Sentenze

Insegne pubblicitarie, quando occorre il rilascio del permesso di costruire

Cassazione: solo un sostanziale mutamento del territorio, sotto il profilo urbanistico ed edilizio, fa assumere rilevanza penale alla violazione del regolamento edilizio

martedì 9 giugno 2015 - Redazione Build News

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Secondo un consolidato orientamento della Corte di Cassazione, la sistemazione di un'insegna o tabella pubblicitaria richiede il rilascio del preventivo permesso di costruire quando per le sue rilevanti dimensioni comporti mutamento territoriale.

Solamente un sostanziale mutamento del territorio nel suo contesto preesistente, sia sotto il profilo urbanistico che edilizio, fa assumere rilevanza penale alla violazione del regolamento edilizio, con conseguente integrazione del reato di cui all'art. 44, comma 1, lettera b), del d.P.R. n. 380/2001.

Lo ha ricordato la Corte di Cassazione, Sezione III Penale, con la sentenza n. 19185 dell'8 maggio 2015.  

SANZIONI. La suprema Corte nega che vi sia un rapporto di specialità tra la disciplina sanzionatoria penale dettata in materia urbanistica e antisismica dal d.P.R. n. 380 del 2001 e quella, amministrativa pecuniaria, dettata dal decreto legislativo n. 507 del 1993, in materia di imposta comunale sulla pubblicità e pubbliche affissioni. Infatti, “si tratta di sanzioni poste a tutela di interessi giuridici diversi, presidiando la prima la pubblica incolumità e l'altra il controllo sulle pubbliche affissioni, in relazione al loro contenuto, alla loro natura commerciale, all'applicazione dell'imposta sulla pubblicità”.

Non vale obiettare che l'art. 168 del d.lgs. n. 42/2004 richiama, per l'apposizione di cartelli con mezzi pubblicitari in violazione delle disposizioni poste a tutela del paesaggio, le stesse sanzioni amministrative previste dal codice della strada, poiché “la tutela del paesaggio rappresenta un interesse diverso e ulteriore rispetto al corretto assetto del territorio e, soprattutto, alla tutela dell'incolumità pubblica nelle zone sismiche (ex plurimis, Cass., sez. 3, 22 ottobre 2010, n. 43249, rv. 248724; sez. 3, 10 aprile 2013, n. 39796, rv. 257677). E tale giurisprudenza ha ampiamente superato il contrario orientamento isolatamente espresso dalla sentenza sez. 3, 3 maggio 2006, n. 323”.

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