Con una istanza di interpello, il Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha chiesto al Ministero del Lavoro chiarimenti in merito all’interpretazione dell’articolo 70, comma 2, del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, concernente la base di calcolo del reddito della libera professionista ai fini della determinazione dell’indennità di maternità spettante alla stessa, relativamente all’ipotesi in cui essa rientri in Italia dopo aver svolto continuativamente un’attività lavorativa o aver conseguito un titolo di studio all’estero.
Il predetto articolo individua tale indennità nella misura “[…] pari all’ottanta per cento di cinque dodicesimi del solo reddito professionale percepito e denunciato ai fini fiscali come reddito da lavoro autonomo della libera professionista nel secondo anno precedente a quello dell’evento.”.
In particolare, si chiede se con la locuzione “reddito professionale” sia da intendersi l’intero reddito professionale percepito dalla libera professionista, oppure se, in relazione al caso di specie, ci si debba riferire a tale reddito ma in termini ridotti, ai sensi, rispettivamente, della legge 30 dicembre 2010, n. 238, e dell’articolo 16 del decreto legislativo14 settembre 2015, n. 147, entrambi recanti incentivi fiscali - comportanti una riduzione della base imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche - per i lavoratori dipendenti od autonomi, cittadini dell’Unione europea, che rientrino in Italia dall’estero.
LA RISPOSTA DEL MINISTERO. Con l'Interpello n. 7 del 12 dicembre 2018, il Ministero del Lavoro ha così risposto: “si ritiene che una professionista madre, che abbia i requisiti per accedere agli incentivi fiscali previsti dalle citate disposizioni, continui ad aver diritto alla parametrazione dell’indennità di maternità al “reddito pieno” percepito prima dell’inizio del periodo di cui all’articolo 70, comma 1, del decreto legislativo n. 151, proprio al fine di realizzare le tutele individuate dal legislatore nei confronti delle lavoratrici madri.
Tale reddito, effettivamente “percepito e denunciato” come previsto dal comma 2 del medesimo articolo 70, continua a costituire, peraltro, la base imponibile per il versamento dei contributi di previdenza obbligatoria, posto che la legge 30 dicembre 2010, n. 238, nonché il decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, dispongono esclusivamente benefici fiscali.
Diversamente, ove si considerasse quale base imponibile ai fini previdenziali il reddito “abbattuto” ai fini fiscali, la professionista che goda dei suddetti incentivi verrebbe a maturare, in corrispondenza, prestazioni pensionistiche proporzionalmente ridotte, senza in definitiva fruire di alcun beneficio.
Alla luce degli ulteriori elementi acquisiti per la valutazione del quesito in esame, la presente risposta sostituisce quella contenuta nell’interpello n. 4 del 29 maggio 2018”.
In allegato l'interpello n.7/2018