Il parere di...

Inarsind sul crollo del ponte di Genova: molti gli interrogativi

Il sindacato degli architetti e ingegneri liberi professionisti si pone molte domande. Per esempio: perché il sistema di monitoraggio continuo suggerito dal Politecnico di Milano nel 2017 non è stato attuato subito?

martedì 28 agosto 2018 - Redazione Build News

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Riportiamo due comunicati di Inarsind (Associazione di intesa sindacale degli architetti e ingegneri liberi professionisti italiani), il primo del 20 agosto e il secondo del 23 agosto.

“Inarsind esprime profondo cordoglio alle famiglie colpite dal crollo del ponte di Genova avvenuto martedì 14 agosto 2018 e che ha provocato 43 vittime.

La domanda che tutta l’Italia si sta ponendo è: quali sono state le cause che hanno determinato il crollo di una delle tre macrostrutture indipendenti costituite da cavalletto, puntoni inclinati, tiranti e travi? La risposta non è certo banale.

Una breve cronologia degli eventi per inquadrare il contesto:

- le prime idee di progetto risalgono al 1961 a firma dell’illustre e competente ing. Riccardo Morandi;

- il ponte fu inaugurato nel 1967 alla presenza del Presidente della Repubblica Saragat;

- nel 1979 l’ing. Riccardo Morandi, con una relazione sullo stato di conservazione del ponte, dimostra come molte nozioni in merito alla durabilità non fossero conosciute;

- nel 2001 Giovanna Franco, docente all’Università di Genova presso il DSA Architettura, getta pesanti dubbi sullo stato di conservazione dei trefoli costituenti gli stralli del ponte;

- nel 2009, pur avendo raggiunto il quadruplicamento del traffico previsto dall’originario progetto, Autostrade per l’Italia dichiarava che il ponte Morandi dava tutte le “garanzie sull’assoluta sicurezza e stabilità dell’opera” ed a sostegno riportava la celebre frase “può star su cento anni”;

- nel 2011 Autostrade per l’Italia ribadisce la propria posizione, utilizzando le stesse parole;

- nel 2015 il Senatore Maurizio Rossi pose un’interpellanza al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti sulla sicurezza del ponte;

- nel 2016 il Senatore Maurizio Rossi pose una seconda interpellanza evidenziando che “il ponte è stato oggetto di un preoccupante cedimento“, ma nessuna risposta giunse dal Ministro Del Rio alle due interpellanze;

- il 12 novembre 2017 il Politecnico di Milano “esprime una evidente disparità di comportamento fra i vari stralli […] in particolare gli stralli, ovvero i tiranti, del sistema numero 9 si presentano con una deformata modale non conforme alle attese e certamente meritevole di approfondimenti teorico-sperimentali” e nella stessa relazione si consiglia il monitoraggio continuo delle strutture;

- nel 2016 l’ing. Antonio Brencich, docente di Costruzioni in cemento armato presso la facoltà di Ingegneria dell’Università di Genova, afferma “Quel ponte è sbagliato…”;

- nella nota del 14 agosto 2018 del Direttore CNT-ITC dott. Antonio Occhiuzzi, si evidenziano dubbi sulla durabilità di ponti con gli stralli in calcestruzzo, sulla durata limitata delle infrastrutture a 50 anni e conseguentemente sulla necessita di un “piano Marshall” in merito alle stesse;

- qualche giorno fa è stata costituita la Commissione del MIT per indagare le cause del crollo, che risulta formata da: Arch. Roberto Ferrazza, con funzioni di Presidente, Prof. Ing. Ivo Vanzi, Prof. Ing. Antonio Brencich, Ing. Gianluca Ievolella, Ing. Michele Franzese e Ing. Bruno Santoro;

- il 19 agosto, “L’Espresso” pubblica on line un preoccupante articolo “Crollo Ponte Genova, tiranti "ridotti del venti per cento": Ministero e Autostrade sapevano”. Il verbale di una riunione tra Ministero delle Infrastrutture, Direzione generale di Vigilanza, Provveditorato opere pubbliche e Società di gestione dimostra che fin dal febbraio 2018 la gravità della corrosione era nota. Il documento è firmato da Roberto Ferrazza e Antonio Brencich, ora nominati presidente e membro esperto della commissione d'indagine del governo. “Almeno sette tecnici, cinque dello Stato e due dell'azienda di gestione, sapevano infatti che la corrosione alle pile 9 (quella crollata) e 10 aveva provocato una riduzione fino al venti per cento dei cavi metallici… in sei mesi da allora né il Ministero né la Società concessionaria hanno mai ritenuto di dover limitare il traffico”;

- Notizia del 20 agosto: in 3 nuovi video si vedono il tirante che si spezza e la dinamica del crollo.

Alla luce dei citati accadimenti, Inarsind si pone molte domande:

1) perché il sistema di monitoraggio continuo suggerito dal Politecnico di Milano nel 2017 non è stato attuato subito?

2) il ponte è stato inaugurato nel 1967 con i carichi previsti di allora; quali accorgimenti sono stati presi a seguito del quadruplicamento del traffico ed in particolare dell’aumento dei carichi dei mezzi pesanti?

3) i principi del progetto di Morandi, sono stati presi in considerazione durante la vita dell’infrastruttura?

4) il ponte non è stato progettato con la concezione di “robustezza ridondante”; perché i vari appelli alla verifica dei cavi non sono stati presi in seria considerazione negli anni?

5) come mai la relazione del 2001 della docente dell’Università di Genova Giovanna Franco è stata ignorata, relazione che gettava pesanti dubbi sulla situazione di conservazione dei cavi?

