La disciplina introdotta dall’art. 12 del d.lgs. 387/2003 al comma 1 prevede che “le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli stessi impianti, autorizzate ai sensi del comma 3, sono di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti”.
Il comma 3 prevede che “la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalle province delegate dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico”.
Il 7° comma stabilisce che “Gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b) e c) […], possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici (…)”.
SENTENZA DEL TAR EMILIA-ROMAGNA. Con la sentenza n. 326/2016, il Tar Emilia Romagna (sezione staccata di Parma) richiama il consolidato orientamento, dal quale il Collegio non ravvede ragioni per discostarsi, secondo il quale la norma derogatoria dettata dall'art. 12, settimo comma, del d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, è stata sicuramente introdotta per consentire in via eccezionale la costruzione in zona agricola di impianti, quali quello di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili che, per loro natura, sarebbero incompatibili con la predetta destinazione (cfr. Cons. St., Sez. V, 26-09-2013, n. 4755).
Essa, tuttavia, prevede, altresì, che si tenga conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale (cfr. Tar Lazio II quater 12754/2014).
Anche la Corte Costituzionale (sentenza 166/2014), nel ricordare che lo sviluppo della rete energetica resta l'interesse prioritario, evidenzia la necessità di trovare “un contemperamento nella possibilità di sottrarre limitate porzioni di territorio agricolo all'insediamento dell'impianto, ove esse meritino cure particolari, connesse alle tradizioni agroalimentari locali, alla biodiversità, al patrimonio culturale e al paesaggio rurale”.
Ne consegue che, ai sensi dell'art. 12 c.7 d.lgs. n.387/2003, i Comuni possono esprimere, nell'esercizio della propria discrezionalità in materia di governo del territorio, quel giudizio di compatibilità dell'impianto nelle aree suindicate, sindacabile dal giudice amministrativo solo per profili che attengano all'evidente illogicità.
Nell’ambito di tali principi si deve pertanto escludere che, nello specifico caso in esame, il diniego di DIA da parte del comune di Parma per la realizzazione di un campo fotovoltaico da 999 kW in area agricola sottoposta alle tutele del PSC, per le quali è richiesta autorizzazione paesaggistica, si configuri come manifestamente illogica, anche in considerazione della consistenza dell’impianto.