La quarta sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza n.5277/2018 pubblicata il 7 settembre, ha precisato che l’annullamento d'ufficio di un titolo edilizio, successivamente valutato come illegittimo, è possibile anche ad una distanza temporale considerevole dal titolo medesimo, ma deve essere adeguatamente motivato in relazione alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale, tenuto anche conto degli interessi dei privati coinvolti.
L’annullamento d’ufficio di un titolo edilizio è illegittimo se il Comune non ha dedicato alcun passaggio motivazionale alla possibilità, non implausibile, di annullare soltanto parzialmente i titoli edilizi rilasciati al fine di contemperare le contrapposte esigenze recando il minore sacrificio possibile alla posizione giuridica del privato.
Palazzo Spada ricorda che presupposti dell'esercizio del potere di annullamento d'ufficio dei titoli edilizi sono costituiti dall'originaria illegittimità del provvedimento, dall'interesse pubblico concreto ed attuale alla sua rimozione (diverso dal mero ripristino della legalità violata), tenuto conto anche delle posizioni giuridiche soggettive consolidate in capo ai destinatari. L'esercizio del potere di autotutela è dunque espressione di una rilevante discrezionalità che non esime, tuttavia, l'Amministrazione dal dare conto, sia pure sinteticamente, della sussistenza dei menzionati presupposti e l'ambito di motivazione esigibile è integrato dall'allegazione del vizio che inficia il titolo edilizio, dovendosi tenere conto, per il resto, del particolare atteggiarsi dell'interesse pubblico in materia di tutela del territorio e dei valori che su di esso insistono, che possono indubbiamente essere prevalenti, se spiegati, rispetto a quelli contrapposti dei privati, nonché dall'eventuale negligenza o malafede del privato che ha indotto in errore l'Amministrazione.