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Il Governo impugna il nuovo Piano casa della Liguria

Bocciate le norme che consentono interventi edilizi in aree tutelate senza prevedere il rispetto delle procedure previste dalla legge statale e dall’ordinamento comunitario e l’approvazione di varianti da parte della Regione senza le prescritte autorizzazioni paesaggistiche

venerdì 19 febbraio 2016 - Redazione Build News

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Il Consiglio dei ministri, riunitosi oggi 19 febbraio 2016, ha impugnato dinanzi alla Corte costituzionale il nuovo Piano casa della Liguria - Legge Regione Liguria n. 22 del 22 dicembre 2015 recante “Modifiche alla legge regionale 3 novembre 2009, n. 49 (Misure urgenti per il rilancio dell’attività edilizia e per la riqualificazione del patrimonio urbanistico – edilizio)”.

Il comunicato di Palazzo Chigi spiega come alcune disposizioni della Legge regionale n. 22/2015, “consentendo interventi edilizi in aree tutelate senza prevedere il necessario rispetto delle procedure previste dalla legge statale e dall’ordinamento comunitario, violano la competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente e di tutela del paesaggio, di cui all’articolo 117, primo e secondo comma, lett. s), della Costituzione”.

Inoltre “altre disposizioni, riguardanti l’approvazione di varianti da parte della Regione senza le prescritte autorizzazioni paesaggistiche, violano l’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, che riserva allo Stato la potestà legislativa in materia di tutela del paesaggio”.

IL GOVERNATORE TOTI E L'ASSESSORE SCAJOLA: I RILIEVI DEL GOVERNO RIGUARDANO PUNTI NON SOSTANZIALI DELLA LEGGE. “Il Governo parla di risolvere i problemi della disoccupazione e della stagnazione economica e poi quando le Regioni lavorano con buon senso, mette i bastoni tra le ruote agli amministratori locali. Proprio non sanno rinunciare a freni e burocrazia ed è per questo che l’Italia non riparte. In questi mesi la sinistra e i signori del no hanno strumentalizzato media e opinione pubblica cercando di impedire l’approvazione di un atto voluto dai liguri e utile al rilancio del lavoro e dell’economia del territorio. Pertanto non ci stupiscono e non ci preoccupano le rilevazioni del Governo che si riferiscono comunque ad aspetti non sostanziali della legge, ma a richieste di precisazioni di natura tecnica”. Così il governatore della Liguria Giovanni Toti commenta l'impugnativa. “L’impugnativa del Governo nei confronti del Piano Casa non ha comunque messo in discussione la legge nel suo complesso – aggiunge l’assessore regionale all’Urbanistica Marco Scajola – abbiamo lavorato per mesi, confrontandoci con il territorio e tutte le categorie, facendo un lavoro prezioso, finalizzato a rilanciare una Liguria in ginocchio e a dare speranza a tante famiglie. La demagogia e l’ostilità dei signori del no e della sinistra compatta non fermeranno la nostra volontà di cambiare la nostra regione e di farla uscire dall’immobilismo che l’ha caratterizzata negli ultimi 10 anni. Andremo avanti con senso di responsabilità e determinazione”.

CONFARTIGIANATO: L’IMPUGNATIVA NON BLOCCHI CICLO VIRTUOSO AVVIATO. “Abbiamo sempre sostenuto che il Piano Casa potesse rappresentare un intervento fondamentale in un’ottica di ripresa del settore e di ristrutturazione del patrimonio edilizio in Liguria che è tra i più vecchi d’Italia e non abbiamo cambiato idea. I primi dati positivi sulle pratiche avviate dai Comuni ci danno ragione e speriamo quindi che il conflitto istituzionale non danneggi le imprese e i cittadini liguri”, dichiarano Giancarlo Grasso e Paolo Figoli, presidenti regionali di Confartigianato e di Anaepa-Costruzioni.

