Istat, l’Istituto di statistica nazionale, con cadenza annuale, pubblica i dati degli indicatori ambientali per i comuni capoluogo di provincia o di città metropolitane. Oltre a monitorare la presenza nell’aria di agenti inquinanti come il particolato fine, l’ozono e il biossido di azoto, sostanze pericolose che si usano come riferimento perché è riconosciuto un legame tra l’esposizione e gli effetti sulla salute a breve e a lungo termine. Istat elabora anche il cosiddetto “indicatore sintetico di inquinamento atmosferico” che fornisce un quadro d’insieme.
E l’ultima fotografia disponibile, relativa al biennio 2020-21 non è ancora particolarmente soddisfacente dal momento che il valore dell’indicatore sintetico si è ridotto di appena 0,4 punti percentuali rispetto al biennio 2018-19, ed è aumentato nelle città metropolitane. Torino e Monza per esempio risultano tra le città più inquinate, dove ben 2/3 delle misurazioni hanno superato i limiti di inquinamento atmosferico fissati da Oms e Ue. Ma anche a Milano non si respira affatto una buona aria con una percentuale di superamento del limite del 59%.
È vero che allargando l’orizzonte temporale i superamenti complessivi rispetto al biennio 2013-14 sono diminuiti, soprattutto al centro, ma dal 2018-19 si registra invece un lieve incremento, in particolare nel mezzogiorno.
Nel biennio 2020-21 il valore dell’indicatore sintetico è rimasto praticamente invariato rispetto al biennio precedente. Passando da una quota di 24,5% di superamenti sul totale delle misurazioni a una del 24,1%. L’ultimo rapporto evidenzia come i centri urbani più inquinati si trovano principalmente nella pianura padana. Il 28,7% delle misurazioni nelle città metropolitane ha rilevato un superamento dei limiti.