Fisco

Incompatibilità tra il regime forfetario e quello sui lavoratori impatriati: delucidazioni dal Fisco

I redditi prodotti dal regime forfetario non partecipano alla formazione del reddito complessivo, mentre il ''regime speciale per lavoratori impatriati'' risulta applicabile ai soli redditi, prodotti nel territorio dello Stato, che concorrono alla formazione del reddito

martedì 7 febbraio 2023 - Redazione Build News

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Un contribuente che al rientro in Italia ha optato per il regime forfetario nei periodi d’imposta 2020 e 2021 non potrà fruire delle misure di favore per i lavoratori impatriati fino al compimento del quinquennio potenzialmente agevolabile (ossia dal 2022 al 2024), per i compensi che andrebbe a percepire se accettasse un incarico di membro del Consiglio di amministrazione di alcune società. I redditi prodotti dal regime forfetario, infatti, non partecipano alla formazione del reddito complessivo, mentre il ''regime speciale per lavoratori impatriati'' risulta applicabile ai soli redditi, prodotti nel territorio dello Stato, che concorrono alla formazione del reddito. È la sintesi della risposta dell’Agenzia delle entrate n. 190 del 6 febbraio 2023 (in allegato).


L’istante, nel dettaglio, fa sapere che dopo aver svolto un master all’estero, nel 2020 è rientrato in Italia ed ha optato per una determinazione del reddito imponibile secondo i criteri forfetari, con applicazione dell’imposta sostitutiva pari al 15% (articolo 1, commi da 54 a 89, legge n. 190/2014); chiede quindi se può beneficiare del diverso regime sugli impatriati, per i compensi relativi al futuro incarico di membro del Consiglio di amministrazione di alcune società, inclusa quella in cui detiene direttamente una partecipazione.


L’Agenzia ricorda la disposizione sul regime che incentiva il trasferimento in Italia dei lavoratori “qualificati” (articolo 16 del Dlgs n. 147/2015) e l’evoluzione normativa che ha ridisegnato il perimetro dell’agevolazione. In base alla recenti modifiche previste dall’articolo 5 del Dl n. 34/2019, per i lavoratori provenienti dall’estero e residenti nel territorio dello Stato successivamente al 30 aprile 2019, come nel caso in esame, i redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente ed i redditi di lavoro autonomo prodotti in Italia, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30%, a partire dal periodo d'imposta in cui è avvenuto in trasferimento della residenza e per i quattro periodi d'imposta successivi.


In base alle diverse regole sul regime forfetario, cioè la naturale tassazione delle persone fisiche che esercitano un'attività di impresa, arte o professione in forma individuale, i compensi percepiti dal lavoratore non concorrono alla formazione del reddito complessivo, scontando un’imposta sostitutiva nella misura del 15 per cento.


Per quanto riguarda il caso in esame l’Agenzia richiama la circolare n. 33/2020 in cui viene precisato proprio che l'opzione per il “forfetario” rende impossibile la diversa scelta per il regime sugli impatriati anche se sussistono le condizioni per la sua applicazione. Secondo i chiarimenti della circolare, il lavoratore che rientra in Italia per svolgere un lavoro autonomo può comunque fare le sue valutazioni ed eventualmente scegliere il regime di tassazione sugli impatriati, ove ricorrano le condizioni.


Nell’interpello, il fatto che l’istante si sia già espresso a favore del regime forfetario non gli consente di scegliere “a posteriori” una diversa tassazione da applicare ai redditi derivanti dal futuro incarico societario.

In conclusione, chiosa l’Agenzia, avendo optato per il regime forfetario nei periodi 2020 e 2021 l’istante non potrà fruire delle misure fiscali sul rientro dei cervelli fino al compimento del quinquennio agevolabile cioè dal 2022 al 2024.

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