Con la sentenza n. 4405/2015 depositata il 21 settembre, il Consiglio di Stato chiarisce che un impianto industriale per il trattamento, la depurazione e la distribuzione dell’acqua non è assoggettabile alla classe acustica III (zona mista) prevista per le zone residenziali.
IL CASO. Nel caso affrontato dai giudici della quarta sezione di Palazzo Spada, un impianto di trattamento, depurazione e distribuzione dell’acqua, già di proprietà comunale e attualmente gestito da una società, è stato ampliato nel 1985 sino ad occupare una superficie di circa 20.000 mq. con presenza di numerose vasche, depositi, magazzini, impianti di pompaggio, di depurazione, autorimesse e strutture di servizio, in area urbanisticamente classificata F2.
In epoca successiva, l’amministrazione ha autorizzato la riconversione di edifici a destinazione produttiva in zona limitrofa (a distanza di poche decine di metri), consentendone l’uso residenziale. Si è quindi innescato un inevitabile conflitto fra la funzione produttiva e quella residenziale, per risolvere il quale l’amministrazione non solo ha imposto misure di contenimento dell’inquinamento acustico (ottemperate dal gestore) ma ha classificato parte del compendio produttivo, più vicino alle residenze, in classe acustica III (zona mista) che ai sensi del DPCM 14/11/1997 si caratterizza quale “area urbana con media densità di popolazione, con attività commerciali e con limitate attività artigianali con assenza di attività industriali”.
PALAZZO SPADA: NON SI POSSONO IMPORRE A UNA ATTIVITÀ INDUSTRIALE LIMITI DI RUMOROSITÀ PROPRI DELLE ZONE RESIDENZIALI. In proposito, il Consiglio di Stato ritiene che l’impianto di trattamento dell’acqua “deve considerarsi ai fini della zonizzazione acustica un’attività industriale, operando a ciclo ininterrotto per assicurare la continuità dei servizi, grazie all’ausilio di potenti macchinari inevitabilmente rumorosi. Essa non è dunque compatibile con la classe III, che invece è propria di un territorio mediamente urbanizzato in cui non esistono o non dovrebbero esistere attività industriali”.
ISOLAMENTO ACUSTICO. Pertanto, “il nodo problematico della vicinanza di una zona residenziale di nuovo insediamento, probabilmente effetto di una non lungimirante programmazione urbanistica locale, non può essere affrontato a livello acustico imponendo all’attività industriale già esistente limiti di rumorosità propri delle zone residenziali, tali da determinarne la sostanziale impossibilità di esercizio, ma attraverso prescrizioni puntuali finalizzate all’adozione delle migliori tecnologie di isolamento acustico”.