Convegno 'Città donna. La città ricostruita al femminile'
Grazie all’incontro tra Arcvision Prize e WeWomenForExpo – ha spiegato Carlo Pesenti, Consigliere Delegato Italcementi –, la riflessione sul futuro dell’architettura sostenibile si intreccia ancora di più con la valorizzazione del ruolo della donna nella società e con il suo punto di vista sui necessari cambiamenti dei luoghi e dei tempi delle nostre vite. Da qui parte un’idea di rigenerazione urbana e sociale delle nostre città e dei nostri territori. Non solo le donne sanno dare sentimento e sensibilità all’architettura: la loro immaginazione ci aiuta a pensare e progettare città più vivibili, più attente ai bisogni della persona, in definitiva più umane.
Il convegno, moderato da Walter Mariotti, ha visto la partecipazione di Marta Dassù, Presidente Esecutivo WE Women for Expo. «Credo saranno sempre di più le donne che si occuperanno delle città – ha detto -. Una città sostenibile deve avere tempo e spazio per la vita di chi la abita. Le donne sono parte fondamentale del processo di innovazione».
Progetto RIFO
La Professoressa Emanuela Casti dell’Universitàdi Bergamo ha presentato il progetto RIFO, sviluppato insieme a Italcementi per ripensare le città partendo dalla rigenerazione urbana: riqualificare le città, in particolare le periferie, recuperando edifici obsoleti e aree dismesse. «Un nuovo sguardo e nuovo patto, che si pone come fine una migliore qualità del vivere e dell’abitare».L'esempio di Milano
La ridefinizione del ruolo e dell’identitàdi territori complessi come Milano, sono stati al centro dell’intervento di Ada Lucia De Cesaris, vicesindaco di Milano: «Lo sviluppo di una città prevede diverse tecniche, ma deve sicuramente partire dall’analisi delle esigenze del vivere e dell’abitare. Il valore aggiunto della visione femminile è la capacità di capire che la città non è una cosa astratta e che le scelte di noi amministratori incidono sulla vita delle persone».
Il contributo potenziale delle donne alla progettazione urbana
L’architetto Luisa Fontana, finalista della prima edizione di arcVision Prize Women and Architecture, ha sottolineato il contributo che le donne possono dare allo sviluppo delle città: «Noi dobbiamo trovare il coraggio di rivoluzionare i modelli. Oggi è più che mai necessario avere un approccio e una sensibilità diversi rispetto al mondo. Da progettista sento l’esigenza di partire dai bisogni veri, anche delle fasce deboli, in particolare quando si progettano spazi pubblici».
L’avvocato Claudia Parzani ha ampliato il dibattito alle distorsioni causate da un modello prevalentemente maschile nella progettazione delle città, che si traduce in un paesaggio urbano che marginalizza o non prende in giusta considerazione le esigenze di categorie diverse di cittadini: «A volte mi capita di chiudere gli occhi e chiedermi come vedo la città. Milano è una città “maschile”. Le donne non hanno ancora accesso a molte opportunità. Fortunatamente, le quote di genere hanno dato la possibilità alle donne di essere visibili, portando l’Italia a essere un vero e proprio modello. Per completare il percorso, dovremmo riflettere su cosa vogliamo diventare domani».
“Per le donne e non femminili” è la scelta rivendicata da Daniela Hamaui, direttrice di D, il settimanale femminile de La Repubblica. «Quando la donna arriva al potere, tende a essere “overperforming”. Noi donne dovremmo imparare a gestire il potere, creando una leadership diversa e ridisegnando le citta? partendo da una cultura al femminile».
Samia Nkrumah, componente della giuria arcVision Prize e Ambassador WE Women for Expo, anche alla luce della sua esperienza come prima leader femminile di un partito politico in Ghana ha raccontato con le sue parole le leve necessarie per un cambiamento. «Bisogna impegnarsi per la felicità delle persone che vivono nelle città, creando ricchezza e benessere. In ogni cambiamento forte le donne sono presenti, ma occorre che accrescano sempre più la loro capacità di decidere».
Anche Maria Luisa Agnese, tra le autrici anche del blog collettivo al femminile “La 27esima ora” ha sottolineato l’importanza di partire anche da piccoli progetti, senza preconcetti. «Le quote rosa, per esempio, all’inizio non piacevano a nessuno, ma ora sono diventate “smart”. L’importante è avere una visione».