La verifica circa la conformità della trasformazione realizzata e la sua rispondenza o meno alle previsioni delle norme urbanistiche vigenti “deve essere effettuata con riferimento non già alle singole opere in cui si è compendiata la lottizzazione, bensì alla complessiva trasformazione edilizia che di quelle opere costituisce il frutto”.
Le norme sulla lottizzazione abusiva “mirano a prevenire e reprimere le condotte materiali e giuridiche intese a incrementare l'edificazione sul territorio, senza che sussista una previa pianificazione capace di tenere conto delle conseguenze dell'edificazione in termini di esigenze di nuovi servizi ed opere di urbanizzazione”.
Lo ha precisato il Tar Lazio, Sezione Prima Quater, nella sentenza n. 3658/2016 depositata il 23 marzo.
I TERMINI DEL REATO DI LOTTIZZAZIONE ABUSIVA DI TERRENI A SCOPO EDIFICATORIO. “Ai sensi dell’art. 30, comma 1, del D.P.R. 380/01, si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio – ricordano i giudizi amministrativi - quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione; nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti, che, per le loro caratteristiche, quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione e in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio.
V'è concordia in dottrina nel ritenere che la descritta condizione, incidendo al contempo sulla programmazione urbanistica e sull'assetto del territorio, integri il più grave attentato alle potestà di governo del territorio di cui all'art. 117 Cost..
In linea generale, quanto alla ricostruzione degli elementi della fattispecie, la giurisprudenza penale ne ha costantemente evidenziato gli ampi termini, alla stregua del reato di pericolo: si è in particolare evidenziato che "il reato di lottizzazione abusiva è integrato non solo dalla trasformazione effettiva del territorio, ma da qualsiasi attività che oggettivamente comporti anche solo il pericolo di una urbanizzazione non prevista o diversa da quella programmata (Cass. pen., III, 16 luglio 2013, n. 37383).
Quanto, invece, alla sottesa condotta materiale, essa è stata individuata nell’erezione di opere (c.d. lottizzazione materiale) ovvero nell’intrapresa di iniziative giuridiche (c.d. lottizzazione negoziale) comportanti la trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni, in violazione delle prescrizioni urbanistiche”.
LOTTIZZAZIONE ABUSIVA MATERIALE. Nell'ipotesi di lottizzazione c.d. "materiale" “è stato in particolare evidenziato il quid pluris (anche, ovviamente, in termini di maggiore gravità dell’illecito) che distingue la fattispecie dalla realizzazione di singole opere abusive.
La relativa costruzione riposa anche sull’art. 18 della l. 47/85, che regolamenta la carenza dell'autorizzazione specifica alla lottizzazione, di cui all'art. 28 della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150.
Ciò che ha condotto da tempo la giurisprudenza ad affermare che, al fine di valutare positivamente la sussistenza di un'ipotesi di lottizzazione abusiva c.d. materiale, e, indi, di un'abusiva interferenza con la programmazione del territorio, e del conferimento di un diverso assetto al territorio comunale oggetto di trasformazione, ovvero, in altri termini, al fine di rintracciare il predetto quid pluris, occorre una visione d'insieme dei lavori, che, tenendo conto dei predetti contorni della fattispecie, e in primis del risultato oggettivo dell’attività, può prescindere anche dalla circostanza che parte dell’attività edilizia sia stata assentita (C. Stato, IV, 3381/2012) ovvero che l’attività stessa si sia concretizzata nel mero mutamento della destinazione d’uso di manufatti preesistenti (Tar Lazio, I-quater, 3 settembre 2014, n. 9385).
E, invero, ciò che conta, ai sensi, ora, dell'art. 30 del D.P.R. 380/01, è che le opere poste in essere, al di là della loro tipologia, siano in concreto idonee a stravolgere il preesistente assetto del territorio, a realizzare un nuovo insediamento abitativo, e, quindi, in ultima analisi, a determinare sia un concreto ostacolo alla futura attività di programmazione (che viene posta di fronte al fatto compiuto), sia un carico urbanistico che necessita adeguamento dei relativi standards.
Il concetto di opere che determinano trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni – conclude il Tar Lazio - deve essere, dunque, interpretato in maniera funzionale alla ratio della norma, che tutela il bene giuridico costituito dalla necessità di preservare la potestà programmatoria attribuita all'Amministrazione nonché l'effettivo controllo del territorio da parte del soggetto titolare della stessa funzione di pianificazione (cioè il Comune), al fine di garantirne un ordinato sviluppo e un corretto uso del territorio, nella coerenza tra implementazione degli insediamenti abitativi e standards urbanistici, con l’avvertenza che, quanto a questi ultimi, incide anche il più generale contesto di verifica di compatibilità con le esigenze di finanza pubblica”.