Con ordinanza del 24 luglio 2023, la Corte di cassazione, sezione lavoro, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 18, comma 12, del d. l. n. 98 del 2011, come convertito, nella parte in cui non prevede che gli ingegneri e gli architetti, che non possono iscriversi alla Cassa previdenziale di riferimento (Inarcassa), in quanto contemporaneamente iscritti presso altra gestione previdenziale obbligatoria, per effetto del divieto di cui all’art. 21, quinto comma, della legge n. 6 del 1981, e che sono pertanto tenuti all’obbligo di iscrizione alla Gestione separata INPS, siano esonerati dal pagamento, in favore dell’ente previdenziale, delle sanzioni civili per l’omessa iscrizione con riguardo al periodo anteriore alla sua entrata in vigore.
La questione è stata sollevata nell’ambito del giudizio di impugnazione della sentenza di appello che, accertato l’obbligo di un ingegnere di iscriversi presso la suddetta Gestione separata, in relazione all’attività libero professionale svolta in aggiunta a quella di lavoratore dipendente, lo aveva condannato al pagamento dei contributi relativi all’annualità 2009 nonché delle relative sanzioni per la mancata iscrizione.
La sentenza n. 55/2024 della Consulta
Con la sentenza n. 55/2024 depositata oggi 8 aprile, la Corte costituzionale ha ritenuto fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 18, comma 12, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111, nella parte in cui non prevede che gli ingegneri ed architetti non iscritti alla cosiddetta Inarcassa, per essere contemporaneamente iscritti presso altra gestione previdenziale obbligatoria, ai sensi dell’art. 21 della legge 3 gennaio 1981, n. 6 (Norme in materia di previdenza per gli ingegneri e gli architetti), tenuti all’obbligo di iscrizione alla Gestione separata costituita presso l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), sono esonerati dal pagamento, in favore dell’ente previdenziale, delle sanzioni civili per l’omessa iscrizione con riguardo al periodo anteriore alla sua entrata in vigore.
Quanto al sistema di previdenza degli ingegneri ed architetti, ferma la legittimità costituzionale del precetto normativo unitario risultante dalla saldatura tra la disposizione interpretata, di cui all’art. 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995, e la disposizione interpretativa, di cui all’art. 18, comma 12, del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, che, nell’esegesi consolidatasi nella giurisprudenza di legittimità, ha sancito l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata INPS per gli ingegneri ed architetti iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie, che non possono iscriversi alla Cassa di categoria (Inarcassa), alla quale versano esclusivamente un contributo integrativo di carattere solidaristico in quanto iscritti ad albi cui non segue la costituzione di alcuna posizione previdenziale a loro beneficio (su cui sentenza n. 238 del 2022), la Corte è stata chiamata ad esaminare il tema delle sanzioni civili per la mancata iscrizione nel periodo precedente l’entrata in vigore della suddetta norma.
In continuità con quanto deciso nella sentenza n. 104 del 2022 per la categoria forense, la Corte ha ribadito che l’affidamento dell’ingegnere o architetto iscritto ad altra forma di previdenza obbligatoria riposto, prima dell’entrata in vigore della disposizione di interpretazione autentica oggetto di censura, nella certezza delle situazioni giuridiche inerenti alla sua posizione previdenziale, quali risultanti dagli orientamenti giurisprudenziali formatisi, sulla delimitazione dell’ambito applicativo della norma interpretata, anteriormente all’entrata in vigore della disposizione interpretativa, «avrebbe dovuto essere oggetto di specifica e generalizzata tutela ex lege per adeguare la disposizione interpretativa al canone di ragionevolezza, deducibile dal principio di eguaglianza (art. 3, primo comma, Cost.). Nell’esercizio della legittima funzione di interpretazione autentica, il legislatore era sì libero di scegliere, tra le plausibili varianti di senso della disposizione interpretata, anche quella disattesa dalla giurisprudenza di legittimità dell’epoca; ma avrebbe dovuto farsi carico, al contempo, di tutelare l’affidamento che ormai era maturato in costanza di tale giurisprudenza».