L’art. 52 del R.D. n. 2537/1925, recante il regolamento per le professioni di ingegnere e di architetto, stabilisce che “le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla L. 20 giugno 1909, n. 364, per l'antichità e le belle arti, sono di spettanza della professione di architetto; ma la parte tecnica ne può essere compiuta tanto dall'architetto quanto dall'ingegnere”.
Lo ricorda il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Prima) nella sentenza n.3718/2018 pubblicata il 5 giugno.
Secondo l’indirizzo espresso dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. Consiglio di Stato, n. 21/2014; T.A.R. Lazio, Roma, n. 7997/2011 e T.A.R. Campania, Salerno, n. 149/2015) la riserva di competenza degli architetti sussiste per ogni tipologia di intervento su immobili gravati da vincolo storico - artistico, ad eccezione delle attività propriamente tecniche di edilizia civile per le quali il citato art. 52 prevede la competenza anche degli ingegneri; la competenza degli architetti, poi, si estende anche agli interventi realizzati su immobili non assoggettati a vincolo quando presentino “rilevante interesse artistico” (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, n. 7997/2011).
Il Tar Napoli cita tra l'altro la sentenza n. 21/2014 (richiamata anche nella pronuncia del T.A.R. Veneto n. 743/2014) del Consiglio di Stato, che richiamando anche giurisprudenza comunitaria, ha chiarito come non sia esatto affermare che l’ordinamento comunitario riconosca a tutti gli ingegneri di Paesi dell’U.E. diversi dall’Italia (con esclusione dei soli ingegneri italiani) l’indiscriminato esercizio delle attività tipiche della professione di architetto (tra cui le attività relative ad immobili di interesse storico-artistico); al contrario, giusta la normativa comunitaria, si è ritenuto che l’esercizio di tali attività - in regime di mutuo riconoscimento – è consentito ai soli professionisti che (al di là del nomen iuris del titolo posseduto) possano vantare un percorso formativo adeguatamente finalizzato all’esercizio delle attività tipiche della professione di architetto. In altri termini, è sempre vigente ed applicabile, non contrastando con il diritto comunitario, la su citata normativa nazionale secondo cui la progettazione e la direzione lavori su beni di interesse storico e/o artistico è riservata agli architetti, ovvero a coloro che hanno compiuto un percorso formativo equiparabile a quello che in Italia è necessario per conseguire tale titolo. Quindi, la giurisprudenza amministrativa ha concluso sul punto che la norma in questione, nella misura in cui vuole garantire che a progettare interventi edilizi su immobili di interesse storico-artistico siano professionisti forniti di una specifica preparazione nel campo delle arti, e segnatamente di una adeguata formazione umanistica, deve ritenersi tuttora vigente.