“È arrivato il momento di chiedersi quale futuro c’è per gli ordini professionali. Il modello ordinistico senza dubbio offre garanzie importanti. La riforma del 2011-12 ci ha dato compiti senza eguali al mondo: obblighi di formazione e molte altre cose che impegnano gli ordini ad essere più efficienti e più culturalmente avanzati. Tuttavia, persistono problemi quali la scarsa attenzione dei giovani nei confronti degli ordini. Per questo motivo abbiamo deciso di dedicare il prossimo Congresso degli ingegneri italiani a questi temi. Questo precongresso è un momento di conoscenza della categoria e di verifica dell’attività. E’ un elemento importante che sviluppa la democrazia e la partecipazione. Occorre mettersi insieme per capire come possiamo organizzarci e rinnovarci. Il rapporto base-vertice non può essere estemporaneo”.
Con queste parole il Presidente del Consiglio Nazionale Ingegneri, Armando Zambrano, ha aperto i lavori precongressuali del CNI che si sono svolti lo scorso venerdì a Roma. L’evento, intitolato “Verso il Congresso Nazionale 2018” è stato organizzato attraverso l’ormai tradizionale metodo dell’OST (Open Space Technology). I rappresentanti degli Ordini territoriali, delle Federazioni e delle Consulte sono stati divisi in diversi gruppi di lavoro che hanno alimentato altrettanti tavoli di discussione:
- La nuova visione del sistema ordinistico
- La sfida della rappresentanza
- Formazione e certificazione per la competitività
- Un piano strategico per gli investimenti: ingegneria leva della modernizzazione del Paese
- Organizzare il lavoro in rete: utopia o realtà possibile?
“Questo appuntamento ormai è un’abitudine – ha commentato Gianni Massa, Vice Presidente Vicario CNI -. Qui costruiamo insieme i temi del Congresso. Il metodo OST ci ha consentito di costruire idee e proposte che sono arrivate sul tavolo del Congresso. Quest’anno il tema è delicato: il ruolo della rappresentanza. L’ingegneria connette più discipline e consente all’uomo di percorrere la strada che va dal concetto fino alla realizzazione. Noi viviamo in un mondo in cui la rappresentanza è ancora spostata verso l’ingegneria civile. Siamo abituati a pensare che essere tanti significa contare, ma se non costruiamo proposte per il Paese non ha peso la quantità. Dobbiamo rispondere a queste domande: perché rappresentiamo e chi rappresentiamo? Non servono discorsi generalisti, ma va trovato il filo tra la visione e le azioni piccole, quotidiane”.