Con la richiesta di parere prot. n. 11915 del 28 luglio scorso, il Segretariato Generale ha trasmesso all'Ufficio legislativo del Ministero dei beni e delle attività culturali due note del Comune di Cisano Bergamasco di richiesta di chiarimenti circa il testo vigente degli articoli 10, comma 5, e 12, comma 1, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante "Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137”, atteso che tale comma era stato modificato (nel senso di portare a settant'anni la soglia di storicizzazione minima per la sottoposizione a tutela degli immobili di cui al comma 1 del medesimo art. 10) da una disposizione - l'articolo 4, comma 16, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito con legge 12 luglio 2011, n. 106 — che risulta successivamente abrogata dall'articolo 217, comma 1, lettera v), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.
In via preliminare, l'Ufficio legislativo del Mibact ricorda che “il citato art. 4 del decreto-legge n. 70 del 2011 recava, invero, come è noto, numerosissime disposizioni di novella del previgente codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. n. 163 del 2006, oltre a talune disposizioni di novella del codice dei beni culturali, con riferimento, oltre che agli artt. 10 e 12 citati, anche riguardo all'art. 67, comma 4, sugli accordi culturali con istituzioni museali straniere, e riguardo all'art. 146, relativo al procedimento per il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica.”
Venendo al merito della questione, per il Mibact “è pacifico che non si sia verificato alcun effetto abrogativo né dell'articolo 10, comma 5, né dell'art. 12, comma 1, del decreto legislativo n. 42 del 2004, nel testo novellato dal predetto art. 4, comma 16, del decreto-legge n. 70 del 2011, né abbiano avuto luogo fenomeni di reviviscenza della disciplina previgente a tale modifica (paventato ritorno a cinquant'anni della predetta soglia di sottoponibilità a tutela).
Sia la dottrina che la giurisprudenza hanno rilevato infatti che l'effetto abrogativo o modificativo di una disposizione di legge si configura di norma come permanente ed irreversibile, in ragione della natura istantanea del fenomeno, i cui effetti sono perciò definitivi.
La Corte costituzionale, in particolare, in primo luogo, ha chiarito che «Il fenomeno della reviviscenza di norme abrogate, [...] non opera in via generale e automatica e può essere ammesso soltanto in ipotesi tipiche e molto limitate» (sentenza n. 13 del 2012). In secondo luogo, ha precisato che «sia la giurisprudenza della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato, sia la scienza giuridica ammettono il ripristino di norme abrogate per via legislativa solo come fatto eccezionale e quando ciò sia disposto in modo espresso. Per questo le «Regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi legislativi» della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica stabiliscono che «se si intende far rivivere una disposizione abrogata o modificata occorre specificare espressamente tale intento» (punto 15, lettera d. delle circolari del Presidente della Camera dei deputati e del Presidente del Senato della Repubblica, entrambe del 20 aprile 2001: analoga disposizione è prevista dalla «Guida alla redazione dei testi normativi» della Presidenza del Consiglio dei ministri, circolare 2 maggio 2001, n. 1/1.1.26/10888/9.92). E anche in altri ordinamenti (quali ad esempio quello britannico, francese, spagnolo, statunitense e tedesco) il ripristino di norme a sèguito di abrogazione legislativa non è di regola ammesso, salvo che sia dettata una espressa previsione in tal senso: ciò in quanto l'abrogazione non si limita a sospendere gli effetti di una legge, ma toglie alla stessa efficacia sine die» (così ancora la citata sentenza n. 13 del 2012).
La Corte di cassazione, in precedenza, aveva del resto ben delineato i contorni del fenomeno della reviviscenza, distinguendo tra ipotesi di abrogazione di disposizione che modifica o sostituisce una precedente norma e abrogazione di disposizione esclusivamente abrogatrice. A tale proposito, la Suprema Corte ha affermato che: «va in generale affermato che, nel regime di successione delle leggi, mentre l'abrogazione della disposizione che modifica o sostituisce quella precedente non comporta la sua reviviscenza, tale effetto può invece predicarsi in caso di abrogazione di una disposizione che abbia come contenuto quello di abrogare una disposizione precedente, sicché ciò che viene meno è proprio l'effetto abrogativo» (Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 7 dicembre 2007, n. 25551).
A ulteriore conferma di quanto esposto, può citarsi il caso della legge 7 marzo 2001, n. 78, concernente "Tutela del patrimonio storico della Prima guerra mondiale", di particolare interesse per questo Ministero. Tale corpus normativo era stato erroneamente abrogato dall'articolo 2268, comma 1, n. 993), del decreto legislativo 15 marzo 2010. n. 66. Successivamente, con l'articolo 9, comma 1, lettera p), numero 9), del decreto legislativo 24 febbraio 2012, n. 20, è stata disposta l'abrogazione di tale disposizione abrogatrice. Il legislatore, tuttavia, non ha ritenuto sufficiente, ai fini della reviviscenza della legge n. 78 del 2001, l'abrogazione della norma che aveva abrogato tale legge, ma ha altresì espressamente disposto, all'articolo 10, comma 8, lettera a), numero 4), che "riprend[e] vigore ... la legge 7 marzo 2001, n. 78”.
Il caso illustrato mostra, dunque, che il legislatore, per consentire la reviviscenza delle norme precedentemente soppresse, non ha solo abrogato la disposizione abrogatrice, ma ha al contempo dovuto precisare che "riprende vigore” il corpus normativo prima abrogato. Ciò ribadisce, ove mai ve ne fosse bisogno, che, in caso di abrogazione di disposizione abrogatrice, gli eventuali ulteriori effetti da riconoscere all'abrogazione di norma abrogante debbono necessariamente essere specificati dal legislatore.
Sulla base di queste considerazioni, l'intervento normativo disposto dall'articolo 217, comma 1, lettera v), del decreto legislativo n. 50 del 2016, si limita ad abrogare, con efficacia ex nunc, l'articolo 4, comma 16, del decreto-legge n. 70 del 2011, i cui effetti modificativi, come ricordato, si sono già prodotti nell'ordinamento giuridico e che pertanto ben poteva essere abrogato, avendo già appieno svolto il suo effetto di novella ed essendo dunque ormai privo di una sua autonoma ragion d'essere. Il citato articolo 217, comma 1, lettera v), infatti, si configura quale mera abrogazione di una norma di novella, senza alcun riferimento alle disposizioni del d.lgs. n. 42 del 2004 precedentemente abrogate nel 2011 che, pertanto, non possono in alcun modo rivivere.”