6) quali sono le resistenze del calcestruzzo del ponte oggi e in particolare sono compatibili con il traffico e carico odierni? Il rapporto tra modulo elastico del calcestruzzo ed acciaio è rimasto immutato nel tempo oppure si è alterato?

7) come mai sono stati rinforzati solo alcuni stralli ed altri no come il n.9?

8) come mai il Ministero, a conoscenza della riduzione della sezione dell’acciaio costituente i tiranti degli stralli, non ha provveduto a chiedere azioni significative immediate da parte di Autostrade?

9) perché nella Commissione del MIT recentemente nominata, sono ancora presenti gli stessi rappresentanti dello Stato di cui al verbale del febbraio 2018?

10) perché nella commissione del MIT non sono stati nominati anche dei liberi professionisti, dal momento che in Italia vi sono tecnici esperti in progettazione di ponti la cui professionalità è riconosciuta in tutto il mondo?

Inarsind, alla luce di quanto sopra illustrato, chiede:

1) la creazione di un catasto dei ponti e di tutte le infrastrutture;

2) quanto prima le verifiche dei ponti che hanno raggiunto i 40-50 anni di età ed in particolare le infrastrutture poco “ispezionabili” come quelle in cemento armato;

3) lo svolgimento da parte dello Stato, ai sensi del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n.72 del 2014 art. 5 lettera t, di un’attenta e minuziosa vigilanza sulla corretta manutenzione delle infrastrutture;

4) l’esame approfondito di tutte le concessioni in essere;

5) di giudicare e comminare la pena a chi ha sbagliato: Stato o Concessionario che sia;

6) l’inserimento nella Commissione MIT di liberi professionisti, esperti nella progettazione di ponti.

Inoltre, Inarsind ritiene che gli attuali componenti della Commissione del MIT non possano esprimersi in merito alle cause del crollo del ponte in quanto firmatari del verbale di febbraio 2018 della riunione tra Ministero delle Infrastrutture, Direzione generale di Vigilanza, Provveditorato opere pubbliche e Società di gestione, ricadendo quindi nel contemporaneo ruolo di “ controllore” e “controllato”.

Condividiamo in toto il principio espresso dal Procuratore Capo di Genova, dott. Francesco Cozzi, al TG1 il 19 agosto 2018 che “IL PARERE DEVE ESSERE SENZA DUBBI” poiché gli Italiani chiedono LA VERITA’.”

Si invita alla lettura dei fatti riportati con maggior dettaglio in allegato

PROFESSIONALITA’ E RISPETTO: LA SOLA RISPOSTA

“La tragedia è accaduta, ora è fondamentale non perdere la testa, che sembra essere ciò che invece sta accadendo nel nostro paese.

All’indomani del crollo di ponte Morandi, con le conseguenti perdite di vite umane e carico di dolore che grava su chi ha perso i propri cari ma anche su tutti noi, è necessario agire perché fatti del genere non accadano più.

Sarebbe però folle pensare che, ad esempio, le amministrazioni comunali, se non hanno già sotto controllo lo stato delle infrastrutture di loro competenza, possano mettere in atto un monitoraggio, una stima delle priorità e un preventivo si spesa degli interventi entro il 30 di agosto, così come richiesto da alcuni Provveditorati alle opere pubbliche regionali su impulso del Ministero delle Infrastrutture.

E’ altrettanto folle che si pensi di dare risposta alle richieste di controllo, verifica e messa in sicurezza affidando prestazioni professionali a titolo gratuito come ha inteso fare il Sindaco di Avellino, a cui già hanno molto chiaramente e correttamente risposto l’Ordine degli Architetti di Avellino ed il Consiglio Nazionale Architetti.

Non è il momento di trovare soluzioni semplificatrici: non ce ne sono, va presa coscienza che il patrimonio edilizio ed infrastrutturale, così come il territorio vanno monitorati e manutentati o, in alternativa, va perseguita la demolizione e ricostruzione quando economicamente vantaggiosa nel medio periodo, con idonee risorse professionali, tecniche ed economiche, non si può correre ai ripari velocemente se vi sono alle spalle anni, per le ragioni più svariate, di mancato o insufficiente investimento e intervento.

Non serve imporre scadenze insostenibili per poter dire che, a quel punto la responsabilità è di qualcun altro, va fatto un programma di verifica serio, con dei fondi, da portare a termine in tempi certi ma tecnicamente possibili, che consentano a chi ne ha la professionalità - e che in base a questo deve essenzialmente essere selezionato e non certo in base al prezzo più basso - di fare le valutazioni del caso; in via cautelativa si proceda piuttosto alla limitazione di carichi e transiti, ciò potrà creare disagio, perdite economiche ma, se necessario, potrebbe salvare vite umane ed incentivare la ricerca delle risorse.

I liberi professionisti tecnici sono da sempre al servizio della collettività con la loro professionalità; essere al servizio significa essere preparati, pronti a rispondere con rapidità e scrupolosa coscienza, non essere disposti a tramutare il lavoro in volontariato in uno stato di emergenza perenne che sembra attanagliare il nostro paese.

Il paese non crolla “perché non abbiamo più ingegneri” come ha scritto ieri Bertolini su Libero, gli ingegneri ci sono, sono molti e pure preparati, ci facessero lavorare, forse le cose andrebbero meglio, invece si chiede non già ad un tecnico della PA pagato 1500 euro al mese, come da lui citato, ma ad un libero professionista di “certificare un viadotto” gratis; se per poter cantierare le opere pubbliche poi non ci volessero tempi lunghi troppo spesso appesantiti da inutili contenziosi nati dalla farraginosità delle norme, qualche passo avanti in più l’avremmo già fatto.

Riteniamo che, oltre il dolore, da una tragedia si possa, e si debba, imparare.”

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