Sentenze

I grandi impianti fotovoltaici scontano l'imposta di registro: sentenza della Cassazione

Le grandi centrali fotovoltaiche vanno classificate beni immobili in quanto l’eventuale precarietà dell’elemento materiale dell’ancoraggio al suolo è compensata da considerazioni attinenti al profilo strettamente funzionale

mercoledì 22 maggio 2024 - Alessandro Giraudi

fotovoltaico

“Gli impianti fotovoltaici di grande potenza (parchi fotovoltaici) realizzati allo scopo di produrre energia da immettere nella rete elettrica nazionale per la vendita vanno considerati a tutti gli effetti, ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, quali beni immobili in quanto la connessione strutturale e funzionale tra il terreno e gli impianti è tale da poterli ritenere sostanzialmente inscindibili, a nulla rilevando che astrattamente sono rimovibili ed installabili in altro luogo”.

È il principio di diritto, in relazione alla normativa vigente ratione temporis, affermato dalla Corte di cassazione (Civile Sez. 5) nella sentenza n. 6840/2024 pubblicata il 14 marzo.

Nel caso in esame si trattava di un impianto costituito da 4.544 moduli installati su due lotti di terreno adiacenti estesi 18.500 mq. e 20.000 mq. Oltre ad essere di grandi dimensioni, l'impianto fotovoltaico in questione era imbullonato al suolo ed ancorato in una struttura di sostegno, sì da costituire parte integrante del terreno cui accedeva.

Le grandi centrali fotovoltaiche vanno classificate beni immobili

“Sulla base dei criteri ermeneutici emersi in ambito dottrinale e giurisprudenziale in ordine alla distinzione tra beni mobili e immobili ai sensi dell’art. 812 cod. civ., appare corretto classificare le centrali fotovoltaiche di grandi dimensioni (quale quella in esame) nella categoria dei beni immobili in quanto l’eventuale precarietà dell’elemento materiale dell’ancoraggio al suolo è compensata da considerazioni attinenti al profilo strettamente funzionale”, afferma la suprema Corte.

“La messa in opera di un impianto di apprezzabili dimensioni, ivi compresa l’integrazione tra i diversi elementi e il loro allacciamento alla rete elettrica nazionale, lascia, infatti, presupporre un collegamento con il luogo in cui lo stesso è impiantato funzionale ad una duratura utilizzazione del bene in quel determinato posto mentre la precarietà dell’ancoraggio al suolo e l’esportabilità non può in alcun modo comportare un’alterazione dell’originaria funzionalità”.

In particolare, aggiunge la Cassazione, “ferma restando la qualificabilità in termini immobiliari della struttura di sostegno (trattandosi di un manufatto che, anche a non volerlo far rientrare nell’ambito delle “altre costruzioni”, rientra senz’altro nel novero di “tutto ciò che […] artificialmente è incorporato al suolo”), è stato osservato condivisibilmente in dottrina che in simili ipotesi anche il singolo pannello fotovoltaico, dopo essere stato imbullonato o incastrato nella struttura di sostegno, “assume senza dubbio una natura immobiliare per essere parte componente di un bene immobile, tanto quanto le turbine della centrale elettrica (così come divengono parte di un edificio gli infissi destinati a servire da porte e finestre: pur essi erano mobili prima di essere montati)”.

Ciò che rileva è la funzione di un dato bene in un dato contesto spaziale

“Pur non perdendo il pannello “immobilizzato” la propria identità reale (nel senso che, rispetto all’immobile cui è unito, rimane un’entità oggettivamente distinta), la sua condizione di connessione funzionale con il suolo, conseguente al suo ancoraggio alla struttura di sostegno nell’ambito di un parco fotovoltaico, ne modifica la considerazione giuridica. Né rileva ad escludere l’immobilizzazione la sua reversibilità, legata all’agevole spostamento o rimozione dei moduli fotovoltaici”.

Ciò che rileva, infatti, “è la funzione di un dato bene in quanto collocato in un dato contesto spaziale (e cioè in connessione con il suolo)”.

“Trattandosi a tutti gli effetti di una centrale elettrica, pertinente alla tematica in oggetto è il consolidato indirizzo interpretativo di legittimità che si è formato in materia di rendita catastale delle centrali elettriche, indirizzo che, richiamando analoghi principi già affermati con riguardo alle centrali idroelettriche e alle relative turbine (nei termini di cui alla sentenza depositata dalla Corte Costituzionale il 20 maggio 2008, n. 162), ha dato rilevanza, ai fini della rendita, alla connessione strutturale e funzionale intercorrente tra parte immobiliare e parte impiantistica, come desumibile anche dall'art. 1-quinquies del 31 marzo 2005, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 maggio 2005, n. 88, così da includere nel calcolo della rendita anche gli impianti ed i macchinari che, per quanto in sé amovibili, risultino tuttavia strutturalmente e funzionalmente connessi con la centrale al punto da caratterizzarne ed attuarne in maniera essenziale la destinazione produttiva”, conclude la Cassazione.

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