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Ilva di Taranto, produzione di acciaio ai minimi storici. Prossimo il fermo dell'unico altoforno in funzione

Attualmente è attivo solo l'altoforno 4 che nei prossimi mesi andrà fermato per lavori di manutenzione. Critica la produzione di acciaio solido che nel 2022, a fronte di un autorizzazione di 6 tonnellate, è stata di 3,471 milioni

martedì 9 gennaio 2024 - Redazione Build News

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Dei cinque altiforni presenti nell'Ilva di Taranto solo uno risulta attualmente in funzione e nei prossimi mesi verrà fermato per cambiare i cuscinetti dei rulli del nastro trasportatore. Secondo fonti interne all'azienda i cuscinetti saranno sostituiti da altri cuscinetti «usati», presi da un altro nastro trasportatore dell’acciaieria perché l’azienda non ha i soldi per comprarne di nuovi, a dirlo è il direttore di VeraLeaks Luciano Manna sito che da tempo denuncia quanto sta accadendo nell'acciaieria di Taranto.

La produzione dell'Ilva negli ultimi anni

Ma quanto acciaio produce ancora oggi l'Ilva di Taranto? Come avviene la produzione e quanti altiforni e quanta energia impiega?  Una risposta alla prima domanda viene dai dati pubblicati oggi sul Sole24Ore e che ritraggono un immagine di un'acciaieria in piena stasi. A fronte di un’autorizzazione per 6 milioni di tonnellate, la produzione di acciaio solido è stata di 3,471 milioni di tonnellate nel 2022; 4,053 nel 2021 e 3,421 nel 2020. Per il 2023 erano stati annunciati 4 milioni di tonnellate ma non si è andati oltre i 3 milioni. Su quattro altiforni, i grandi impianti usati nelle acciaierie per produrre ghisa e acciaio a partire da minerali di ferro e carbone, da dicembre ce n’è attivo soltanto uno. Già da agosto però quelli funzionanti erano rimasti due su 5 iniziali. Le conseguenze sono evidenti: la cassa integrazione coinvolge 2.500 addetti su 8.200 e va avanti interrottamente, con varie modalità, da luglio 2019. Inoltre, ci sono impianti fermi, l’indotto è in arretrato di pagamenti, la fornitura del gas è assicurata in default, su provvedimento dell’Arera del 7 settembre, sino al 30 settembre (ma dovrebbe essere prorogata come già accaduto nel 2022) e i sindacati denunciano mancate manutenzioni che impattano sulla sicurezza oltre che sull'ambiente.

Quanta energia serve per produrre acciaio?

Come accennato a breve sarà fermato anche l'unico altoforno attivo, cioè il numero 4. Ma cosa vuol dire fermare un altoforno? Fermare un altoforno è diverso da spegnerlo: nel secondo caso ci vogliono diverse settimane, dal momento che l’impianto lavora a una temperatura di duemila gradi e dev’essere del tutto raffreddato. Per questo, nei casi in cui serve solo un intervento di manutenzione temporaneo solitamente l’impianto si “ferma” e basta, cioè smette di produrre ghisa ma continua a essere riscaldato e resta a circa mille gradi. Quindi anche se il forno non verrà spento genererà comunque dei rallentamenti nella produzione di acciaio che è stimata sotto i 3 milioni per il 2024.


Produzione di acciaio e ghisa da altoforno

Nella realizzazione di acciaio e ghisa da altoforno la prima operazione è la riduzione degli ossidi di ferro mediante monossido di carbonio (gas) e contemporaneamente l'allontanamento della ganga che li accompagna sempre. Queste operazioni avvengono odiernamente nell'altoforno, costituito da un forno a uno circolare alto circa 30 m e con un diametro di 10. La produzione quotidiana è di circa 10000 t di ferro. L'altoforno viene caricato dall'alto con strati alternati di coke, il residuo della distillazione del carbon fossile, e di minerale di ferro con fondente (calcare, argilla, o sterile che accompagna il minerale). Lo strato inferiore di coke viene riscaldato per insufflaggio di aria preriscaldata a 700 - 800°C e poi infiammato con aria arricchita di ossigeno. A questo punto il coke brucia e la temperatura nella parte inferiore dell'altoforno raggiunge i 1600°C. Il monossido di carbonio caldo sale nello strato di minerale sovrastante e riduce l'ossido ferrico a metallo. Lo strato sovrastante però trasforma CO2 in monossido di carbonio secondo l'equilibrio di Bouduard. Il ferro fuso che gocciola verso il basso si raccoglie nel crogiolo sotto la scoria protegge il ferro dall'ossidazione dell'aria soffiata. La scoria d'altoforno, costituita da silicati di calcio ed alluminio, viene spillata dall'alto del crogiolo e la ghisa dal basso mentre dalla bocca esce il gas d'altoforno ad una temperatura di 200-300°C. 

Nel futuro dell'Ilva ci sono i forni elettrici che sostituiranno gli altiforni esistenti e avranno un impatto inferiore a livello ambientale, per questo il governo ha ricollocato un miliardo e mezzo di euro del PNRR, ma per ora sembra tutto molto incerto. Per ora è atteso un confronto tra l'esecutivo e ArcelorMittal per salvare l'acciaieria dal fallimento e centinaia di posti di lavoro.

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