Il mercato internazionale è “una grande opportunità per gli architetti italiani, che peraltro vantano ancora un’immagine molto positiva all’estero”. Lo evidenzia il rapporto del Cresme “La città del futuro. Roma 2030 l’architettura come risorsa”, presentato lo scorso 27 gennaio a un evento organizzato dall’Ordine degli architetti di Roma.
Il rapporto – IN ALLEGATO – riferisce tra l'altro che il picco del mercato della progettazione in Europa “si è toccato nel 2005 con quasi 300 miliardi di progettazione stimata; nel 2016 il mercato europeo è diminuito del 22,3%. Ma è evidente la polarizzazione che si è registrata tra i paesi che sono cresciuti e quelli in cui la crisi si è manifestata con più forza: in Spagna il mercato della progettazione è crollato dell’81%, in Irlanda del 68%, in Grecia del 65,7%, in Portogallo del 59%, in Italia del 43%”.
La crisi “ha interessato molti paesi dell’est. Ma in Germania il mercato della progettazione è salito a 35,7 miliardi di euro, con una crescita del 14,3% rispetto al 2005, nel Regno Unito la crescita è stata più contenuta, +4,4%, ma con un mercato pari al doppio di quello italiano. In Turchia il mercato della progettazione è cresciuto del 54,4%, in Russia del 26,8%, in Polonia del 75,8%, in Svezia del 47,2%. Occorre quindi scegliere bene e cogliere le onde della crescita”.
SERVE UNA POLITICA PER L’INTERNAZIONALIZZAZIONE DEGLI ARCHITETTI ITALIANI. Per quanto riguarda poi il mercato mondiale, i numeri sono “ben più importanti. Appare evidente – sottolinea il rapporto Cresme - che serve una politica per l’internazionalizzazione degli architetti italiani. Le dinamiche in atto del mercato italiano rendono difficile pensare che ci sia spazio come nel passato. Una delle soluzioni è quindi quella di sviluppare un’azione promozionale forte accompagnata da una nuova politica formativa che comprenda le lingue (quanto meno l’inglese) e nuovi saperi, dato che lo stesso mercato delle costruzioni si è profondamente configurato e vive un profondo processo di cambiamento”.
IL MERCATO EUROPEO. Il mercato europeo, che vale 1.400 miliardi di euro, è “uscito dalla fase recessiva iniziata nel 2007”, e “ha avviato una nuova fase ciclica di crescita, in tutti i paesi europei, compresi quelli del sud che hanno pagato lo scotto più grave della crisi. Il mercato europeo, a differenza di quello delle economie emergenti, è caratterizzato da una chiara partizione tra nuove costruzioni (698 miliardi di euro) e recupero, riqualificazione e manutenzione del patrimonio esistente (739). Il peso della riqualificazione del patrimonio esistente, che nel comparto residenziale tocca anche l’80% degli investimenti (come in Danimarca e in Italia) ha a che fare con la storia della produzione edilizia e con le città”.
Più del 40% degli edifici in Europa “è stato costruito prima del 1960, e ha oggi più di cinquant’anni. Nel Regno Unito oltre il 50% delle abitazioni è stato costruito prima del 1960. In Germania si spendono in un anno circa 160 miliardi di euro per la riqualificazione degli edifici esistenti. E il recupero – osserva il rapporto del Cresme - non può che crescere. Considerando che il tasso di nuova edificazione (nuovi edifici rispetto allo stock esistente) in Europa è oggi intorno allo 0,8-1% dello stock, in un’ipotesi di stabilità dell’attività edilizia (e facendo anche alcune assunzioni sul tasso di demolizione), da qui al 2050 oltre il 70-75% dello stock edilizio europeo sarà composto da edifici già oggi esistenti. Efficaci politiche di riqualificazione saranno quindi sempre più necessarie in futuro allo scopo di mantenere il patrimonio edilizio europeo in uno stato adeguato, e garantire il necessario ritmo di trasformazione dello stock in termini di performance energetiche e qualitative”.