LE MOTIVAZIONI DELL'IMPUGNAZIONE

L’articolo 6, comma 3, che modifica l’articolo 5, comma 3, l.r. n. 49/2009, dispone che «per gli edifici ricadenti nel territorio dei parchi si applica la disciplina relativa agli interventi di ampliamento e di mutamento di destinazione d'uso stabilita nei relativi piani, salva la facoltà di ogni Ente Parco di individuare con apposita deliberazione comportante variante al vigente piano del Parco le aree in cui sono applicabili le disposizioni degli articoli 3, 3-bis e 4, fermo restando il rilascio del prescritto nulla-osta da parte dell'Ente Parco per ogni singolo intervento, nonché le esclusioni di cui ai commi 1 e 2».

La disposizione attribuisce all’Ente Parco la facoltà di individuare, attraverso una apposita deliberazione, le aree del territorio del parco in cui è possibile effettuare interventi di ampliamento e di mutamento di destinazione d’uso. Detta deliberazione costituisce automaticamente«variante al piano del Parco». La norma si presenta incostituzionale sotto diversi profili.

In primo luogo, contrasta con l’articolo 12, commi 3 e 6, della legge n. 394/1991 (“Legge quadro sulle aree protette”) e quindi viola l’articolo 117, secondo comma, lett. s), Cost. La legge n. 394/1991 detta, in attuazione degli articoli 9 e 32 della Costituzione e nel rispetto degli accordi internazionali, i principi fondamentali per l'istituzione e la gestione delle aree naturali protette, al fine di garantire e di promuovere, in forma coordinata, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del paese.

La tutela dei valori naturali ed ambientali nonché storici, culturali, antropologici tradizionali nel territorio del Parco è affidata all'Ente parco ed è perseguita attraverso lo strumento del piano per il parco, il quale suddivide il territorio sulla base del grado di protezione.

La formulazione della disposizione censurata, nel prevedere che tale disciplina si applichi in modo generico ai “parchi”, includendo, quindi, anche i parchi nazionali (Parco nazionale delle Cinque Terre) opera in carenza di competenza, disciplinando la materia delle aree protette nazionali afferenti alla materia dell’ambiente, che l’articolo 117, comma 2, lett. s), Cost. riserva alla competenza esclusiva statale.

La disciplina regionale contrasta con alcune norme che la legge ha posto a presidio della tutela ambientale.

Ai sensi dell’articolo 12, comma 3, della legge 394 del 1991: «Il piano è predisposto dall'Ente parco entro diciotto mesi dalla costituzione dei suoi organi (…). La Comunità del parco partecipa alla definizione dei criteri riguardanti la predisposizione del piano del parco indicati dal consiglio direttivo del parco ed esprime il proprio parere sul piano stesso. Il piano, approvato dal consiglio direttivo, è adottato dalla regione entro novanta giorni dal suo inoltro da parte dell'Ente parco».

Il successivo comma 4, prevede, altresì, che il piano adottato è depositato per quaranta giorni presso le sedi dei comuni, delle comunità montane e delle regioni interessate e chiunque può prenderne visione ed estrarne copia. Entro i successivi quaranta giorni è possibile presentare osservazioni scritte, sulle quali l'Ente parco esprime il proprio parere entro trenta giorni. Entro centoventi giorni dal ricevimento di tale parere, la regione si pronuncia sulle osservazione presentate e, d'intesa con l'Ente parco, per quanto concerne le riserve integrali, riserve generali orientate e aree di protezione, e d'intesa, oltre che con l'Ente parco, anche con i comuni interessati per quanto concerne le aree di promozione economica e sociale, emana il provvedimento d'approvazione.

Ai sensi del comma 6 del medesimo articolo: «Il piano è modificato con la stessa procedura necessaria alla sua approvazione ed è aggiornato con identica modalità almeno ogni dieci anni.».

La disposizione regionale censurata nel prevedere che la deliberazione dell’Ente Parco comporti automaticamente una variante al piano del parco, deroga illegittimamente alla procedura prevista dalla normativa nazionale, la quale richiede che venga applicata, nel caso di modifiche al piano, la medesima procedura necessaria alla sua approvazione.

