La CGIA segnala che, secondo i dati del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT), il deficit di competitività del nostro sistema logistico-infrastrutturale ci costa 40 miliardi di euro all’anno.
A detta della SACE (gruppo Cassa Depositi e Prestiti), questo gap con gli altri competitori europei ci fa perdere 70 miliardi di euro di export ogni anno. Importi, ovviamente, che non si possono sommare, ma che danno la dimensione dell’arretratezza delle grandi reti di trasporto e di logistica presenti nel nostro Paese.
Lacune – segnala il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo - che anche la Commissione Europea ha avuto modo di ribadire proprio in questi giorni. Il nostro Paese, infatti, necessita di una qualità delle infrastrutture di trasporto più elevata degli altri, dal momento che nel 2017 gli italiani hanno trascorso mediamente 38 ore in situazioni di congestionamento, rispetto a una media europea di 30 ore.
Oltre ai dati appena richiamati, anche il sentiment dei grandi manager conferma lo stato di arretratezza logistica del nostro Paese.
Dall’elaborazione dell’Ufficio studi della CGIA su dati del World Economic Forum (WEF), tra i 10 più importanti Paesi europei presi in esame, l’Italia si colloca sempre all’ultimo posto per qualità/efficienza del sistema infrastrutturale. In particolare per
- qualità delle strade;
- efficienza dei servizi ferroviari;
- efficienza dei servizi portuali;
- copertura della linea internet veloce (fonte: Commissione europea).
Rispetto alla Germania, che è il nostro principale competitor in campo economico, l’Italia sconta un gap
- del 24 per cento per la qualità delle strade;
- del 40 per cento per l’efficienza dei servizi ferroviari;
- del 18 per cento per l’efficienza dei servizi portuali;
- del 199 per cento per la copertura della linea internet ultraveloce.
Sebbene i numeri non ci siano favorevoli – dichiara il segretario Renato Mason - anche l’Italia può comunque contare, nel campo logistico, su molte punte di eccellenza. Ovviamente, il risultato medio nazionale è insufficiente e continuiamo ad essere un Paese che ha bisogno come il pane di completare sia le grandi opere sia quelle di dimensione inferiore.
La CGIA, infatti, tiene a precisare che oltre alla realizzazione delle grandi infrastrutture materiali e immateriali abbiamo altrettanto bisogno di compire moltissimi interventi “minori” che sono però indispensabili per la messa in sicurezza di tanti cittadini e di moltissime città e piccoli paesi. Si ricorda, infatti, che:
- l’88 per cento degli 8 mila Comuni italiani ha almeno un’area classificata a elevato rischio idrogeologico;
- il 40 per cento circa delle abitazioni di edilizia residenziale pubblica è ubicato in zone ad alto rischio sismico;
- su circa 6.000 opere censite (gallerie, ponti, viadotti, etc.) quasi 2.000 necessitano di interventi urgenti;
- il 38 per cento dell’acqua trasportata dal sistema idrico pubblico si perde per strada a causa dell’elevato livello di deterioramento della rete.
E a differenza di quanto sostengono in molti, la CGIA è convinta che la realizzazione delle grandi infrastrutture non escluda la messa in sicurezza del Paese e viceversa.