FINCO, Federazione che
rappresenta 40 Associazioni per circa 14.000 imprese, 140.000 dipendenti e quasi
30 miliardi di fatturato aggregato, ha inviato alla Commissione 9° del
Senato su indicazione del relativo Presidente Sen. De Carlo alcune
considerazioni in merito alla Revisione Sistema degli Incentivi alle
Imprese (DDL 571).
La Federazione guarda
positivamente all’iniziativa della Commissione e si confida possa avere un
esito di maggiore incisività rispetto a provvedimenti e tentativi in tal senso
effettuati in passato. Le buone intenzioni sono infatti talvolta vanificate
nell’applicazione pratica, come dimostra l’esperienza empirica di cui
siamo portatori.
Da ultimo il caso del Decreto
Semplificazioni (Dl 16 luglio 2020 n.76 recante “Misure urgenti per
la semplificazione e l'innovazione digitale” che non era né semplice né
breve e sembrava scritto più per facilitare il lavoro degli Uffici che per i
cittadini contribuenti, con una serie di distinguo eccessivi e molte
disposizioni a carico della PA solo ordinatorie e non perentorie. Quindi
sostanzialmente inutili. E troppi verbi declinati al futuro, così come troppi
decreti applicativi.
Semplificazione burocratica
Il primo nodo da
evidenziare - spiega la Federazione - è la semplificazione burocratica. In
quel decreto mancavano dieci semplici righe che in questa sede si ripropongono “La
Pubblica Amministrazione – intendendo per tale quella centrale e periferica, le
Regioni, i Comuni, le Comunità Montane e tutti gli Enti Pubblici e quelli
vigilati, controllati o in essa comunque incardinati, ivi compresi gli Istituti
Previdenziali e di Assicurazione quali Inps e Inail nonché le Autorità
Indipendenti quali Banca d’Italia etc. – non può richiedere a cittadini e
imprese alcun documento o informazione già in suo possesso senza eccezione
o deroga alcuna. In caso di accertamento, su segnalazione scritta del soggetto
giuridico interessato che comprovi tale richiesta, i funzionari responsabili
sono sottoposti a provvedimenti disciplinari immediati. Al contempo, nessun
adempimento nei confronti delle medesime Amministrazioni può comportare per
cittadini e imprese l’erogazione di somme distinte, su conti correnti diversi,
con marche da bollo etc. Il versamento a carico del contribuente sarà unico,
con evidenza della ripartizione della relativa destinazione, ma tale
ripartizione sarà un atto endoprocedimentale all’interno della P.A., cui
spetterà il compito di destinare le somme in relazione alle eventuali plurime
competenze amministrative”.
Si potrebbe
osservare che c'è già una Legge che lo prevede dal 1968, ma si
provi a fare un passaporto nuovo, o una pratica edilizia, o partecipare ad
un appalto, per restare a un campo più vicino a FINCO, per verificare in che
misura sia applicata.
Lo Smart working nella PA
“Le poche righe di cui sopra basterebbero perché lo stress di ribadire la documentazione necessaria passi dal rapporto cittadino/contribuente/P.A. all’interno dell’Amministrazione. In pratica, se un’Amministrazione non dà all’altra i dati, qualcuno ne è responsabile. La situazione si è poi aggravata con lo smart working, che troppo spesso è smart per chi lo pratica ma non per chi dovrebbe fruire dei relativi servizi, e comunque è applicabile a una ridotta tipologia di mansioni.
Come quelle riportate
nelle venti paginette elaborate dal Ministero della P.A. dopo lunga analisi,
secondo cui la principale problematica lamentata dagli italiani nei confronti
della burocrazia è che questa richiede documenti già in proprio possesso, poi i
tempi troppo lunghi, poi la poca chiarezza. Il punto, al solito, non è tanto
individuare i problemi, che sono noti, ma risolverli: non si può evitare di
prendere provvedimenti duramente impopolari di controllo e verifica – altro che
‘il feticcio’ del cartellino, da qualcuno evocato a sproposito, così come
l’eccessiva enfasi sul tema dell’abuso d’ufficio, istituto che va ben
circoscritto ed illustrato, ma non assolutamente eliminato.