Nella parte in cui la medesima disposizione regionale si applica ai parchi regionali, si pone in contrasto, altresì con la disciplina dei parchi naturali regionali contenuta all’articolo 25, comma 2, legge n. 394/1991.

Il piano per il parco rappresenta lo strumento di attuazione delle finalità anche dei parchi naturali regionali. Ai sensi dell’articolo 22, comma 1, lett. b), della l. 394/1991, costituiscono principi fondamentali «la pubblicità degli atti relativi all'istituzione dell'area protetta e alla definizione del piano per il parco di cui all'articolo 25».

L’articolo 25, al comma 2, dispone che «il piano per il parco è adottato dall'organismo di gestione del parco ed è approvato dalla regione. (…)».

Pertanto, la regione non può prevedere modalità procedimentali che si discostino in peius dalle norme fondamentali della legislazione statale.

Alla luce del quadro normativo nazionale, dunque, anche il piano per il parco regionale deve essere adottato dall’Ente parco e approvato dalla regione. Nel caso di varianti, in considerazione di quanto previsto dall’articolo 22, troverà applicazione il citato articolo 12, comma 6 che richiede che venga applicata, nel caso di modifiche al piano, la medesima procedura necessaria alla sua approvazione.

Dal combinato disposto degli articoli sopra citati, deriva che la disposizione regionale censurata deroga illegittimamente alla procedura nazionale, violando l’articolo 117, comma 2, lett. s) Cost., in riferimento agli articoli 12, comma 6, 22, comma 1, lett. b), 25, comma 2 della legge 394/1991.

La disposizione censurata è costituzionalmente illegittima anche in riferimento all’articolo 117, comma 1, Cost., per violazione della Direttiva 2001/42/CE, concernente la valutazione ambientale strategica, nonché in riferimento all’articolo 117, comma 2, lett. s), Cost., per violazione degli articoli 5, comma 1, lett. l), e 6, d.lgs. n. 152/2006.

Secondo la Direttiva 2001/42/CE, concernente «la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente», sono sottoposti a valutazione ambientale strategica i piani ed i programmi che possono avere effetti significativi sull’ambiente (articolo 3, par. 1).

La valutazione ambientale strategica è volta ad integrare considerazioni di natura ambientale nell’ambito della elaborazione e adozione di strumenti di pianificazione e programmazione che possono avere effetti significativi sull’ambiente, con lo scopo di assicurare un elevato livello di protezione dell'ambiente e di promuovere lo sviluppo sostenibile (articolo 1, direttiva 2001/42/CE).

In adempimento agli obblighi europei, il nostro ordinamento ha previsto l’assoggettamento a VAS anche delle modifiche ai piani. Ai sensi dell’articolo 5, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 152/2006, per modifica si intende: «La variazione di un piano, programma, impianto o progetto approvato, compresi, nel caso degli impianti e dei progetti, le variazioni delle loro caratteristiche o del loro funzionamento, ovvero un loro potenziamento, che possano produrre effetti sull'ambiente».

L’articolo 6, d.lgs. 152/2006 prevede che tutti i piani e i programmi che possono avere impatti significativi sull'ambiente e sul patrimonio culturale sono assoggettati alla VAS, salvo le esclusioni previste dal comma 4 e 12 dello stesso articolo. In applicazione di queste norme la VAS è esclusa solo per particolari tipi di piani e programmi tassativamente elencati e solo per le varianti riguardanti singoli progetti.

Ne consegue che, la variante al piano del parco, ancorché già approvato, deve essere sottoposta a VAS nel caso in cui possa«produrre effetti sull'ambiente».

La automatica esclusione della variante al piano dalla disciplina della VAS, disposta dalla norma regionale impugnata, dunque, determina un palese vulnus alla tutela approntata dalle richiamate norme nazionali, in riferimento all’articolo 117, comma 1, Cost., per violazione della Direttiva 2001/42/CE, concernente la valutazione ambientale strategica, nonché in riferimento all’articolo 117, secondo comma, lett. s), Cost., per violazione degli articoli 5, comma 1, lett. l), e 6 del d.lgs. n. 152/2006.

