La Corte costituzionale, con la sentenza n. 110/2016, ha bocciato i ricorsi presentati dalle regioni Calabria, Abruzzo, Marche e Puglia contro le alcune norme relative alle misure urgenti per l'approvvigionamento e il trasporto del gas naturale introdotte dal decreto Sblocca Italia (decreto-legge 12 settembre 2014 n. 133 convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164).
INTERESSE STRATEGICO. La prima delle censure bocciate dalla Consulta riguarda le questioni, proposte dalla Regione Abruzzo, avverso l’art. 37, comma 1, dello Sblocca Italia che sarebbe costituzionalmente illegittimo per violazione degli artt. 117, terzo comma, 118, primo comma, Cost., nonché del «principio di leale collaborazione».
Intervenendo in una materia appartenente alla competenza legislativa concorrente di Stato e Regioni, tale disposizione avrebbe attribuito d’imperio a tutte le infrastrutture da essa elencate la qualifica di opere di interesse strategico, senza la preventiva intesa con le Regioni interessate.
In proposito, la Corte costituzionale ricorda che l’art. 37, comma 1, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, provvede ad attribuire «carattere di interesse strategico» ad alcune specifiche infrastrutture, come pure a definire le stesse «priorità a carattere nazionale», «di pubblica utilità, nonché indifferibili e urgenti ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327». L’elenco di tali infrastrutture ricomprende i gasdotti di «importazione» di gas dall’estero, i terminali di rigassificazione di gas naturale liquido, gli stoccaggi di gas naturale e «le infrastrutture della rete nazionale di trasporto del gas naturale». Inoltre, vengono espressamente incluse nell’elenco, con ciò attribuendosi loro le medesime qualificazioni conferite alle infrastrutture citate, le «operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse».
Questa previsione, recita il comma in questione, ha lo scopo «di aumentare la sicurezza delle forniture di gas al sistema italiano ed europeo del gas naturale, anche in considerazione delle situazioni di crisi internazionali esistenti». Quanto al «carattere di interesse strategico» attribuito alle infrastrutture citate (unico profilo oggetto d’impugnazione) – la Consulta osserva che “deve escludersi che tale attribuzione sia assimilabile, quanto a contenuto ed effetti, a quella già disciplinata nella cosiddetta 'legge obiettivo'”.
NORMATIVE DI SETTORE. Inoltre, la disposizione impugnata “non modifica – né espressamente, né implicitamente – le singole discipline di settore, dettate per la localizzazione, la realizzazione ovvero l’autorizzazione all’esercizio di ciascuna delle categorie di infrastrutture in essa elencate”.
Secondo la Corte costituzionale “l’attribuzione del «carattere di interesse strategico» alle infrastrutture in questione, effettuata in via generale dalla disposizione normativa impugnata, non determina, di per sé, alcuna modifica alle normative di settore prima richiamate, né, di conseguenza – prevedendo queste ultime sempre la necessaria intesa con la Regione interessata – alcuna deroga ai principi, elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte, in tema di chiamata in sussidiarietà e di necessaria partecipazione delle Regioni”.
In definitiva, “l’attribuzione di «carattere di interesse strategico» contenuta nell’art. 37, comma 1, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito – da ritenere espressione normativa di un indirizzo volto a fornire impulso e rilievo allo sviluppo energetico nazionale – deve essere collocata e interpretata alla luce delle specifiche discipline che regolano localizzazione, realizzazione e autorizzazione all’attività, per ciascuna delle infrastrutture elencate dalla disposizione impugnata, la quale, così interpretata, non reca perciò alcuna lesione alle attribuzioni costituzionali regionali”.
Inoltre, la Consulta osserva che “da una parte, l’interpretazione sistematica della disciplina vigente in tema di infrastrutture lineari energetiche non può che prevalere su eventuali disarmonie di coordinamento dovute alla successione delle discipline; dall’altra, la stessa natura delle cose suggerisce che anche i gasdotti di «approvvigionamento» o di «importazione» di gas dall’estero siano da considerare infrastrutture lineari energetiche”. Poiché vanno considerati tali, “ai «gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero» è pienamente applicabile il disposto dell’art. 52-quinquies, comma 5, del d.P.R. n. 327 del 2001, che prevede l’adozione, d’intesa con le Regioni, dell’atto conclusivo del procedimento di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di ogni infrastruttura lineare energetica”.
INTESA SULLE OPERAZIONI PREPARATORIE. Infine, conclude la Corte costituzionale, l’intesa prevista dall’art. 52-quinquies, comma 5, del d.P.R. n. 327/2001 “non può che riguardare anche «le operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse». Anche tale conseguenza deriva dalla lettura sistematica della vigente disciplina in tema di infrastrutture lineari energetiche. È da ritenere che la definizione di «operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse», introdotta nell’art. 52-quinquies del d.P.R. n. 327 del 2001 dall’impugnato art. 37, comma 2, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, identifichi opere e attività, non solo connesse funzionalmente alle infrastrutture in questione, ma anche strettamente accessorie alle stesse. In quanto tali, esse non possono che risultare soggette al medesimo procedimento autorizzatorio previsto, per le infrastrutture cui si riferiscono, dall’art. 52-quinquies, comma 2, del d.P.R. n. 327 del 2001. Ciò determina, anche per questa parte della disposizione, la non fondatezza delle censure” proposte dalle Regioni ricorrenti.