L'ubicazione di un impianto a biomassa in area agricola non assicura un giudizio positivo di Valutazione di impatto ambientale (VIA) da parte delle autorità competenti, in quanto la localizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili in zone classificate agricole è rimessa alla valutazione discrezionale dell'Amministrazione.
Lo ha precisato la quinta sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 1274/2016 depositata il 31 marzo.
Palazzo Spada ricorda che “il carattere essenziale del procedimento di VIA consiste nella valutazione dell’impatto che il progetto può ragionevolmente e motivatamente produrre sui vari elementi che compongono l’ambiente, elementi rispetto ai quali l’utilità socio-economica del progetto stesso non può che ritenersi recessiva”.
Il giudizio di compatibilità ambientale “è reso sulla base di oggettivi criteri di misurazione e attraversato da profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa sul piano dell'apprezzamento degli interessi pubblici in rilievo e della loro ponderazione rispetto all'interesse dell'esecuzione dell'opera, apprezzamento che è sindacabile dal giudice amministrativo soltanto in ipotesi di manifesta illogicità o travisamento dei fatti, nel caso in cui l'istruttoria sia mancata o sia stata svolta in modo inadeguato e risulti perciò evidente lo sconfinamento del potere discrezionale riconosciuto all'Amministrazione”
DISCREZIONALITÀ DELL'AMMINISTRAZIONE. Il comma 7 dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 387/2003 prevede che gli impianti a fonti rinnovabili possono essere realizzati in zone agricole. “Come ha condivisibilmente asserito il TAR, l’art. 12, comma 7, d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 prevede una possibile e non automatica localizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, in quanto rimessa ad una valutazione discrezionale dell’Amministrazione”, osserva il Consiglio di Stato.
La procedura di VIA “ha carattere autonomo rispetto al procedimento generale in cui essa si inserisce, nonché rispetto all’attuazione degli eventuali accordi conclusi tra privati e amministrazioni, poiché la VIA, come è noto, è una procedura preordinata a verificare, in via preventiva, la compatibilità del progetto di un’opera pubblica o privata con l’ambiente, considerato nella sua globalità, nel quale essa deve essere inserita: si tratta di un giudizio che coinvolge tutti gli elementi e i fattori di cui l’ambiente si compone, ma non aspetti ulteriori e diversi”.
Inoltre, aggiunge Palazzo Spada, “anche l’art. 12 d.lgs. n. 387-2003 e le Linee Guida per la localizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, di cui al D.M. 10 settembre 2010, adottato in attuazione del citato art. 12, evidenziano che la VIA rappresenta un sub-procedimento che si instaura all’interno del procedimento di autorizzazione unica, ma che da esso deve essere tenuto distinto perché espletato da un’Autorità dotata di poteri precipuamente ed esclusivamente finalizzati a verificare la compatibilità ambientale del progetto”.