Il Consiglio dei ministri del 23 dicembre ha impugnato l’articolo 1, comma 2, lettera b) della legge della Regione Abruzzo n. 36/2015, recante “Disposizioni in materia di acque e di autorizzazione provvisoria degli scarichi relativi ad impianti di depurazione delle acque reflue urbane in attuazione dell’art. 124, comma 6, del decreto legislativo 152/2006 e modifica alla L.R. 5/2015”.
La disposizione regionale impugnata dinanzi alla Corte costituzionale definisce la “potenza elettrica efficiente” come “la massima potenza elettrica con riferimento alla potenza attiva comunque realizzabile dall’impianto durante un intervallo di tempo di funzionamento pari a 4 ore supponendo le parti dell’impianto in funzione di piena efficienza e nelle condizioni ottimali di portata e salto”. Sulla base di questa nozione si calcola l’entità del canone idroelettrico (valore unitario euro 35), e si introduce la sanzione pecuniaria nel caso in cui il concessionario non comunichi all’autorità regionale competente il dato relativo a detta potenza.
ALTERATA LA CONCORRENZA. Secondo il Governo la norma ha l’effetto di “alterare le condizioni concorrenziali sul territorio nazionale, discriminando gli operatori idroelettrici insediati in Abruzzo e quindi violando l’articolo 117, comma 2, lettera e) della Costituzione”.
Nelle motivazioni dell'impugnativa viene anzitutto premesso che “l’esigenza di tutela della concorrenza in materia di determinazione dei canoni idroelettrici è stata affermata dal legislatore nazionale con l’art. 37 del d.l. n. 83/2012 che, come affermato dalla Corte Costituzionale nella pronuncia n. 28/2014, mira ad agevolare l’accesso degli operatori economici al mercato dell’energia secondo condizioni uniformi sul territorio nazionale. Il suddetto articolo 37, proprio al fine di assicurare un’omogenea disciplina sul territorio nazionale dell’attività di generazione idroelettrica e parità di trattamento tra gli operatori, prevede, al comma 7, che con decreto del Ministro per lo sviluppo economico, sentita la Conferenza Stato-Regioni, siano stabiliti i criteri generali per la determinazione da parte delle regioni, di valori massimi delle concessioni ad uso idroelettrico. Tale norma, dunque, demanda alla legislazione regionale di dettagli la fissazione dei canoni di concessione, all’interno di valori massimi stabiliti dallo Stato. Al momento dell’entrata in vigore della disposizione impugnata, sono ancora in corso i lavori per l’elaborazione di detto decreto ministeriale”.
PENALIZZATE LE IMPRESE CHE OPERANO IN ABRUZZO. Venendo al merito della questione, il Governo rileva che “tutte le Regioni adottano canoni parametrati alla potenza nominale media di concessione, con valori oscillanti tra i 13 e i 37 euro/kW (segnatamente: Veneto 29,68 euro/kW; Sardegna, 14,35 euro/kW; Lombardia 31,09 euro/kW; Basilicata 13,85 euro/kW; Campania 13,89 euro/kW; Campania 13,89 euro/kW; Calabria 14,05 euro/kW; Molise 37, 91 euro/kW; Sicilia 14,46 euro/kW; Toscana 15,26 euro/kW; Emilia Romagna 14,3 euro/kW; Piemonte 28,24 euro/kW). La definizione di potenza efficiente contenuta nella disposizione censurata prevede invece una diversa grandezza di riferimento a cui applicare il canone.
In particolare, mentre la potenza nominale media di concessione rappresenta il valore medio annuo della risorsa sfruttabile durante l’anno, la definizione di “potenza efficiente” introdotta dalla regione Abruzzo identifica i dati di targa del macchinario installato e può discostarsi di molto dal valore della potenza nominale di concessione. Ciò vale specialmente per gli impianti dotati di lago o bacino di accumulo dell’acqua, che utilizzano grandi quantità d’acqua in periodi limitati dell’anno e che hanno, dunque, necessità di macchinari con una potenza efficiente molto maggiore di quella media annua di concessione. Ad esempio: un impianto a bacino di grandi dimensioni con potenza media di concessione pari a 50 MW, avrà tipicamente una potenza efficiente – secondo la definizione introdotta dalla disposizione censurata – di circa 150 MW (potenza efficiente pari a 3 volte circa quella di concessione)”.
Quindi, osserva il Governo, “L’incidenza economica della disposizione sulle imprese ubicate in Abruzzo è conseguente: fermo restando il parametro di euro 36 per kW, l’applicazione dello stesso a una grandezza sino a 3 volte maggiore (di quella media di concessione) comporta che l’importo dei canoni possa arrivare ad essere triplicato.
Per apprezzare come a tale aumento del canone, introdotto in via diretta dalla legge regionale in esame, consegua una sperequazione fra le imprese ubicate in Abruzzo e quelle ubicate in altre Regioni, è necessario considerare – nota il CdM - il prezzo di vendita del bene prodotto, cioè dell’energia elettrica. Restando all’esempio del grande impianto di bacino, il canone, calcolato in base alla legge in esame, può arrivare a pesare sino a 21 euro per ogni MWh prodotto, mentre sarebbe di 7 euro per MWh, se calcolato sulla base della potenza media di concessione. Tale grandezza va confrontata con l’attuale prezzo di mercato dell’energia elettrica per impianti a bacino, che può oscillare tra 50-90 euro per MWh”. Di conseguenza “gli importi del canone possono arrivare ad essere pari a un terzo del prezzo di vendita dell’energia”.
Per il Governo, in conclusione, “la disposizione incide fortemente sulla capacità di operare in pari condizioni sul mercato unico dell’energia elettrica, perché le imprese operanti in Abruzzo, gravate di un canone pari a 21 euro per MWh, andrebbero a competere con analoghi impianti che avendo, invece, un canone molto più basso (oscillante tra i 4 e i 7 MWh) sono in grado di offrire sul mercato dell’energia prezzi più bassi di quelli degli impianti abruzzesi”.