Infine, la disposizione censurata presenta profili di incostituzionalità anche in riferimento all’articolo 117, comma 1, Cost., per violazione della direttiva 92/43/CEE concernente la valutazione d’incidenza; nonché in riferimento all’articolo 117, comma 2, lett. s), Cost., per violazione dell’articolo 6, comma 2, lett. b) del d.lgs. n. 152/2006 e dell’articolo 5, del D.P.R. n. 357/1997. L’art. 3, par. 2, lett. b) della Direttiva 42/2001/CE stabilisce che la VAS viene effettuata per tutti i piani e programmi «b) per i quali, in considerazione dei possibili effetti sui siti, si ritiene necessaria una valutazione ai sensi degli articoli 6 e 7 della direttiva 92/43/CEE».

L’articolo 6, paragrafo 3 della direttiva da ultimo citata, in riferimento alle zone speciali di conservazione della rete Natura 2000, prevede che «Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell'incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell'incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l'integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell'opinione pubblica».

Il d.p.r. 08/09/1997, n. 357, «Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche», dispone all’articolo 5, comma 2, che «i proponenti di piani territoriali, urbanistici e di settore, ivi compresi i piani agricoli e faunistico-venatori e le loro varianti, predispongono, secondo i contenuti di cui all'allegato G, uno studio per individuare e valutare gli effetti che il piano può avere sul sito, tenuto conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Gli atti di pianificazione territoriale da sottoporre alla valutazione di incidenza sono presentati, nel caso di piani di rilevanza nazionale, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e, nel caso di piani di rilevanza regionale, interregionale, provinciale e comunale, alle regioni e alle province autonome competente».

Si deve, infine, evidenziare che, ai sensi dell’articolo 6,comma 2, lett. b) del d.lgs. 152/2006 «in considerazione dei possibili impatti sulle finalità di conservazione dei siti designati come zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e quelli classificati come siti di importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatica, si ritiene necessaria una valutazione d'incidenza ai sensi dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni».

Pertanto, la disposizione regionale, nel prevedere che la deliberazione dell’Ente Parco comporti automaticamente una variante al piano del parco, contrasta con la normativa di riferimento, relativamente all’articolo 117, comma 1, Cost., per violazione della direttiva 92/43/CEE concernente la valutazione d’incidenza, nonché in riferimento all’articolo 117, comma 2, lett. s), Cost., per violazione dell’articolo 6, comma 2, lett. b), d.lgs. n. 152/2006 e dell’articolo 5, del D.P.R. n. 357/1997.

La disposizione contenuta all’Articolo 6, comma 3, è incostituzionale anche sotto un diverso profilo, in particolare in quanto risulta invasiva della potestà legislativa esclusiva statale in materia di tutela del paesaggio.

La norma censurata, infatti, dopo aver abrogato, al comma 1, la disposizione (art. 5, comma 1, lettera g, della legge regionale n. 49/2009) che prevedeva l’esclusione degli ampliamenti previsti dal piano casa del 2009 per gli interventi edilizi “ricadenti nel territorio del Parco nazionale delle Cinque Terre, del Parco regionale di Portofino, del Parco naturale regionale di Portovenere e del Parco naturale regionale di Montemarcello Magra”, stabilisce la possibilità di applicare le agevolazioni previste dalla legge anche nel territorio dei parchi, facendo salvo espressamente solo il rilascio del nulla osta da parte degli Enti Parco, senza fare menzione dell’autorizzazione paesaggistica prevista per i parchi – in quanto soggetti a vincolo paesaggistico ai sensi dell’art. 142, comma 1, lettera f), d.lgs. n. 42/2004 – dall’articolo 146, comma 1, d.lgs. n. 42/2004. Non prevedendo espressamente la necessità di ottenere l’autorizzazione paesaggistica per la realizzazione degli interventi edilizi in argomento, la disposizione regionale censurata contrasta le richiamate norme del Codice dei beni culturali e del paesaggio e quindi viola l’articolo 117, comma 2, lettera s) della Costituzione, invadendo la potestà legislativa esclusiva statale in materia di tutela del paesaggio.

