Con una istanza di interpello, il Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha chiesto al Ministero del lavoro chiarimenti in merito all’interpretazione dell’articolo 70, comma 2, del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, concernente la base di calcolo del reddito della libera professionista ai fini della determinazione dell’indennità di maternità spettante alla stessa, relativamente all’ipotesi in cui essa rientri in Italia dopo aver svolto continuativamente un’attività lavorativa o aver conseguito un titolo di studio all’estero.
Il predetto articolo individua tale indennità nella misura “[…] pari all’ottanta per cento di cinque dodicesimi del solo reddito professionale percepito e denunciato ai fini fiscali come reddito da lavoro autonomo della libera professionista nel secondo anno precedente a quello dell’evento.”.
In particolare, si chiede se con la locuzione “reddito professionale” sia da intendersi l’intero reddito professionale percepito dalla libera professionista, oppure, in relazione al caso di specie, ci si debba riferire allo stesso, ma in termini ridotti ai sensi, rispettivamente, della legge n. 238/2010 e dell’articolo 16 del d.lgs. n. 147/2015, entrambi recanti incentivi fiscali - comportanti una riduzione della base imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche - per i lavoratori dipendenti od autonomi, cittadini dell’Unione europea, che rientrino in Italia dall’estero.
In proposito, con l'interpello n. 4/2018 del 29 maggio, il Ministero del lavoro, acquisite le valutazioni della Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza per gli Ingegneri ed Architetti Liberi Professionisti (INARCASSA), interessata in tal senso dalla Direzione Generale per le politiche previdenziali ed assicurative, e dell’Ufficio legislativo del Ministero, chiarisce quanto segue.
“Ad avviso del predetto Ente previdenziale, infatti, la lettera della disposizione di cui al citato articolo 70, comma 2, del d.lgs. n. 151/2001 individua il reddito da prendere a riferimento per il calcolo dell’indennità di maternità della libera professionista nel reddito da quest’ultima “percepito e denunciato ai fini fiscali” nel secondo anno precedente a quello dell’evento.
Nel caso in esame, una professionista che abbia beneficiato degli incentivi fiscali previsti dall’articolo 3 della legge n. 238/2010 dovrà dichiarare, come base imponibile ai fini IRPEF, soltanto il 20 per cento del reddito percepito nel periodo di riferimento, come già precisato al paragrafo 2 della circolare n. 14/E del 2012 dell’Agenzia delle Entrate.
Tale reddito, che dovrà essere dichiarato dalla professionista al proprio Ente previdenziale, costituisce la base di calcolo per l’indennità di maternità, da indicarsi nell’apposito rigo della dichiarazione dei redditi (come previsto dal RGP - Regolamento di Previdenza 2012 di INARCASSA, aggiornato al 10 aprile 2018).
Sul medesimo reddito, peraltro, sono altresì calcolati i contributi soggettivi previdenziali dovuti alla Cassa di appartenenza della libera professionista, come indicato all’articolo 4 del citato Regolamento di Previdenza del 2012.
Può quindi ritenersi, in base al dato letterale del richiamato articolo 70, comma 2, che l’intento del legislatore sia stato quello di stabilire un nesso logico-sistematico tra reddito fiscale e reddito previdenziale. E infatti, il reddito professionale su cui commisurare l’indennità di maternità della libera professionista coincide con il reddito dichiarato ai fini fiscali, sul quale è effettuato anche il calcolo dei contributi soggettivi previdenziali dovuti alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza per gli Ingegneri ed Architetti Liberi Professionisti.
Alla luce di tali considerazioni, il reddito professionale da prendere a riferimento per il calcolo dell’indennità di maternità di cui all’articolo 70 del d.lgs. n. 151/2001, è quello determinato in misura ridotta ai sensi della legge n. 238/2010 e dell’articolo 16 del d.lgs. n. 147/2015 e come tale denunciato ai fini fiscali.”