Con due distinti provvedimenti entrambi dell'8 giugno 2017, il direttore dell’Agenzia delle Entrate definisce le modalità di cessione dei crediti d'imposta corrispondenti all'ecobonus e al sismabonus condomini (LEGGI TUTTO).
“Le indicazioni ivi contenute sono positive (alcune anche in modo inaspettato) ma, limitatamente all'ecobonus condomini, purtroppo vi sono anche alcune "sviste" che impattano sugli aspetti tecnologici dell'incentivo”, commenta Stefano Cera di Renovate Italy, che in un documento che riportiamo (disponibile anche su https://renovate-italy.org/2017/06/13/indicazioni-per-la-cessione-del-credito-nellecobonus-condomini-luci-ed-ombre/) elenca quali e che impatto avranno se non si porrà prontamente rimedio.
“Finalmente è stato pubblicato il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate per la cessione del credito all’interno dell’ecobonus condomini (e del sismabonus).
La tanto attesa cessione del credito, una delle principali novità dell’ecobonus condomini diventa finalmente operativa, il tutto a vantaggio dei condomìni che, a partire da quest’anno, dispongono di uno strumento specifico per incentivare le riqualificazioni profonde.
A suo tempo, avevamo auspicato che tale documento contenesse alcuni chiarimenti; alcuni di questi sono stati recepiti:
- tutti i condomìni, anche quelli minimi, possono usufruire dell’incentivo;
- l’incentivo si applica a tutti i proprietari delle unità immobiliari (o i loro aventi titolo), senza alcuna limitazione di natura giuridica, di destinazione d’uso delle unità immobiliari o di loro effettivo utilizzo;
- in caso di fruizione indebita dell’incentivo, il contribuente deve restituire non l’intera somma ma solo la quota parte indebitamente ottenuta;
- la cessione del credito è possibile per chiunque, in qualunque situazione di incapienza si trovi.
Vogliamo ringraziare l’Agenzia ed il suo direttore Rossella Orlandi per la lungimiranza mostrata: nessuno dei punti di cui sopra era scontato. Di particolare rilievo è l’ultimo, che intelligentemente disinnesca il problema dell’incapienza, non solo quella totale, ma anche quella parziale.
Altre nostre indicazioni, di natura più tecnologica, non sono invece state recepite:
- gli interventi sulle parti private non sembrano rientrare tra quelli ammessi all’incentivo; in questo modo molti condomini non potranno usufruire del secondo step dell’incentivo (detrazione del 75%) perché la qualità energetica media dell’involucro si raggiunge solo se anche le finestre hanno buona prestazione energetica;
- non è stato ribadito che gli interventi devono rispettare gli obblighi previsti dal DM 26 giugno 2015 “requisiti minimi” per le ristrutturazioni importanti di secondo livello; anzi, il testo riporta che per richiedere il secondo step (detrazione del 75%) non sia necessario intervenire sul 25% dell’involucro; a nostro avviso ciò è una svista.
Infatti un condominio potrebbe ritrovarsi nella fortunata condizione di avere già raggiunto la qualità media (ad esempio se negli anni scorsi il condominio e/o i singoli condòmini hanno effettuato alcuni interventi di miglioramento della prestazione energetica). E’ dunque evidente la svista: per il primo step (detrazione del 70%) è richiesto un determinato sforzo (intervenire su almeno il 25% dell’involucro del condominio) mentre per lo step più generoso (detrazione del 75%) la richiesta sarebbe addirittura inferiore (in qualche caso si avrebbe diritto alla detrazione anche senza alcun intervento!).
A nostro avviso, l’interpretazione corretta è che, per entrambi gli step dell’incentivo, si debba intervenire su almeno il 25% dell’involucro; se poi, grazie all’intervento, si raggiungerà la qualità media dell’involucro, allora l’intensità di contribuzione sarà pari al 75%.
Il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate contiene un’altra interpretazione, riteniamo non voluta, ma che può limitare fortemente l’efficacia dell’ecobonus condomini: “La detrazione oggetto di cessione è quella spettante per gli interventi di riqualificazione energetica di cui all’articolo 1, commi da 344 a 347, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, effettuati sulle parti comuni di edifici che interessino l’involucro dell’edificio con un’incidenza superiore al 25 per cento della superficie disperdente lorda dell’edificio medesimo nonché per quelli finalizzati a migliorare la prestazione energetica invernale ed estiva e che conseguano almeno la qualità media di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 26 giugno 2015”.
Questa precisazione, sembra togliere all’ecobonus condomini il rango di nuovo incentivo tout-court, collocandolo come caso particolare di ecobonus tradizionale.