L’Articolo 7, comma 6 (che modifica articolo 6, comma 4, ultimo periodo, l.r. n. 49/2009) e l’articolo 8, comma 4 (che modifica l’articolo 7, comma 4, l.r. n. 49/2009), nel prevedere che l’approvazione della variante da parte della Regione “è comprensiva del contestuale rilascio dell’autorizzazione paesaggistica regionale”, contrastano con i principi generali in tema di tipicità degli atti amministrativi (e, dunque, con l’art. 97 Cost.), poiché attribuiscono alla variante il potere di incidere sugli effetti e sull’ambito applicativo di un altro e diverso atto autorizzativo (l’autorizzazione paesaggistica), introducendo un atto (atipico) che appare del tutto estraneo al sistema del diritto amministrativo (gli atti di approvazione delle varianti sono atti a contenuto generale - attenendo a strumenti di pianificazione dei quali, dunque, condivide la natura giuridica - regolati da presupposti e procedure differenti).

Inoltre, le disposizioni censurate, introducendo una sorta di “nuova” e “atipica” figura di autorizzazione paesaggistica, non prevista dal Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al d.lgs. n. 42/2004, contrastano con la Parte III del suddetto Codice relativa ai beni paesaggistici e, in particolare, con l’art. 146, comma 4, che stabilisce che “L’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio”. Pertanto, violano l’art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione, che riserva allo Stato la potestà legislativa esclusiva in materia di tutela del paesaggio.

Le censure sopra riportate devono essere considerate anche alla luce della natura straordinaria del “piano casa”, infatti le norme regionali in esame, consentendo di realizzare interventi di ampliamento degli edifici esistenti in deroga agli strumenti urbanistici, “fino all’inserimento nel piano urbanistico comunale vigente o nel piano urbanistico comunale da adottare”, potrebbe porsi in contraddizione con il principio della vincolatività degli strumenti urbanistici (art. 4, l.n. 1150/1942), al quale è possibile derogare solo in via eccezionale e straordinaria nei limiti previsti dall’articolo 5, comma 9, del d.l. n. 70/2011. Anche laddove fosse fatta salva la necessità della preventiva autorizzazione paesaggistica per ciascun intervento progettato, dunque, l’estensione delle ulteriori agevolazioni previste dalla legge in esame senza limiti temporali alle aree naturali protette (sottoposte a vincolo paesaggistico ex lege), potrebbe determinare un abbassamento del livello di tutela del paesaggio, con la possibilità concreta di ulteriore edificazione in ambiti territoriali di pregio paesaggistico, tale da compromettere gravemente i valori paesaggistici protetti.

Per questi motivi le norme sopra indicate devono essere impugnate ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.

INTERPELLANZA ALLA CAMERA. Il 12 febbraio scorso è stata presentata alla Camera una interpellanza urgente al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell’ambiente e al Ministro dei beni culturali in merito agli intendimenti del Governo circa l'impugnazione del nuovo Piano casa della Liguria. Secondo gli interroganti il piano casa “andrebbe in conflitto con gli articoli 9 e 32 della Costituzione, che tutelano le aree naturali protette (mentre aumentando le aree edificabili metterebbe a rischio centinaia di persone che vivono in aree già fortemente segnate dal dissesto idrogeologico), con l’articolo 117, terzo comma, tra le altre cose disattendendo la normativa quadro dello Stato in materia di parchi naturali, con la Strategia «Europa 2020 » che pone obiettivi specifici nel campo dei cambiamenti climatici e della sostenibilità energetica e con la direttiva europea 2012/27/UE in materia di efficienza energetica in quanto nel piano non sono indicati una serie di obblighi a proposito di riduzione dei consumi energetici ed efficientamento dell’edilizia pubblica”.

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