Non sembri eccessiva tale lunga premessa sulla semplificazione il cui pieno
dispiego è condizione necessaria perché venga assicurata una reale
libertà economica ed, in questo caso specifico, perché si renda possibile il
successo della meritoria iniziativa del Codice degli Incentivi".
Valore della libera concorrenza
"Sotto questo profilo,
poiché siamo convinti del valore della libera concorrenza e di un mercato in
cui lo Stato faccia il Regolatore ed il Controllore, e non il Giocatore, si
starebbe quasi per affermare che poiché le imprese italiane – con le ovvie
differenze ed eccezioni che tuttavia confermano la regola – sanno fare il loro
mestiere sarebbe bene eliminare tutti i sussidi, le agevolazioni, i
premi; tutto ciò che in sostanza viene intermediato dalla politica e dalle
burocrazie e togliete loro, però, al contempo, il 15% di pressione fiscale e
contributiva reale (non stiamo parlando delle aliquote delle Cayman Islands o
di Montecarlo ma della pressione fiscale per esempio inglese) e il 30% - non
dico di più – di burocrazia. Senza deroghe.
Per analogia tale
sistema dovrebbe essere applicato anche ad altre fattispecie. (Un esempio per
tutti, in un settore davvero penalizzante per le imprese: i premi Inail -
Ente assicurativo in posizione di monopolio - con abbattimento delle
relative aliquote ed al contempo eliminazione delle numerose misure di
agevolazioni particolari e settoriali).
Naturalmente, poiché questo scenario, ancorché auspicabile, non è realistico,
vi sono in termini di semplificazione e razionalizzazione alcune aree di
urgentissimo intervento, in primis quella fiscale con la creazione, ad
esempio di un cassetto unico dei crediti di imposta e di agevolazioni di impresa
tra le varie Amministrazioni titolari e coinvolte di volta in volta
nell'erogazione/valutazione degli incentivi.
Assai importante sarebbe poi procedere nel senso della unificazione quanto più possibile ampia della modulistica nonché, soprattutto ed improrogabilmente, nella interoperatività delle banche dati della P.A, intesa in senso ampio , presupposto perché le dieci righe di cui sopra possano trovare concreta attuazione".
L'internazionalizzazione
"Un altro campo di urgente razionalizzazione e non duplicazione dovrebbe essere quello
relativo all'internazionalizzazione, le cui agevolazioni dovrebbero essere
centralizzate nei Dicasteri competenti e nell'ICE, mentre oggi coinvolgono
Regioni, Camere di commercio, ed ulteriori altri soggetti.
In conclusione, la proposta che si ritiene di effettuare, è quella di
attribuire in tale riforma un ruolo reale al Garante per le
Piccole e Medie Imprese, che sono le più vitalmente interessate ad una siffatta
pera di razionalizzazione. Garante la cui figura andrà in qualche modo
“riesumata” e resa dialogante con le rappresentanze specie industriali della
PMI, Finco compresa, nell’ambito del previsto Tavolo di Consultazione.
Infatti, se è del
tutto condivisibile il contesto iniziale di riferimento e l’obiettivo finale
del provvedimento di cui trattasi, va sottolineato come permangono forti
sovrapposizioni di iniziative e di strumenti, nonché una certa mancanza di
informazioni rispetto all’Amministrazione ed ai soggetti coinvolti nelle
misure.
In questo senso
appaiono quanto mai attuali, e degne di essere pienamente applicate, le
disposizioni del richiamato articolo 17 della citata Legge 180 (Governo
Berlusconi), articolo che si riporta in allegato per comodità di lettura.
Tali norme erano e
sono attualissime; come sottolineato in premessa non è certo loro attribuibile
un deficit di corretta previsione normativa, quanto una totale mancanza di loro
applicazione e di controllo”.