno viene il dubbio che dietro a tali posizioni ci sia un problema più complesso?
Qualcuno in realtà lo ha capito. L’ANAC ad esempio, ma anche le rappresentanze sindacali che in questi giorni fanno sentire la loro voce per spiegare che la “sub-cessione” di un contratto (subappalto) dovrebbe rispondere alla logica di un “parziale supporto” per l’impresa appaltatrice, che dovrebbe essere già in grado ed organizzata per realizzare i lavori vinti con una gara di appalto.
Ed ecco, il problema è proprio qui. Ormai sono poche e sempre meno le imprese di costruzioni organizzate per realizzare direttamente i lavori. Al contrario, la maggioranza delle imprese sul mercato, senza la possibilità di subappaltare non sarebbe in grado di consegnare compiutamente un’opera finita.
È doveroso dire le cose come stanno. Occorre chiarezza.
L’ANCE, ovvero l’associazione che rappresenta le imprese di costruzioni, da diversi mesi presenzia i tavoli istituzionali definendo il subappalto come “l’organizzazione dei fattori della produzione”. Sarebbe allora interessante conoscere quale sia la definizione di “impresa di costruzioni”.
Il buon senso dice che una società per essere definita “impresa di costruzioni” dovrebbe almeno… costruire, e quindi è indispensabile che disponga oltre alla capacità e l’esperienza, anche delle risorse per poterlo fare, nel momento in cui partecipa ad una gara d’appalto.
Ed ecco il secondo problema. La mancanza in fase di gara di una adeguata verifica dei requisiti e delle risorse per poter realmente realizzare un’opera (è noto che la certificazione SOA non faccia questo), ha comportato nel tempo, negli ultimi anni, che le imprese di costruzione abbiano rinunciato a mantenere onerosi investimenti in risorse (personale e mezzi), preferendo far subentrare nei propri cantieri i subappaltatori per realizzare quote di contratto sempre più vicine al 100%. E in tutto questo è facile comprendere quale agio abbiano potuto trovare gli interessi malavitosi. Da qui nasce la “distorta” equazione: subappalto = infiltrazione mafiosa.
Questa è la realtà, ed occorre il coraggio di ammetterlo.
Quindi il vero motivo per cui alcune categorie, alcuni portatori di interessi si concentrano sui limiti del subappalto, è proprio che in assenza della possibilità di subappaltare, svariati operatori economici non sarebbero, anzi non sono, in grado di realizzare i lavori per cui vengono regolarmente chiamati.
Il vero problema quindi, questo sì, non è limitare o liberalizzare il subappalto, ma ripartire da una sana, reale ed oggettiva verifica dei requisiti delle imprese. Se ciò avvenisse, il subappalto potrebbe anche essere ammesso (per assurdo) al 100%.
È auspicabile che gli organi di informazione facciano la loro parte in questo momento, evitando di dar voce a posizioni evidentemente strumentali, che fanno leva ad esempio sulla bocciatura dell’Europa nei confronti dei limiti al subappalto che il Codice italiano aveva introdotto con finalità ben precise.
Le Direttive comunitarie sono contrarie a tali limiti per non limitare la concorrenza e la possibilità di accesso al mercato da parte delle PMI. Concetti sacrosanti nel momento in cui, come si diceva, gli operatori economici che intendono affacciarsi agli appalti pubblici hanno effettivamente dimostrato di poterlo fare. In Italia al momento questo non avviene e per questo motivo, l’apertura indiscriminata alla possibilità di subappalto continuerebbe a “destrutturare” il tessuto industriale del settore delle costruzioni (già ai limiti della vaporizzazione). Da diversi anni proprio i dati dell’ANCE indicano che il numero medio degli addetti delle imprese iscritte è ben sotto alle 5 unità.
Parlare di eliminazione dei limiti al subappalto senza parallelamente impegnarsi a riformare il sistema di qualificazione delle imprese equivale non solo a penalizzare (e condannare) le imprese che, con fatica e sacrifici, continuano ad investire per mantenere risorse ed organici, ma contribuirà a distruggere definitivamente un settore che per decenni è stato uno dei fiori all’occhiello del nostro Paese”.
Leggi anche: “Decreto Semplificazioni: le novità su subappalto, appalto integrato, trasparenza e pubblicità degli appalti”