Ciò non è questione di poco, perché, ad esempio, comporterebbe che:
- l’ecobonus condomini deve rispettare gli obblighi UECOBONUS del DM 26 gennaio 2010 e non quelli UMAX del DM 26 giugno 2014 (questo significa appesantire anche l’ecobonus condomini con gli obblighi UECOBONUS, mediamente più severi di UMAX, ora ed ancora di più in prospettiva, dato che l’ecobonus condomini è stato confermato fino a tutto il 2021);
- rientrano tra i costi agevolabili anche quelli delle tecnologie previste dall’ecobonus tradizionale, se afferiscono alle parti comuni del condominio; significa che, se contestualmente all’intervento sull’involucro, si migliora anche la prestazione del generatore di calore condominiale o si installa un impianto solare termico condominiale, anche i costi di queste tecnologie rientrano tra quelli incentivati. Ciò è positivo ma probabilmente inutile poiché il massimale è stato appositamente individuato pensando ai soli interventi sull’involucro; se si vuole che l’ecobonus condomini ricomprenda anche i costi per i miglioramenti impiantistici, allora è necessario aumentare il massimale;
- l’ecobonus condomini “eredita” le varie interpretazioni che nel corso degli anni si sono succedute per l’ecobonus tradizionale, limitando fortemente la portata dell’incentivo; tra le tante conseguenze segnaliamo che:
a) l’ecobonus condomini risulterebbe applicabile agli immobili di proprietà di soggetti IRES (ovvero le imprese, anche quelli edili), ma solo se strumentali all’attività dell’impresa (in altri termini, l’ecobonus condomini non sarebbe applicabile agli immobili che successivamente vengono venduti e/o locati). Ciò escluderebbe, senza alcun motivo, importanti percentuali dello stock edilizio, intese sia come edifici interi, sia come singole unità in condomini;
b) l’ecobonus condomini non risulterebbe applicabile a tutti gli interventi che prevedono anche un ampliamento (poiché questo è considerato nuova costruzione e dunque non ha diritto alle detrazioni fiscali per ristrutturazioni, né, per estensione, all’ecobonus). Questa conclusione risulta particolarmente restrittiva perché la Legge di Bilancio 2017, introducendo l’ecobonus condomini, non si riferisce a “ristrutturazioni”, ma a “interventi di riqualificazione energetica di parti comuni degli edifici condominiali, che interessino l’involucro dell’edificio con un’incidenza superiore al 25 per cento della superficie disperdente lorda dell’edificio medesimo”. Gli ampliamenti non sono ristrutturazioni ma incidono sull’involucro; pertanto sembrerebbe giustificato che un intervento sull’involucro di un condominio, con contestualmente ampliamento, possa richiedere l’ecobonus condomini.
Se non subentrerà alcuna precisazione, cosa potremmo aspettarci? Un minor numero di condomini verranno riqualificati, ovvero il sistema Paese godrà di minori benefici rispetto a quelli che avremmo potuto ottenere (minore crescita del PIL, minore diminuzione dell’inquinamento (globale e locale), scarso miglioramento della bilancia commerciale nazionale, minore crescita del benessere e qualità della vita per i cittadini e le famiglie).
La cosa più sorprendente è che tutto ciò avviene a pochi giorni dalla pubblicazione dello studio, ad opera dell’Agenzia delle Entrate e del MEF, “Gli immobili in Italia 2017”.
Il capitolo 5 di tale studio “Agevolazioni fiscali per la ristrutturazione edilizia e la riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare italiano” conferma quanto Renovate Italy e molti altri sostengono da anni: gli incentivi sugli edifici esistenti hanno un impatto positivo non solo sull’economia italiana ma anche sui conti pubblici, pertanto non dovrebbero essere limitati, ma anzi dovrebbero essere massimizzati ed estesi anche ai contribuenti ed agli edifici che finora ne sono stati esclusi.
Ci auguriamo che le “sviste” di cui sopra siano tali e che dunque verranno corrette nel breve periodo. L’intento dell’incentivo è infatti quello di stimolare comportamenti virtuosi da parte del contribuente.
Riqualificare gli edifici esistenti è sicuramente una azione che deve essere incentivata, ma senza alcuna discriminazione:
- non vi dev’essere discriminazione sui requisiti oggettivi (i requisiti dell’intervento): l’incentivo deve essere ottenibile anche se, oltre all’intervento che genera l’incentivo, si effettua altro (ad esempio un ampliamento); gli incentivi devono stimolare la realizzazione di interventi profondi, ovvero che interessino l’edificio nel suo complesso e che risolvano quante più problematiche dello stesso, sfruttando il concetto di “finestra di opportunità” o “trigger point”;
- non vi dev’essere discriminazione sui requisiti soggettivi (i requisiti del contribuente): una impresa deve potere usufruire dei medesimi incentivi per la riqualificazione degli edifici che possono essere usufruiti dalle famiglie e dai cittadini.
Tutto ciò, a maggior ragione, deve valere per gli interventi sui condomini, nei quali convergono le visioni e le sensibilità di ogni condomino, tutte diverse e tutte importanti.
Quanto sopra si scontra con le interpretazioni attuali, che però sono figlie di un contesto diverso, nel quale non era ancora chiaro che riqualificare in modo profondo lo stock edilizio significa ottenere benefici per lo Stato, i cittadini, le famiglie, le nostre città, l’ambiente, la società tutta.”